Secondo la stampa israeliana il progetto è stato approvato, altri dicono che i lavori sono già iniziati: se ne parla da tempo, per impedire ad Hamas di costruire nuovi tunnel

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Un soldato israeliano cammina lungo un tunnel costruito da Hamas, nel 2014 (JACK GUEZ/AFP/Getty Images) 

Diversi giornali israeliani sono convinti che l’esercito abbia approvato un piano per costruire un nuovo muro di recinzione intorno alla Striscia di Gaza, un territorio teoricamente controllato dal governo palestinese ma in realtà dal 2007 gestito dal gruppo politico e terroristico Hamas. Una recinzione esiste già dal 1994, ma si è dimostrata poco efficace nel prevenire la costruzione di tunnel sotterranei fra la Striscia e il territorio israeliano e quello egiziano, con cui confina a est, utilizzati da Hamas per il contrabbando di oggetti e persone: nel 2014 ce n’erano almeno 14 che collegavano la Striscia a Israele, e negli ultimi tre mesi ne sono stati scoperti altri due. Secondo diverse fonti il nuovo muro sarà costruito anche sottoterra, proprio per impedire ad Hamas di costruire nuovi tunnel. Il ministero della Difesa non ha commentato la notizia. La settimana scorsa un funzionario della difesa ha detto ad Haaretz che i lavori sarebbero cominciati nel giro di qualche settimana, mentre il Washington Post ha scritto che secondo alcune sue fonti sono già iniziati.

La Striscia di Gaza è da decenni un posto complicatissimo: basti pensare che è una enclave palestinese circondata quasi solo da Israele, e che per molto tempo è stata il luogo più densamente popolato al mondo – ancora oggi ci vivono circa 1,6 milioni di persone – anche a causa del fatto che molti profughi palestinesi vennero ad abitarci in seguito alle guerre combattute con Israele. La situazione fu piuttosto tesa soprattutto durante la prima Intifada, cioè la prima rivolta palestinese organizzata, che durò dal 1987 al 1993 e causò scontri praticamente quotidiani fra abitanti locali ed esercito israeliano.

Le cose migliorarono dopo gli accordi di pace di Oslo del 1993, ma peggiorarono di nuovo a metà degli anni Duemila: nel 2005, su iniziativa dell’allora primo ministro israeliano Ariel Sharon, Israele ritirò il proprio personale militare dalla Striscia ed evacuò i 21 insediamenti israeliani costruiti nei decenni precedenti, per agevolare un nuovo processo di pace. Un anno dopo nei territori palestinesi – quindi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza – si tennero nuove elezioni politiche (ancora oggi le ultime tenute in Palestina): Hamas vinse col 44,45 per cento, cosa che provocò tensioni con Israele e con la presidenza palestinese guidata da Mahmoud Abbas di Fatah, il partito palestinese “moderato”. Nel 2007 il governo guidato da Hamas collassò per via dello scontro con Fatah, e Hamas decise di “ritirarsi” nella Striscia di Gaza, cacciando i funzionari di Fatah e assumendo di fatto il governo del territorio.

Da allora la Striscia di Gaza è sotto embargo di Israele, che regola severamente l’ingresso e l’uscita di beni e persone. Hamas sostiene che i tunnel clandestini siano necessari per soddisfare i bisogni degli abitanti della Striscia, mentre Israele replica che l’embargo è necessario per ragioni di sicurezza: Hamas ha come obiettivo dichiarato l’eliminazione dello stato di Israele, e nel 2014 l’ultima guerra fra Israele e Palestina è stata praticamente una guerra “preventiva” di Israele contro Hamas all’interno della Striscia di Gaza. In tutto questo, l’economia della Striscia di Gaza è in condizioni drammatiche: nell’estate del 2015 la Banca Mondiale ha stimato che la Striscia ha il tasso di disoccupazione più alto al mondo, intorno al 43 per cento.

Si pensava che gran parte dei tunnel di Hamas fossero stati distrutti proprio durante la guerra del 2014. Ad aprile e maggio di quest’anno invece ne sono stati scoperti altri due, i primi dall’estate 2014: entrambi sono stati scavati a circa 30 metri di profondità, e il primo era dotato di corrente elettrica, una linea di comunicazioni e dei carrelli per trasportare fuori i detriti. Un portavoce dell’esercito israeliano ha fatto intendere che il secondo tunnel potesse invece servire ad Hamas per un eventuale attacco in territorio israeliano. L’opinione di molti esperti è che Hamas stia costruendo o abbia già costruito nuovi tunnel: il New York Times ha scritto che secondo un funzionario di Hamas catturato da Israele in aprile, Hamas gestisce una rete di tunnel molto sviluppata che comprende anche dormitori, docce e sale da pranzo per i suoi membri costretti a rimanere sottoterra. Sia gli israeliani sia i palestinesi che vivono vicino al confine della Striscia da mesi raccontano ai giornalisti di sentire rumori di scavi e lavori provenire da sottoterra.

ISRAEL-PALESTINIAN-CONFLICT-BORDERL’uscita in territorio israeliano del secondo tunnel scoperto in questi mesi da Israele (JACK GUEZ/AFP/Getty Images)

Haaretz ha scritto che la costruzione di una nuova barriera era da anni nei programmi dell’esercito israeliano. La notizia dell’approvazione del progetto è stata data per primo da Yedioth Ahronoth, il più diffuso quotidiano israeliano, che ha pubblicato la notizia in prima pagina sull’edizione di giovedì 16 giugno: Yedioth Ahronoth ha scritto che il progetto costerà circa 2,2 miliardi di shekel – circa 500 milioni di euro – e che prevede la costruzione di una nuova barriera lungo tutti i 60 chilometri di confine fra la Striscia e il territorio israeliano. Il muro sarà inoltre profondo “decine di metri”, proprio per impedire la costruzione di nuovi tunnel. Il Times of Israel ha scritto che dall’articolo di Yedioth Ahronoth non è chiaro se il nuovo muro sotterraneo fa parte di un progetto di costruzione di un nuovo muro annunciato qualche mese fa dall’esercito israeliano, che secondo un loro portavoce comprendeva anche delle contromisure per la costruzione di nuovi tunnel da parte di Hamas. Diversi giornali israeliani hanno aggiunto altri dettagli: Haaretz ha scritto che il nuovo muro avrà una parte sotterranea solo in certe zone vicino alla città di Gaza, e il Times of Israel sostiene che la parte sotterranea sarà costruita in cemento. Il Washington Post ha lasciato intendere che la costruzione del muro sia già iniziata: Ruth Eglash, la corrispondente in Israele del giornale, ha scritto che «venerdì mattina, due grossi escavatori si stagliavano all’orizzonte [del kibbutz Ein HaShlosha], nel punto in cui i terreni del kibbutz confinano con il paese palestinese di Khan Younis».

Ismail Radwan, un dirigente di Hamas, ha commentato la notizia della costruzione del nuovo muro spiegando che «la resistenza sarà in grado di adattarsi alle nuove condizioni per proseguire il suo progetto di liberare [la Palestina]», e che il nuovo piano dimostra il “fallimento” di Israele nel contrastare i tunnel.

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