Testata: Il Giornale //*IC*
Data: 29 giugno 2013
Pagina: 30
Autore: Fiamma Nirenstein

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 29/06/2013, a pag. 30, l’articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo “L’errore degli ebrei: non sapersi difendere. Neppure dai nazisti “.

La copertina di Servitori di re e non servitori di servitori. Alcuni aspetti della storia politica degli ebrei (ed. Giuntina)


Fiamma Nirenstein

Quanto è problemati­ca, irritante, provo­catoria la storia ebrai­ca, quanto ogni con­si­derazioneciriman­da poi a problemi complessi cui gli storici non trovano mai una ri­sposta soddisfacente. Ad esem­pio, perché gli ebrei non capiro­no che si avvicinava la mostruo­sa mannaia della Shoah? Perché si adeguarono (anche se non bi­sogna dimenticar­e che negli stes­si anni nell’Yishuv ebraico di Pa­lestina i guerrieri sionisti si batte­vano contro gli arabi per la loro Terra) a una realtà impossibile, a volte sistemandosi nei ghetti mortiferi, talora addirittura colla­borando con i carnefici nelle de­portazioni?
Lo spiega in un affollatissimo libretto Yosef Hayim Yerushal­mi, scomparso nel 2009 dopo aver donato al mondo alcuni fra i migliori studi sulla cultura ebrai­ca. Ora la Giuntina ha avuto l’in­telligenza di pubblicare questo saggio che, come spiega nella bella introduzione David Bidus­sa, racconta come gli ebrei, «per ricevere protezione cercarono alleanze verticali»e,abituati a ot­tenerle, non capirono nulla di ciò che stava per accadere nei ter­ritori occupati dai nazisti. Da sempre, sino ai tempi della Sho­ah, pensavano che «il re», o chi per esso, li avrebbe salvati, alme­no dallo sterminio di massa.
Per questo furono, come dice il titolo non privo di malizia, «Ser­vitori di re e non servitori di servi­tori » (sottotitolo Alcuni aspetti della storia politica degli ebrei ,
pagg. 72, euro 10). Servitori non è una bella parola al giorno d’og­gi, di chiunque lo si sia, tanto più dell’autorità costituita. Insom­ma, dice Yerushalmi un po’ sulle tracce di Hannah Arendt, sem­pre ipercritica verso il proprio popolo più che verso il regime nazista da cui era fuggita, ricorse­ro all­e massime autorità e trascu­rarono il rapporto con il popolo.
Bidussa spiega che la percezio­ne di un continuo pericolo e quindi la richiesta di aiuto al re deriva da una sorta di imprin­ting , per certi versi biblico (basta pensare al Libro di Ester e allo scampato pericolo di sterminio da parte di Aman per intervento di Ester presso il re!).
Yerushalmi dimostra come la storia abbia rafforzato la fiducia del mondo ebraico nel sovrano che li proteggeva nel medioevo dall’odio del popolino che vede­va negli ebrei gli assassini di Cri­sto, e li circondava di una pur fra­gile muraglia legislativa che ne impediva il libero eccidio, lo ster­minio e, anzi, cercava di fare de­gli ebrei un utile instrumentum regni , creando la figura del­l’ebreo di corte. Yerushalmi ri­porta parecchi episodi che dimo­strano come il sovrano e i Papi abbiano cercato di aiutare gli ebrei quando erano pesante­men­te aggrediti da un antisemi­tismo che per altro essi non com­batterono mai,anzi, fomentaro­no. Ma Yerushalmi ammette an­che molte “violazioni” della sua norma, come in Spagna nel 613, e poi nel 1506 in Portogallo o le espulsioni dall’Inghilterra del 1290 o la cacciata dalla Spagna del 1492 e dal Portogallo nel 1506, o le persecuzioni dei nobili polacchi che a partire dal XVI se­colo colpirono gli ebrei, diventa­ti di fatto i “re” del Paese. In realtà se si sfoglia una qua­lunque storia del popolo ebrai­co, si capiscono un paio di cose. La prima: era logico, sulla base di motivi molto pratici e non ide­ologici, che gli ebrei cercassero qualche “cappello” legislativo che proteggesse la loro incolu­mità, perché essa veniva violata ripetutamente e con grande vio­lenza da folle fanatiche, cosac­chi e chi più ne ha più ne metta. La più semplice ed efficace delle figure di riferimento era il sovra­no, il quale a sua volta aveva inte­resse a tutelare i suoi “ebrei di corte”. La seconda cosa impor­tante è che è altresì vero che la minaccia della Shoah era subdo­la. Ci volle molto tempo (per tut­ti, non soltanto per gli ebrei) pri­ma che fosse possibile capire che la Shoah era una Apocalisse definitiva non lasciava spazi a trattative. Così una parte del mondo ebraico pensò di poterla evitare con “colloqui” e con “compromessi”. E queste paro­le tra virgolette devono far riflet­tere, a causa delle attuali minac­ce iraniane di sterminio degli ebrei e la certezza mondiale di ri­solverle con“colloqui”.
Una terza considerazio­ne riguarda il fatto che l’abi­tudine alla ri­chi­esta di pro­tezione era ra­dicata anche a causa di una mancanza. Oggi esiste lo Stato di Israe­le. Nel Medio Evo, nel 1492 e neppure all’al­ba della Sho­ah non esiste­va affatto. Es­so rappresen­ta dunque una mutazio­ne rilevante che ai nostri occhi non è an­cora s­tata inte­riorizzata dal­la Diaspora, tuttora molto legata allo schema di un rapporto indi­spensabile di protezione con le autorità del proprio Pa­ese. Per ultimo, Hannah Aren­dt, nonostante la «banalità del male» fosse uno schema che ave­va applicato (scoperta mai più messa in discussione) a uno co­me Eichmann che aveva fatto della sua pochezza un uso nien­te affatto banale, spesso sottoli­neava come gli ebrei (anche un pazzo megalomane e probabil­mente crudele come Chaim Ru­mkowski) fossero largamente colpevoli del loro crudele desti­no. Di fatto anche i kapò e i con­fusi e tremebondi capi delle co­munità che cercarono scampo in modi improbabili furono pro­tagonisti dello stesso tipo di choc che portava gli ebrei ad av­venturarsi in richieste di aiuto che in gran parte non funziona­vano. Bastava un contadino po­lacco o un giovane SS e il “gioco del re” era finito. Per questo, non c’è protezione regale possi­bile. Gli ebrei avrebbero dovuto ben prima cercare un’autodife­sa. Ma è stato impossibile per tanto tempo.
www.fiammanirenstein.com

