Si chiamavano Eyal, Naftali, Ghilad. Li hanno ammazzati i terroristi palestinesi. I grandi giornali non lo dicono. Per loro la notizia è che Israele reagisce. E come al solito saranno loro i criminali. Che schifo

Gilad Shaar, Naftali Frenkel, Eyal Yifrach. I tre ragazzi israeliani rapiti e trucidatiTi trapassano quei tre sorrisi. Spenti, semplicemente. Orrendamente. Gli occhi stampati sui giornali parlano di gioia e se conosci anche solo da lontano la polvere che respiri in Israele sai che l’hanno capito prima di subito di essere nei guai, perché è la polvere di una terra orgogliosa nel dolore. Quella in cui i bambini li mandi in tre scuole diverse, ché se bomba dev’essere te ne ammazza “solo” uno. È una patria abituata a perdere figli ma che non ci si abitua mai, è il deserto prospero che per difendere la vita manda diciannovenni a raccogliere il peso del futuro: «Voi non siete come loro. Non torturerete, non ammazzerete, non violenterete le loro donne», dove il «loro» non sono i palestinesima gli estremisti che celandosi dietro la religione sputano odio e morte. Quell’esercito che lotta“cugini” incrudeliti dalla miserie e dalla sofferenze e affamati dalla cecità di Hamas. Quell’esercito si trova in faccia bimbi-scudi-umani e questa è ancora un’altra storia, quella che oggi è utile solo per masticare una tonnellata d’amarezza in più, ad aver coscienza piena del fatto che l’hanno capito subito di essere in guai seri.

Gilad Shaar, Naftali Frenkel, Eyal Yifrach. I primi due sedici anni, l’altro diciannove. Cinquantuno anni in tre. Pare facessero l’autostop. Anche questo va capito, lì si fa l’autostop. Una sorta di contraddizione in termini, metti la tua vita nelle mani di uno sconosciuto pur essendo educato all’attenzione, alla scrupolo. Credo sia in quell’implicita fiducia nel prossimo, nonostante la diffidenza dell’esperienza, il segreto per la sopravvivenza del popolo israeliano.

Diciotto giorni di angoscia, attesa, speranza. Li hanno trovati ieri sera. Probabilmente li hanno ammazzati poche ore dopo il sequestro. Volevano barattare i loro corpi con il rilascio di alcuniterroristi. La caccia all’uomo ha fatto cambiare loro idea. Li hanno gettati via. La notizia oggi dovrebbe essere questa, l’ennesima puntata di una battaglia che odora troppo di sangue, che di viscere ne ha sparse troppe. E devono esserci solo quei sorrisi spenti che non scordi più. Sedici e diciannove anni. Sedici e diciannove, per Dio. Invece sulla prima de l’Unità inciampi nel titolo “Israele, l’escalation dell’orrore”. Si riferiscono all’uccisione dei tre innocenti, si riferiscono all’annunciata reazione, quella che campeggia ovunque: La Stampa, “Uccisi i tre ragazzi sequestrati. Israele: sarà la fine di Hamas”; la Repubblica, “Trovati i corpi dei ragazzi rapiti. Israele: “Sarà la fine di Hamas”; il Giornale, Uccisi i tre ragazzi rapiti. Israele promette vendetta: “Sarà la fine di Hamas”; Corriere della Sera, Uccisi i tre ragazzi israeliani. Netanyahu: Hamas pagherà”. Poi il Fatto Quotidiano – “Uccisi i ragazzi rapiti. Israele giura vendetta” – e la pagina online di Rifondazione “Palestina, Ferrero: Criminale ritorsione del governo israeliano contro il popolo palestinese”. Il Manifesto, “Uccisi i ragazzi rapiti. Israele accusa Hamas”.

Ed è già realtà ribaltata, morti scavalcati. Perché ci sono vittime migliori di altre, forse. Perché“palestinesi” e “terroristi” non compaiono mai, in nessun titolo. Ed è quasi una sorpresa che la notizia abbia girato così tanto, perché le notizie di laggiù si preferisce scriverle guardando da una prospettiva sola. Allora, in coerenza, oggi la notizia è che Israele ha intenzione di ferire la Palestina. Lettura che accantona la voglia di prendere quei terroristi omicidi, perché tre morti possono diventare molti di più se ti mostri debole e perché è giusto, giacché se ammazzano uno dei tuoi figli tu sognigiustizia, che è cosa diversa dalla vendetta. Loro tre, i loro sorrisi, sono già a margine. Si guarda al poi mentre le storie di tre ragazzi svaniscono tra le rocce che li hanno visti carcasse, sopra quella terra che sa essere polvere e sabbia. Ma loro tre, EyalNaftaliGhilad, sono tutto. Non sono la nota di cronaca, postilla da appendere a quella che appelleranno come l’ennesima aggressione israeliana. E chi lo fa, chi si mente e mente al lettore per giustificare il racconto distorto della storia, almeno non ci racconti d’etica giornalista.

Oggi è Israele, urlato, forte. Onore al suo orgoglio, a quei tre giovani ragazzi che piangono ingiustizia. Oggi qui sventola la bandiera israeliana, quella che comunque la si veda lotta per la vita senza mai inneggiare alla morte. Il resto non volgiamo sentirlo né leggerlo, sono chiacchiere e il tempo le seppellirà come tali.

A Eyal, Naftali, Ghilad.

 

One Response to Uccisi due volte. La seconda dalla stampa italiana

  1. enzo levi ha detto:

    La stampa italiana fa schifo. Basta leggere poi i nomi delle testate sopra per capire tutto

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.