MERKAVA-LA STORIA DI UNA LEGGENDA (prima parte)
Se c’è una caratteristica delle IDF, oltre al loro estremo valore, addestramento ed efficienza, questa è la grandissima attenzione nei confronti della sicurezza dei propri uomini (e donne) combattenti. Questa volta racconteremo di come lo Stato Maggiore israeliano, francamente spaventato dalle perdite umane subite durante la guerra di Yom Kippur (6 ottobre – 28 ottobre 1973), ha reagito, con forza ed estrema determinazione affinché la strage (relativa, ricordiamo sempre che Israele è un paese di poco più di 6 milioni di abitanti) di carristi, che caratterizzò le feroci battaglie lungo il Canale di Suez, non si potesse più ripetere.
Qualche premessa
Purtroppo per farsi un quadro complessivo, coerente ed esplicativo dell’argomento è necessario risalire a diverse decine di anni or sono, addirittura agli anni eroici precedenti la fondazione di Israele, ed affrontare alcune questioni di natura tecnica, economica e politica non sempre di facile lettura. Ma partiamo dall’inizio: le forze armate israeliane sono nate e si sono sviluppate in modi spesso a dir poco rocamboleschi, utilizzando, almeno inizialmente, soprattutto sistemi d’arma residuati della WWII (tra l’altro nemmeno sempre di produzione Alleata), dalla provenienza più disparata e procurati con metodi spesso non del tutto ortodossi (in sostanza un incubo logistico in cui era necessario impiegare ed adattare pezzi di ricambio provenienti dalle produzioni più diverse). A questa situazione non si è certo potuto sottrarre Tzahal, che si è trovato ad impiegare nel tempo (e non solo durante la Guerra del 1948, in cui l’improvvisazione regnò sovrana), ma anche nei conflitti successivi (sino almeno alla Guerra dei Sei giorni) mezzi che, per quanto riguarda i corazzati, andavano dagli Sherman M-4 modificati, agli M-47-48-60 americani, ai Centurion inglesi, agli AMX-13 francesi. Dopo la guerra del 1948, dal punto di vista delle modalità di fornitura, fortunatamente, la situazione andò stabilizzandosi ed incanalandosi lungo i consueti modus operandi delle forniture militari fra Stati sovrani, tuttavia, non per questo, si ebbe una standardizzazione dei sistemi d’arma in dotazione che rimasero notevolmente diversificati.
Un caposaldo delle forze corazzate delle IDF è senza dubbio stato, soprattutto durante la Guerra dei Sei Giorni, il Centurion inglese: sviluppato nell’ultima parte della WWII, con i primi esemplari che fecero in tempo a partecipare a qualche scaramuccia, il vero e proprio battesimo del fuoco il carro lo ebbe all’epoca della Guerra di Corea. Mezzo concepito in modo estremamente brillante poté essere sviluppato ed evoluto per decenni al fine di essere messo in condizione di affrontare con successo (complice l’eccellente livello addestrativo dei carristi delle IDF) i sempre più moderni equipaggiamenti di origine sovietica messi in campo da Siria, Egitto, Giordania ed Iraq.
Dopo i trionfi della Guerra dei Sei Giorni, al Centurion avrebbe, in teoria, dovuto succedere il Chieftain (sempre di produzione inglese) il cui contratto di acquisto fu però, praticamente stracciato a firma già avvenuta, dal pavido governo di Sua Maestà britannica sotto le pressioni politiche di URSS e Paesi arabi. A questo punto, siamo a fine anni ‘60, la scelta di un carro pesante con cui affiancare i Centurion (ed i rimanenti Sherman…) in vista di una sua successione si restrinse inevitabilmente al materiale di produzione americana. Di qui le imponenti forniture di M-47 ed M-48 di produzione USA degli anni successivi. Mezzi indubbiamente validi che tuttavia avevano un loro tallone d’Achille: erano stati tutti sviluppati nell’era pre-missili anticarro filoguidati pesanti sovietici con testata a carica cava, impiegabili da squadre di fanteria appositamente addestrate. Si trattava soprattutto del micidiale AT-4 “Sagger”, un missile che poteva essere impiegato lanciandolo da un treppiede su cui era appoggiato e guidato contro l’obiettivo comandandone i movimenti in volo attraverso un sottile cavo di rame che si srotolava dalla coda del missile durante la sua traiettoria. L’arma era in grado di perforare anche le spesse corazze anteriori in acciaio omogeneo dei carri israeliani quindi, gli assalti frontali delle IDF contro le posizioni trincerate, soprattutto egiziane, lungo il Canale di Suez, all’indomani dell’attraversamento della Terza Armata egiziana, si infransero sanguinosamente ed in modo estremamente inquietante per Tzahal, che si aspettava un rapido e travolgente sfondamento sullo stile della Guerra dei Sei Giorni.
Per completezza di informazione va inoltre aggiunto che l’altro formidabile sviluppo tecnologico di quegli anni, ovvero il missile antiaereo, contribuì a negare ad Israele quel totale dominio del cielo che aveva tanto influito sul corso degli eventi di sei anni prima.
Grazie alla geniale intuizione di Arik Sharon (che individuò un “buco” nello schieramento egiziano lungo il Canale, tra Piccolo e Grande Lago Amaro, buttandocisi dentro a capofitto e spaccando in sostanza il fronte avversario) ed agli errori dei vertici della Terza armata egiziana, che spinsero i loro carri al di là dei trinceramenti della fanteria controcarro andando incontro ad una catastrofica sconfitta in quella che fu la più grande battaglia tra corazzati dai tempi di Kursk, Yom Kippur si risolse in una vittoria israeliana che avrebbe potuto avere proporzioni anche maggiori rispetto a quella della Guerra dei Sei Giorni se la “diplomazia” internazionale non ci si fosse messa di mezzo.
Restava, tuttavia, per Tzahal il colossale problema emerso durante il conflitto, ovvero la vulnerabilità alle nuove armi messe a disposizione degli Stati arabi da parte dei Sovietici del mezzo su cui le IDF avevano fondato la loro superiorità operativa: il carro pesante da battaglia. E dallo sforzo di trovare una soluzione tecnica ed operativa al problema nasce l’epopea del Merkava del generale carrista Israel Tal.
(Fine prima parte)
Massimo Pipino, L’Informale, 7/06/2017
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