Per inviare la propria opinione al Giornale, cliccare sull’e-mail sottostante
segreteria@ilgiornale.it

 

One Response to L’errore degli ebrei: non sapersi difendere.

  1. aniscar ha detto:

    Il problema del Medio-Oriente è che le persone si dividono in costruttori di pace e costruttori di guerra e queste due categorie sono egualmente distribuite in ogni etnia, religione, ceto sociale e gruppo politico. Io vi vorrei parlare di un costruttore di pace, un signore che si chiamava Alexander Langer che viveva in Sudtirolo quando i tedeschi odiavano gli italiani che ricambiavano gentilmente; questo signore ha realizzato che l’unico modo per vivere in pace era che le persone uscissero dalla “gabbia etnica” dentro cui vivevano fin dalla nascita, quel sistema per cui la vita di un israeliano raramente si intreccia con quella di un palestinese a cominciare dalle scuole arrivando alla professione e alle relazioni sociali. Se oggi in Sudtirolo si vive bene e in pace è perché il sogno visionario di quel signore è entrato nella mentalità della maggioranza delle persone di buona volontà, siano esse italiane, tedesche o ladine. Per tanto tempo ho sentito che la soluzione ai problemi del Medio-oriente fosse la separazione in due stati, ora siamo arrivati alla pace? No, ed è impossibile arrivarci finché si percorrerà questa strada di divisione tra le persone.
    Israeliani e palestinesi per avere la pace devono creare un solo Stato aconfessionale (a cominciare dalla bandiera), con bilinguismo per costituzione, che tuteli tutti i gruppi presenti sul territorio. Altro che muri, confini, Stati indipendenti (poi con quali confini? e con quali conseguenze per gli abitanti che si troverebbero da un giorno all’altro stranieri nella propria terra?), la pace si fa con il rispetto reciproco e la graduale integrazione. Se passasse questo concetto non ci sarebbe nessun problema di difesa per gli ebrei.

Set your Twitter account name in your settings to use the TwitterBar Section.