Yemen, forze navali nel Golfo di Aden. Egitto e Arabia preparano lo sbarco
LA STAMPA di oggi, 28/03/2015, a pag.13, pubblica analisi e commenti di Maurizio Molinari sulla guerra che ha come epicentro la liberazione dello Yemen. Dopo la cronaca dsegli ultimi avvenimenti, Molinari fa il punto su Turchia, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Arabia Saudita, Iran.
Il quadro è completo, il lettore ha tutti gli elementi per farsi un’opinione.
Ecco la pag.13, di Maurizio Molinari, dal titolo ” Yemen, forze navali nel Golfo di Aden. Egitto e Arabia preparano lo sbarco”
A 48 ore dall’inizio delle operazioni militari in Yemen, la coalizione panaraba guidata da Arabia saudita ed Egitto mette in campo le forze navali. Sono almeno una dozzina le navi da guerra di Riad e Il Cairo che stanno convergendo su Bab el- Mandeb. L’intento è duplice: tenere aperta la navigazione verso il Mar Rosso e il Canale di Suez, snodo cruciale del commercio globale, e controllare le acque nel Golfo di Aden. Offensiva da Sud Fonti militari yemenite ed egiziane spiegano che Aden, nel Sud dello Yemen, è la città dove potrebbe avvenire lo sbarco della forza panaraba per iniziare la liberazione del Paese dallo stesso luogo dove il deposto presidente Abdel Rabbo Mansour Hadi si era rifugiato. La popolazione locale infatti è favorevole a Mansour Hadi e ciò dà garanzie alle truppe egiziane e saudite mentre aNord, nelle aree a ridosso di Sana’a, i ribelli houthi filo-iraniani hanno le roccaforti. A suggerire che lo scontro di terra potrebbe iniziare a Sud sono anche le mosse delle milizia houthi, «Ansar Allah », che ha catturato la città di Shaqra nella provincia di Abyan affacciandosi sul Mare Arabico e controllando l’entrata proprio al porto di Aden. Le difese antiaeree Prima di tentare lo sbarco, i sauditi vogliono completare la distruzione delle difese antiaeree, eliminare i leader houthi e indebolire le unità avversarie – a cominciare da quelle fedeli all’ex presidente Saleh – da qui le parole del generale saudita Ahmed Asseri, portavoce del comando: «L’obiettivo è reinsediare il governo ad Aden». Riuscendoci lo Yemen sarebbe diviso in due: houthi filo-iraniani a Nord e sunniti filo-sauditi a Sud. I leader della coalizione «Decisive Storm» sono riuniti nel summit panarabo di Sharm el-Sheikh dove oggi arriva il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon per tentare di gestire la crisi.
Ankara punta all’egemonia tra i sunniti
Recep Tayyp Erdogan garantisce sostegno logistico e di intelligence alla forza panaraba puntando a sfruttare la guerra per diventare il leader dello schieramento sunnita anti-Iran. Le accuse di Erdogan aTeheran di «voler dominare la regione» sono le più aspre e hanno colto di sorpresa ilministro degli Esteri Javad Zarif, che è corso ai ripari dicendo di «condividere le decisioni turche» e promettendo «impegno per aprire un dialogo fra tutte le parti inYemen». Dopo essere stata dalla parte diTeheran sul nucleare e contro le sanzioni, Erdogan ora volta le spalle agli ayatollah perché il suo obiettivo è creare un’area di influenza neo-ottomana in MedioOriente. Per questo già sostiene e finanziaHamas e altri gruppi jihadisti come i Fratelli Musulmani. Il sogno di Erdogan è diventare l’anello di congiunzione fra i gruppi islamici rivoluzionari e i regimi che li combattono. Per poter unificare i sunniti sotto il vessillo rosso
Egitto: Al Sisi testa la forza per entrare in Libia
L’Egitto di Al-Sisi è il più importante alleato militare dei sauditi. Il Cairo schiera dozzine di jet ma ciò che conta di più è la componente navale e terrestre. La Marina egiziana tiene aperto Bab El-Mandeb, ovvero l’accesso al Canale di Suez e blocca i porti yemeniti per impedire l’arrivo di rifornimenti iraniani e preparare l’intervento terrestre. Quando i raid aerei avranno annientato le difese aeree, saranno i soldati egiziani a sbarcare nel Sud – forse ad Aden – mentre i sauditi penetreranno da Nord. L’esercito egiziano è il più potente e meglio armato del mondo arabo: l’unico a poter garantire un simile sbarco dal mare. Assumendosi poi la responsabilità di mantenere la sicurezza nel Sud del Paese infestato da Al Qaeda, Isis e altri jihadisti. Quella di Al Sisi è una prova di forza. In attesa della Libia, dove potrebbe chiedere alla nuova «forza araba congiunta» di intervenire contro Isis su richiesta del governo legittimo di Tobruk, proprio come in Yemen avviene su richiesta del presidente Mansour Hadi, ospite al Cairo.
