E’ arrivato il momento che agli ebrei sia concesso di pregare sul Monte del Tempio, ovvero sul luogo più sacro per la religione ebraica, il luogo che è conosciuto anche come Spianata delle Moschee in virtù delle due moschee musulmane edificate su di esso secoli e secoli dopo il primo e il secondo Tempio .
E’ arrivato il momento che il cosiddetto status quo imposto dal 1967 è che impedisce agli ebrei di potere pregare là dove hanno ogni diritto di pregare, sia modificato. Non è più possibile, dopo 49 anni, continuare a tollerare il conculcamento di questo elementare diritto ebraico da parte di un Waqf Islamicoil quale impone a un archeologo israeliano, Gabriel Barkay, di non usare le parole “Monte del Tempio” durante una conferenza a un gruppo di studenti americani. In realtà la vigilanza palestinese voleva fosse espulso, ma la polizia israeliana è giunta ad un compromesso, ed è questo, “Tu, ebreo-israeliano, non puoi qui, dove sorgeva il Tempio nemmeno citarlo se vuoi rimanere, se no te ne devi andare”.
D’altronde non è stato forse l’Unesco a proclamare che la memoria ebraica sia cancellata completamente dal principale luogo santo dell’ebraismo decretando che esso venga solo chiamato con il suo nome arabo? Ed è tutto splendidamente conseguente. Coerentemente conseguente. Poiché gli ebrei “con i loro piedi sporchi” non possono “contaminare” il suolo dove si ergono le moschee di Al Aqsa e la Cupola della Roccia, come ha affermato nel 2015 il leader “moderato” dell’Autorità Palestinese, Abu Mazen, dando vita alla lunga serie di accoltellamenti che ha piagato Israele per mesi.
E sempre nel 2015, Lahav Harkov, una giornalista del Jerusalem Post che ha avuto l’ardire di manifestare un momento di commozione mentre si trovava sul Monte del Tempio, si è sentita dire sempre dalla polizia israeliana istigata dalla vigilanza palestinese, “Qui non puoi chiudere gli occhi e piangere perché chiudere gli occhi e piangere è come pregare, se lo fai te ne devi andare”.
Sono solo due dei tanti episodi di bullismo e intimidazione nei confronti di ebrei che non salgono al Monte dei Tempio per provocare, e che la polizia israeliana non può fare altro che subire perché deve applicare una legge iniqua che impedisce agli ebrei di potere, in modo regolato, in giorni stabiliti, salire al proprio luogo sacro e pregare, come accade a Hebron, alla Tomba dei Patriarchi, dove ebrei e musulmani si alternano da decenni in preghiera in un luogo che entrambi considerano sacro.
Sul Monte del Tempio che è anche Spianata delle Moschee, i diritti religiosi degli ebrei sono violati da 49 anni e sono tutelati unicamente quelli musulmani. La concessione di Moshe Dayan fatta nel 1967 di garantire agli arabi il controllo amministrativo del sito nella convinzione che in questo modo esso non si sarebbe trasformato nel fulcro simbolico del nazionalismo palestinese, come tutte le concessioni fatte da Israele, si è rivelata una trappola. Oggi, il Monte del Tempio è stato di fatto requisito dalla protervia musulmana. Quello che all’epoca sembrava un saggio e doloroso accordo basato sulla realpolitik, seppure stipulato pagando un prezzo esorbitante, concedere la tutela del sito più santo per la religione ebraica all’Islam, per il quale esso rappresenta non il primo ma il terzo luogo santo della propria religione, oggi ha trasformato gli ebrei che salgono sul Monte del Tempio in paria protetti dalla polizia israeliana. Paria i quali non hanno nemmeno il diritto di pronunciare le parole “Monte del Tempio” e di commuoversi a rischio di essere cacciati.
Nell’ottobre del 2014, Yehuda Glick, uno dei sostenitori prominenti del diritto degli ebrei di potere pregare sul Monte del Tempio fu vittima di un tentativo di omicidio da parte di un giovane palestinese poi ucciso dalla polizia israeliana ed esaltato dal “moderato” Abu Mazen come un martire.
E’ arrivato il momento, con il sostegno degli Stati Uniti, di concedere agli ebrei la fondamentale libertà di culto che gli spetta, là dove il primo e il secondo Tempio sono esistiti millenni prima che il conquistatore musulmano imponesse, come ha sempre fatto dove si è insediato, il proprio dominio incontrastato.
Niram Ferretti, L’informale, 11/01/2017-Kolot, Voci, 11/01/2017
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