Testata: Il Foglio
Data: 26 gennaio 2013
Pagina: 3
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «I piloti israeliani dello strike hanno votato Lapid e non Bibi» //*IC*

Sul FOGLIO di oggi, 26/01/2013, a pag.3. con il,titolo ” I piloti israeliani dello strike hanno votato Lapid e non Bibi”, Gliulio Meotti analizza gli ultimi sviluppi del post-elezioni in Israele.

Bibi Netanyahu
 Naftali Bennett
Yair lapid

Roma. Nel suo ultimo mandato da primo ministro, Benjamin Netanyahu aveva mostrato grande simpatia e generosità verso l’aviazione israeliana, la crème degli ufficiali di Tsahal. L’ex premier si è spesso fatto fotografare con i piloti, nelle loro basi e a bordo dei loro F-16. L’aviazione ha beneficiato di un lauto budget sotto Netanyahu. L’obiettivo? Prepararsi allo strike contro le centrali atomiche iraniane. Per questo ha suscitato un certo scalpore il fatto che alle recenti elezioni Netanyahu non abbia ottenuto il voto dei piloti. E’ stato invece il partito Yesh Atid di Yair Lapid a incassare il maggior numero di consensi nelle basi di Tel Nof, Hatzerim, Nevatim, Ovda e Ramon. Il giornale Haaretz è saltato subito alle conclusioni: “Chi deve bombardare l’Iran non sostiene la politica aggressiva del primo ministro”. Di certo adesso Netanyahu dovrà trovare un accordo con i due uomini chiave dell’esercito, il capo dell’aviazione Amir Eshel e il capo di stato maggiore Benny Gantz, con cui finora aveva rapporti a dir poco tesi. Nei negoziati fra Lapid e Netanyahu per la creazione del prossimo governo comincia già a delinearsi il profilo dell’“ottetto”, gli uomini che prenderanno le decisioni importanti in merito alla sicurezza del paese. Netanyahu conta sulla presenza di tre uomini in particolare. Uno è Tzachi Hanegbi, fedelissimo di Ariel Sharon, uomo dell’apparato di sicurezza e uno dei più falchi nel sostegno al raid contro il nucleare iraniano. Figlio della grande pasionaria dei Territori Geula Cohen, Hanegbi è noto per i gesti clamorosi, come quando per protesta contro la restituzione agli egiziani degli insediamenti ebraici nel Sinai si arrampicò su un monumento nella piana di Rafah, a cui rimase aggrappato per giorni. Durante invece una marcia a Gerusalemme contro gli accordi di Oslo, Hanegbi strappò il microfono dalle mani di Yitzhak Rabin per accusare il primo ministro “di svendere ai nemici la terra d’Israele”. L’altro uomo chiave per Netanyahu è Moshe Yaalon, da molti visto come suo possibile erede alla guida del Likud, ex capo di stato maggiore, figlio del kibbutz Grofit nel Negev, con un mandato di cattura britannico per “crimini di guerra” e regista del raid che a Tunisi ha portato nel 1988 all’uccisione di Abu Jihad, il capo militare dell’Olp di Yasser Arafat. Secondo Debka, sito vicino all’intelligence israeliana, Netanyahu penserebbe anche a Yair Shamir come ministro della Difesa, ma in ogni caso il figlio dell’ex premier ricoprirà un ruolo chiave nella sicurezza. Contrario alla nascita di uno stato palestinese sulla riva ovest del Giordano, Shamir è un colonnello dell’aviazione che ha costruito l’arsenale di droni. Il “torturatore” nella squadra di Lapid Yair Lapid gode della collaborazione di Mickey Levy, capo della polizia di Gerusalemme dal 2000 al 2003, ovvero gli anni in cui gli attentati kamikaze trasformarono la città israeliana “nella capitale mondiale degli attentati suicidi”. Ma nella squadra del popolare giornalista svetta su tutti il nome di Yaakov Peri, l’ex direttore dello Shin Bet, il servizio segreto