Emirati Arabi Uniti: Affari a rischio
Gli Emirati Arabi Uniti sono la sorpresa dell’intervento. I 30 jet sui cieli dello Yemen – F-16 e Mirage – fanno dell’Uae il più importante parter dei sauditi nel Golfo. L’esercito degli Emirati, creato dai britannici, ha truppe speciali e unità navali che si potranno rivelare importanti nelle fasi successive. Se a ciò aggiungiamo che gli Emirati sono l’unico Paese arabo intervenuto in Libia a fianco dei raid egiziani, ne esce il profilo di una nazione determinata a battersi con le armi contro i jihadisti e contro gli alleati dell’Iran. Chi ha incontrato di recente il presidente Khalifa bin Zayed Al Nahyan e il premierMohammed bin Rashid Al Maktoum li descrive come «molto determinati» nel riportare l’ordine in Medioriente, per salvare il miracolo Dubai.
Arabia Saudita: Riad mette a freno le ambizioni iraniane
Con l’operazione «Decisive Resolve» il re Salman si propone di infliggere una sconfittamilitare ad «AnsarAllah», le miliziemilitari degli houthi yemeniti, talmente netta da obbligare il suo protettore iraniano a ridimensionare le ambizioni di egemonia regionale inMedio Oriente. L’esercito saudita combatte i ribelli houthi dal 2009, in scontri di frontiera ha perso da allora almeno 114 soldati, e li considera un’emanazione diretta delle Guardie della rivoluzione iraniana. I piani dell’intervento in Yemen erano pronti da tempo perché, come avvenuto in Bahrein nel 2011, il regno wahabita epicentro delmondo sunnita non può tollerare l’affermazione di gruppi sciiti, o collegati a Teheran, nella penisola arabica. La novità viene piuttosto dall’ampiezza della coalizione araba-sunnita che Riad hamesso assieme: 10 Paesi che costituiscono il perno della Lega Araba e del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Più il Pakistan dotato di armi nucleari. Ciò è stato possibile per il diffuso timore di essere egemonizzati dall’Iran dotato di un programma atomico. L’intento del re Salman è di trasformare questa coalizione in una forza araba congiunta permanente – come la Lega Araba ha auspicato – per impiegarla ovunque necessario a respingere tanto l’Iran quanto gruppi jihadisti come l’Isis.
Iran: Teheran sogna lo stato satellite
Il generale Qassem Soleimani, capo della Forza Al Qods delle Guardie della rivoluzione, dal 2009 addestra e finanzia le milizie «Ansar Allah» degli houthi e il rovesciamento del presidente Mansour Ali ha consentito a Teheran, per la prima volta, di avere il controllo sull’entrata di Bab El-Mandeb, ovvero l’accesso al Canale di Suez. Ciò è stato possibile grazie al patto fra gli houthi e Ali Abdullah Saleh, ex presidente yemenita a cui risponde gran parte delle forze armate. Per Teheran significa avere uno Stato satellite alle spalle del rivale saudita, nell’epicentro del commercio globale, a ridosso delle città sante La Mecca e Medina. È un risultato di tale portata che spiega perché Teheran reagisca a «Decisive Storm» con una difesa grintosa degli alleati houthi accompagnata dalla proposta di un «dialogo nazionale a Sana’a fra tutte le fazioni». Se tale negoziato dovesse svolgersi, finirebbe per esaltare il ruolo mediatore dell’Iran perché è l’unica potenza alle spalle degli houthi.
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