Parla il direttore di “Agrexco”, bandita dai supermercati
Da Israele la replica alla Coop
di Giulio Meotti | 27 Maggio 2010

“Cos’altro dovrei fare, stampare una stella gialla sulle nostre scatole?”. A colloquio con il Foglio è Shimon Alchasov, direttore amministrativo del colosso israeliano Agrexco, la principale azienda dell’ortofrutta dello stato ebraico al centro di un movimento mondiale di boicottaggio. Il manager liquida così la decisione di Coop e Conad di bandire i prodotti “made in Israel” della Agrexco: “Non era mai accaduto che una azienda europea decidesse di non ordinare i nostri prodotti mischiando affari e politica”.

Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha parlato di “scelta razzista”. Un coro critico e bipartisan si è levato anche in Parlamento contro la scelta delle due grandi catene italiane di non distribuire nei loro supermercati il marchio Agrexco, nei confronti della quale è in corso un movimento di contrapposizione globale, dicono per problemi di “tracciabilità commerciale” dei prodotti provenienti dai territori contesi dal 1967. E allora niente più agrumi Jaffa e frutta Jordain Plains, neanche vini del Golan. L’intero “made in Israel” rischia di subire un brutto colpo. C’è allora chi, come il deputato bolognese Enzo Raisi, annuncia: “Scelta razzista, straccio la mia tessera da socio”. Si sono fatti sentire anche deputati del Partito democratico come Emanuele Fiano e Roberta Della Seta.

L’iniziativa delle catene italiane va ad aggiungersi al boicottaggio delle università israeliane da parte di quelle inglesi, alla campagna per il ritiro degli investimenti fatti da fondi di pensioni inglesi o scandinavi, e alla campagna anti israeliana delle chiese protestanti modellata su quella contro l’apartheid sudafricano. “Non abbiamo avuto perdite finora dal boicottaggio in Europa perché questa della Coop è stata in assoluto la prima volta”, ci dice Alchasov. “Non era mai successo che un’azienda non ordinasse nostri prodotti in nome della politica. Così facendo la Coop ha dato un enorme contributo al boicottaggio. Credo che la loro posizione sia più che altro naif, non hanno capito che è una trappola”.

Il boicottaggio economico della Cisgiordania rischia di avvelenare fin dagli esordi i negoziati indiretti riavviati nei giorni scorsi dalla mediazione americana per tentare di scongelare il processo di pace. A innescare lo scontro è stata la decisione dell’Anp, formalizzata di recente per decreto da Abu Mazen, d’imporre un boicottaggio capillare in tutta la Cisgiordania palestinese contro i prodotti degli insediamenti. La decisione in passato era stata più volte rinviata, per non danneggiare gli interessi della manovalanza araba che lavora nelle comunità ebraiche. L’accusa rivolta alla compagnia parastatale Agrexco è che produca proprio nelle “colonie” del West Bank. “Dagli insediamenti nella valle del Giordano non importavamo nulla verso l’Italia, dove arrivano invece i nostri pompelmi, l’avocado e i meloni”, ci dice Alchasov. “Soltanto lo 0,4 per cento del nostro prodotto arriva dalle comunità nella valle del Giordano e lì diamo lavoro a tantissimi palestinesi. E’ l’unico lavoro che hanno e ne sono da sempre grati. Si capisce allora come la Coop abbia ceduto all’ideologia. E rischia di far perdere il lavoro a tanti arabi nostri operai. L’Agrexco nasce per dare lavoro a tutti senza distinzione, arabi ed ebrei, cristiani e musulmani, bianchi e neri, siamo a servizio dell’agricoltura nel mondo. Nella valle del Giordano siamo gli unici datori di lavoro presenti, arrivano ogni giorno anche operai dal confine giordano”.

L’agricoltura israeliana ha insegnato al mondo come irrigare a goccia, impartendo lezioni su come far fiorire di prodotti indispensabili il deserto (come le serre di Gaza distrutte dopo il ritiro). “Facciamo miracoli con l’acqua”, dice Alchasov. “In Sicilia si usano le nostre tecniche, i nostri pomodorini ciliegini sono ovunque. I nostri tecnici aiutano i coltivatori diretti in Africa e America Latina”. Agrexco dice di operare nel rispetto della normativa europea. “In ogni cartone delle nostre merci c’è scritta la provenienza e il campo di produzione. Stiamo rispettando a pieno le leggi europee e l’Unione europea prevede il divieto di ogni boicottaggio. Non c’è pace senza buona economia. Senza lavoro, i palestinesi finiranno nel terrorismo. E’ quello che vuole Coop Italia?”.

ilfoglio.it

 

2 Responses to “Serve una stella gialla sulla merce?”.

  1. Geggè ha detto:

    Lo scontro è classista ,israele ad oggi è “protetto” dagli USA quindi per la sinistra ignorante deve essere boicottata.(prima degli anni 60 era il contrario visto che le armi venivano offerte dall’urss e dalla Cecoslovacchia ) .I compagni del pd ignorano la storia ,gli ipocriti nazionali ed europei forse non sanno che nei statuti di al fatà e di Hamas c’è scritto che israele deve essere distrutto e gli israeliani eliminati ,gli ipocriti nazionali ed europei forse non sanno che il futuro ed ennesimo stato palestinese ( anche la giordania è palestina ) sarà vietata la presenza di popolazione di religione ebraica !

  2. luciana ha detto:

    Ciao, sono appena andata a un incontro sulla democrazia in Israele organizzata dal P.D., tutti dicono cosa deve o non deve fare Israele, tutti hanno le ricette , tante parole bla bla ……. del boicottaggio che alcuni paesi europei stanno iniziando a fare nei confronti di aziende israeliane non ne parlano è veramente vergognoso,
    …….forse veramente serve una stella gialla!

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.