Armiamoci e partite.
Testata: Informazione Corretta Data: 31 dicembre 2012 Autore: Ugo Volli.
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.
Abu Mazen
Cari amici,
scusate se insisto o mi ripeto, ma le virtù del presidente dell’Autorità Palestinese Mohamed Abbas sono davvero tali e tante, che meriterebbe una vera abbaseide – voglio dire non sul modello di Achille o di Enea, ma su quello di Tartarino di Tarascona. Non lo conoscete? Grande personaggio, leggete qui: http://it.wikipedia.org/wiki/Tartarino_di_Tarascona. Pensate come sarebbe bello un libro intitolato “Les aventures prodigieuses de Abbasin de Ramallahscon” , compresi i sequel “Abbasin sur les Alpes” e “Port Abbasin” Non essendo io all’altezza non dico di Omero o Virgilio, ma neppure di Alphonse Daudet, ho pensato di scrivere un Abbasburrasca, includendo una canzoncina che dica “viva il pappa di pomodoro”, ma poi ho rinunciato e mi limito a un florilegio di notizie recenti.
La prima è che Abbasin ha molto goduto la sua gita all’Onu, gli è sembrato per un attimo di essere un vero uomo di stato, e vuole tornarci. In preparazione alla sua uscita da Ramallahscona, ha pregato il segretario della Lega Araba, che non gli paga i soldi promessi, di inventarsi un pretesto. Il furbissimo segretario della Lega Araba che di nome fa Nabil el Arabi, ben lieto di inventarsi un ruolo in un momento in cui gli arabi non legano molto fra loro (vedi Siria), ha detto che Abassin dovrebbe smetterla di perder tempo come ha fatto negli ultimi vent’anni a discutere con gli Israeliani, che si sa, sono ebrei e dunque per nulla raccomandabili dal suo punto di vista (o se si vuole non si lasciano bidonare se non sono proprio odiatori di sé in stile ultrasinistro e pacifinto). Invece dovrebbe andare all’Onu a chiedere lo status di membro a pieno titolo (http://www.timesofisrael.com/arab-league-chief-says-palestinians-to-embark-on-new-statehood-bid-at-un-security-council/).
Nabil el Arabi è proprio furbo, sa benissimo che il veto dell’America non cadrà e così Abbassin tornerà a Ramallahscona con la coda fra le gambe, come gli capita spesso, ma intanto sarà contento di essersi fatto fotografare sullo sfondo della Statua della Libertà e lui avrà fatto a poco prezzo la figura dell’eroico consigliere. Nel frattempo Abassin si è occupato delle sue donne, convinto che quell’aria un pochino così che si porta dietro, da impiegato in pensione, sia molto utile col gentil sesso. Ma non transige ai suoi principi. Per esempio ha dichiarato di non avere la minima intenzione di togliere il delitto d’onore dalla legislazione palestinese e ha fatto spiegare che “Una legge contro il delitto d’onore non aiuterebbe affatto le donne”. Questo non l’ha detto proprio lui, perché non gli piace dover dare cattive notizie, anche se sacrosante verità come questa, ma l’ha fatto dichiarare al suo consigliere giuridico Hassan al-Ouri. Dovete sapere che oltre al consigliere turistico, a quello gastronomico e a quello fotografico, Abbassin si porta sempre dietro il consigliere legale, per farsi spiegare come si evitano le multe per divieto di sosta che i poliziotti americani, a differenza dei suoi, gli danno sempre quando parcheggia in mezzo alla strada la sua carrozza bianca. Ma il consigliere legale, insieme a quello medico, serve anche a badare che il trattamento dei prigionieri detenuti da Abassin nelle sue galere sia quello giusto. Giudicate voi se ci riesce: un gruppo arabo che si occupa di diritti umani, la cui sigla è AOHR, con sede a Londra, ha fatto un’inchiesta sui detenuti nelle prigioni palestinesi fra il 2007 e il 2011, non quelli normali, quelli curati dai “reparti di sicurezza”, che naturalmente non devono mancare in uno stato, soprattutto se appena riconosciuto