Buoni consigli da Canicattì o dalla Casa Bianca.
Testata: Informazione Corretta
Data: 22 aprile 2013
Autore: Ugo Volli
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
lo spettacolo di cui voglio parlarvi oggi l’avete presente anche voi: qualcuno arriva in Israele, parla con il primo ministro o con il presidente; oppure si rivolge loro senza neanche incontrarli, dall’estero, parlando dall’alto di una carica che può essere il Segretario Generale dell’Onu, il Presidente degli Stati Uniti, ma anche il sindaco di Canicattì o il segretario della sezione di un partito a Pedesina in Lombardia (il più piccolo comune italiano, con 34 abitanti e 6,25 kmq di territorio – http://www.comuni-italiani.it/piccoli.html). Con tutta l’autorità che viene da questi alti incarichi costui si rivolge ai politici israeliani e spiega loro che devono rinunciare a qualcosa per la pace, devono fare il primo passo, insomma mostrarsi generosi e fidarsi, perché senz’altro la pace ne seguirà.
L’ha fatto anche Obama, che non è proprio il segretario del PD di Pedesina, per esempio chiedendo ai giovani israeliani, durante la sua ultima visita in Israele,di mettersi nei panni dei loro coetanei (non si capisce se di quelli che entrano nelle case di notte ad ammazzare i bambini o no), ma non facendo affatto una domanda analoga ai palestinesi che fanno festa per i razzi di Hamas, non chiedendo cioè loro se gli piacerebbe abitare a Sderot (che nel frattempo è di nuovo bersaglio di bombardamenti quotidiani – senza che questo faccia notizia per gli organi di stampa).
L’equipaggio della Mavi Marmara
Ma l’appello per i palestinesi è banale ed è altrettanto banale è purtroppo il paragone su cui è basato, per cui oggi voglio parlarvi di un altro appello sempre di Obama e sempre durante la sua visita in Israele. Praticamente già in aeroporto, alla soglia della partenza, Obama ha “costretto” Netanyahu a tirare su il telefono e a parlare con il primo ministro turco Erdogan, “chiedendo scusa” per “l’incidente” della flottilla in cui una massa di islamisti turchi si oppose con la forza all’ordine della marina israeliana di non entrare a Gaza e assalì i marinai quasi disarmati saliti sulla nave Mavi Marmara per prenderne il controllo. Ne seguì, come sapete una battaglia per salvare la vita di questi marinai in cui gli assalitori ebbero la peggio e nove di loro morirono. Nel rapporto commissionato dall’Onu che indagò la faccenda, il cosiddetto rapporto Palmer (lo trovate qui:http://www.un.org/News/dh/infocus/middle_east/Gaza_Flotilla_Panel_Report.pdf ; qui avete un riassunto veloce, se non avete pazienza di leggere tutto:http://honestreporting.com/5-key-claims-of-the-un-report-on-mavi-marmara/ ) , la posizione di Israele è sostanzialmente accettata: il blocco di Gaza è legale com’era legale la decisione di bloccare la flottiglia. Vi sono stati degli errori operativi un uso sbagliato della forza, ma dentro un quadro di sostanziale legalità e di un agguato dei “pacifisti” turchi. Tant’è vero che allora la Turchia respinse il rapporto e continuò a pretendere da Israele delle scuse non dovute (http://www.wallstreetitalia.com/article/1206843/m-o-presidente-turco-rapporto-onu-su-mavi-marmara-e-quot-nullo-quot.aspx). Probabilmente le cose non sono andate in maniera così melodrammatica come la raccontano i giornali (http://www.ilgiornale.it/news/esteri/israele-viaggio-obama-si-conclude-telefonata-netanyahu-ed-898887.html), ma in nome della stabilità regionale Obama ha ottenuto da Israele la famosa telefonata. Solo così, spiegava, si potrebbe ristabilire l’asse regionale fra gli alleati dell’America, Turchia e Israele, necessario per tenere sotto controllo la situazione siriana. E c’è stata anche la promessa di risarcimento alle famiglie.
Bene, è passato un mesetto, Israele ha fatto il suo “primo passo per la pace”, si è “mostrata generosa”, ha “sacrificato il suo orgoglio” eccetera eccetera, provocando anche un certo disagio interno. Che cosa ne è seguito? Mah, per esempio una bella dichiarazione del ministro degli esteri turco Davutoğlu dove si dice che mai e poi mai la Turchia discuterà della Siria con Israele (http://www.todayszaman.com/news-313103-.html?). Un bel veto alla collaborazione della Nato con Israele e anche alla convocazione di un gruppo di contatto esistente da tempo fra Nato, paesi arabi e Israele. E per i risarcimenti? Due dichiarazione delle famiglie interessate, una in cui si nega l’approvazione a contatti e trattative (http://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4369972,00.html), un’altra promette di devolvere a Hamas qualunque risarcimento (http://www.jihadwatch.org/2013/04/jihad-flotilla-mavi-marmara-victim-to-donate-israeli-tribute-money-to-hamas-and-islamic-jihad.html) . Del resto lo stesso Erdogan, subito dopo la telefonata di Netanyahu, ha dichiarato che intende andare a Gaza a fare visita ad Hamas e gli americani si affannano da allora a chiedergli di rinviare questa visita, il cui significato politico è evidentemente esplosivo, come hanno fatto ancora ieri (http://www.jpost.com/Diplomacy-and-Politics/Kerry-US-asked-Turkish-PM-Erdogan-to-delay-Gaza-trip-310572 ).
Conclusione. Israele si è preso un costo, ha rischiato la perdita della faccia, anche se Netanyahu è stato bravo ad accettare solo una modalità in cui era evidente che stava facendo un piacere a Obama e non si umiliava alla Turchia – con nessun risultato. Il Medio Oriente non è un posto educato, in cui se si arriva in due a una porta ci si ferma e si fa il balletto del “prima lei – la prego – per favore – ecc.” E’ piuttosto uno di quei quartieri malfamati in cui se non hai la fama del duro (e il suo comportamento) non te la cavi. Cedere ai palestinesi prima un pezzo di Giudea e Samaria, poi Gaza, poi il Libano del sud ai libanesi sono stati esempi di “prima lei” a cui non è seguito nessun “la prego”, ma solo missili e attentati. Le scuse alla Turchia sono state un passetto in quella direzione, sia pure con le attenuanti che ho detto, e naturalmente forzate dal rapporto fra Israele e Usa e dal bisogno di Obama di riportare qualche vittoria simbolica dalla visita. Ma se qualcuno prende sul serio la via delle “misure per costruire fiducia” in quel contesto si sbaglia di grosso: sarà ricambiato solo dal disprezzo e dalla violenza. Chi chiede a Israele di fare “sacrifici” per “far ripartire il processo di pace” in realtà non solo danneggia Israele ma prolunga e inasprisce il conflitto. Ricordiamolo la prossima volta che il sindaco di Pedesina o il parroco di Canicattì ci forniranno i loro preziosi buoni consigli.
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