Heinrich Himmler, Reichsführer delle SS dal 1929 ed uno dei principali organizzatori della “soluzione finale” (il termine che il regime nazista utilizzò per indicare il programma di sterminio degli Ebrei europei), scrisse questo telegramma al leader palestinese ante litteram presumibilmente nel 1943. Scopo del messaggio fu ribadire il sostegno della Germania nazista ad Husseini sottolineando come “il riconoscimento comune del nemico, la battaglia congiunta contro di esso rappresentano ciò che crea la solida alleanza tra la Germania e i musulmani di tutto il mondo in cerca di libertà”.

Oltre al riconoscimento del nemico comune, gli Ebrei, Himmler sottolinea come la Germania nazista condivida con il Muftì l’avversione nei confronti della Dichiarazione Balfour. In quest’ultimo documento, scritto dall’allora Segretario per gli Affari Esteri Britannico Arthur James Balfour, il Governo di Sua Maestà dichiarava di vedere “con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico”. La Dichiarazione Balfour rappresentò una tappa importante del lungo processo storico e politico culminato infine nel Mandato della Lega delle Nazioni per la Palestina con cui l’ONU dell’epoca diede pieno “riconoscimento al legame storico del popolo ebraico con la Palestina e ai presupposti per ricostruire la loro patria nazionale in quel paese”.

“Il movimento nazionalsocialista della grande Germania ha fatto della battaglia contro il mondo ebraico un principio guida sin dall’inizio” scrisse Himmler. Aggiungendo: “Per questa ragione [il movimento] ha seguito da vicino la battaglia degli Arabi in cerca di libertà – e specialmente in Palestina – contro gli invasori ebrei”. Il telegramma si conclude con un augurio da parte del leader nazista al Muftì: “In questo spirito, sono felice di augurarvi nell’anniversario della criminale Dichiarazione Balfour, un caloroso augurio per il proseguimento della vostra battaglia fino alla grande vittoria”.

Questo recente documento getta nuova luce sui forti legami tra il Muftì e la leadership del regime nazista. Il Muftì, come ricordato in precedenza, è spesso considerato il primo leader ante litteram del “popolo palestinese”. Sebbene all’epoca il termine “Palestina” si riferisse quasi esclusivamente agli Ebrei, come per esempio il Mandato per la Palestina, destinato al popolo ebraico, dimostra – gli Arabi si autodefinivano come parte della grande nazione araba, senza alcuna distinzione nazionalista, men che meno palestinese – la storia del Muftì di Gerusalemme è legata a doppio filo con le violenze arabe di questo spicchio di Medio Oriente. La sua storia è ormai abbastanza nota. Gran Muftì dal 1921, di lui si ricorda soprattutto il suo legame con il nazismo: ricercato dai britannici nel 1937 per il suo coinvolgimento nella rivolta araba, si rifugiò prima in Libano e poi in Iraq. Qui si unì al movimento filo-nazista che effettuò un colpo di stato nell’aprile del 1941. In seguito alla guerra anglo-irachena del maggio 1941, con la quale gli inglesi sconfissero i golpisti instaurando un governo favorevole al Regno Unito, si rifugiò a Berlino. Collaborò attivamente con il regime nazista per il reclutamento di musulmani nelle formazioni internazionali delle Waffen-SS. Si distinse per un acceso antisemitismo e per la totale adesione all’ideologia nazista.

A Berlino incontrò Hitler e, in un fitto e cordiale dialogo durato circa un’ora e mezza, presentò se stesso come il leader di tutti gli Arabi e il rappresentate dei musulmani di tutto il mondo. Obiettivo primario del Muftì era impedire che gli Ebrei europei si riversassero in massa in Palestina nel tentativo di sfuggire alle persecuzioni naziste. Va ricordata, a tal proposito, la responsabilità del mondo arabo circa le vittime della Shoah. Il famigerato Libro Bianco del 1939, con cui gli inglesi concessero soltanto 75.000 permessi, da distribuire nei cinque anni successivi, agli ebrei in fuga dai campi di sterminio nazisti, fu il risultato delle pressioni arabe.

Nonostante il forte legame, innanzitutto ideologico, tra il Muftì e la leadership nazista, molti storici ritengono che il Muftì abbia fallito nella maggior parte dei suoi obiettivi diplomatici. Esther Webman, storico dell’Università di Tel Aviv, afferma che “alla fine della giornata, il Muftì non riuscì a raggiungere la maggior parte dei suoi obiettivi: la Germania nazista non dichiarò il proprio sostegno all’indipendenza araba e la dirigenza nazista lo usò per realizzare i propri obiettivi. Il suo tentativo di incitare gli Arabi del Medio Oriente contro le autorità coloniali durante la seconda guerra mondiale fallì ugualmente. Il suo unico risultato significativo fu di prevenire che un certo numero di ebrei partisse per la Palestina durante la guerra”.

Considerando la rapidità con cui la leadership tedesca cercò di eliminare tutte le prove degli orrori compiuti durante la seconda guerra mondiale, ogni nuovo documento scritto da alti ufficiali nazisti che riemerge dalle nebbie del passato non può che aiutare a comprendere meglio i lati più oscuri del regime nazista. Ancora nell’agosto del 2016 documenti scritti da Himmler, che si credevano perduti e che riguardavano le sue visite ai campi di sterminio in cui vennero assassinati circa sei milioni di Ebrei, sono stati ritrovati nell’archivio delle forze armate russe.

Ancora nessun commento su questa scoperta da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, il quale nell’ottobre 2015 venne ferocemente criticato per un’affermazione riguardante il Muftì. La speranza – in attesa di ulteriori eventuali ritrovamenti – è che gli studiosi abbandonino le polemiche e concentrino maggiormente i propri sforzi nel tentativo di approfondire i legami e le manovre diplomatiche intercorse tra la leadership palestinese e quella nazista negli anni immediatamente precedenti all’indipendenza di Israele.

Spesso viene ricordato come la conoscenza della Storia possa aiutare a non commettere più gli stessi errori del passato. Nel caso del palestinismo l’obiettivo primario resta comprendere come tali errori (e orrori) purtroppo non appartengano al passato, ma rappresentino ancora oggi la base ideologia della leadership palestinese. “Criminale” e “crimine contro l’umanità” sono due delle deliranti espressioni utilizzate per definire la Dichiarazione Balfour: la prima è di Himmler, Reichsführer delle SS, la seconda è di Abu Mazen, l’attuale leader dell’Autorità Nazionale Palestinese.

(in parte tratto da Jerusalem Post, 29 marzo 2017)

Roberto Giovannini, L’Informale, 30/03/2017

 

 

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