interno che il magazine di sinistra Haolam Hazeh, con una certa enfasi, ha chiamato “l’apparato delle tenebre”. Anche noto come “il torturatore”, per trent’anni l’identità di Peri è rimasta un mistero. Era semplicemente “P”. Assunse la vicedirezione dello Shin Bet nel 1978, e dieci anni dopo la guida, fino al 1994. In pratica, Peri è il servizio segreto interno israeliano. La sua carriera nel servizio di sicurezza subì una brutta battuta d’arresto con il caso dell’autobus numero 300 il 12 aprile 1984. E’ la storia dell’esecuzione a sangue freddo di due prigionieri palestinesi da parte di un alto funzionario dello Shin Bet, Ehud Yatom. “Li mettemmo nella nostra macchina ma poco dopo ricevetti l’ordine di ucciderli dal direttore del servizio, Avraham Shalom; così li uccisi con una grossa pietra”, avrebbe confessato anni dopo Yatom. “Gli sfondai il cranio. Credetemi non ho dovuto faticare troppo, perché quei due erano finiti”. Peri è stato recentemente accusato da Haaretz e da altri ambienti in Israele di aver preso le difese degli ufficiali protagonisti di quella celebre esecuzione extragiudiziale. Peri ha anche lasciato in servizio molti degli uomini coinvolti nel caso del bus 300, consentendo loro di ricevere il perdono presidenziale di Chaim Herzog. Ehud Yatom, l’uomo che materialmente uccise i due prigionieri, è rimasto al suo posto con Peri. Non solo, ma sotto Peri, nel cui curriculum c’è un lungo periodo da infiltrato nella casbah di Nablus, la città più dura e violenta della Cisgiordania, lo Shin Bet è stato accusato di tortura. Nel 1991, in una dichiarazione anonima alla stampa israeliana, Peri disse che il servizio da lui diretto non poteva fare a meno di ricorrere a “metodi di pressione” fisici (come lo scuotimento, la posizione della rana e l’incappucciamento con un sacco imbevuto d’urina). Israele in quei giorni era sotto choc per un documentario sulle torture praticate dallo Shin Bet sui prigionieri palestinesi (“per ottanta giorni mi hanno costretto a restare seduto su una sedia, con le mani legate dietro la schiena”, diceva uno dei prigionieri interrogati). Poi avrebbe spaccato l’opinione pubblica il caso di Abd a Samed Hrizat, l’islamico palestinese arrestato a Hebron dagli uomini di Peri e morto alcuni giorni dopo mentre era sotto inchiesta. Secondo Yuval Ginbar, dirigente del gruppo per i diritti civili B’Tselem, sotto la direzione di Peri nel 1993 ci sono stati tremila “interrogatori pesanti”, duemila nel 1994. Il sospetto che lo Shin Bet praticasse forme pesanti di interrogatorio spinse l’ordine dei medici di Israele a chiedere ai propri iscritti di rifiutare di stabilire se vi fossero impedimenti fisici nei palestinesi all’interrogatorio. Nei giorni scorsi Yair Lapid ha difeso il suo braccio destro, denunciando “la cultura dell’odio per le persone che hanno un glorioso passato come capi dello Shin Bet”. Per Gideon Levy, corsivista corrosivo di Haaretz, al partito del torturatore è preferibile persino Netanyahu. Quando la Corte suprema israeliana nel 1999 ha bandito la pratica degli interrogatori pesanti anche in casi eccezionali, Yaakov Peri scrisse un duro editoriale sul quotidiano Maariv: “Oggi i terroristi si sentiranno più sicuri e forti”. Il suo libro di memorie in ebraico si intitola: “Colui che viene per ucciderti”. Un riferimento al versetto del Talmud che invita a colpire per primo colui che ha intenzione di assassinarti. In pratica, la dottrina dello strike.

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