per la sua bravura dall’assemblea generale dell’Onu. Bene, AOHR ha censito 13271 prigionieri politici dell’Anp (questa è la loro condizione reale, e notate che sono circa il doppio dei terroristi palestinesi condannati nelle carceri israeliane). Bene, di costoro, sempre secondo l’AOHR il 96% sono stati torturati, vale a dire che solo una cinquantina se la sono cavata senza subire “trattamenti speciali”. In cambio una mezza dozzina hanno perso la vita fra le mani dei loro gentili ospiti (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=297746). Non è un bel record? Non credo che Pinochet o Stalin potessero vantare risultati così brillanti – non in termini di morti ammazzati, perché su questo piano erano certamente più bravi loro, ma per quanto riguarda l’impegno a non fare annoiare i propri ospiti… in questo sì, l’Anp è imbattibile. Oltre a un consigliere gastronomico specializzato in felafel e uno giuridico esperto in diritti delle donne, il nostro buon Abbassin ha anche uno straordinario consigliere grafico, che ha disegnato il nuovo logo dell’organizzazione cui appartiene il nostro eroe, cioè Al Fatah (http://www.palwatch.org/main.aspx?fi=157&doc_id=8164). Vi prego di esaminarla con calma qui. Vedete come è bella tutta la Palestina dal mare al fiume sotto il velo di una kefià? Tutta terra mia, come diceva il padrone del Gatto con gli stivali. E Israele? Quale Israele? Tutta terra mia questo dev’essere ben chiaro (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/163683#.UOBlQaya-Sp). Ma vedete anche la colomba sulla sinistra, che somiglia nella sua simbologia a quel rametto d’ulivo che Arafat si portò sul podio dell’Onu (sempre l’Onu) insieme alla sua mitraglietta, per far finta di essere pacifico. E infatti anche qui la mitraglietta non manca: la vedete modellare la prima lettera sulla destra del logo di Fatah, profilata sopra la cupola della moschea sul monte di Gerusalemme. All’altra estremità c’è una chiave che è il simbolo spesso agitato, della pretesa dei palestinesi di “tornare alle loro case”. La chiave, la mitraglietta, la cupola che domina la città vecchia di Gerusalemme: per chi ama i rebus, il significato è chiaro: ci riprenderemo le nostre case e Gerusalemme con le armi. Che poi le case non fossero affatto loro, e che Gerusalemme abbia relazione storica con il popolo ebraico e non con l’appena inventata tribù “palestinese”, non importa. Abbassin ama i fucili, quando può li finanzia, è uno specialista dell’armiamoci e partite. Il suo consulente grafico lo sa benissimo e lo accontenta, come il consulente fotografico lo accontenta fotografandolo sullo sfondo del ponte di Brooklyn, tutte le volte che Abbassin va all’Onu a farsi riconoscere. L’armiamoci e partite non è per nulla metaforico. Cari amici, io lo so che non guardate i link che vi metto in pagina e non ce l’ho con voi per questo, sono prove delle mie affermazioni e se vi fidate, niente di male. Ma questo che vi segnalo ora, per favore, guardatelo, è un filmato di pochi secondi in cui Abbassin nel 2005, quando ancora diceva di frequentare il tavolo delle trattative con Israele, dove governava Ariel Sharon. Forse mal consigliato dal suo consigliere giuridico, forse tradito dall’arroganza degli uomini piccoli (di mentalità, voglio dire, non di statura) Abbassin dice, papale papale, che i terroristi li ha mandati lui, che la responsabilità dei loro crimini è sua e che quindi bisogna liberarli: http://www.palwatch.org/site/modules/videos/popup/video.aspx?doc_id=459#.UOAFf02mWpA.mailto
Eravamo poco dopo la fine della cosiddetta seconda intifada, cioè di 1500 omicidi commessi dai terroristi arabi. Ci vuole una bella faccia tosta per dire una cosa del genere, oppure una totale insensibilità morale, uno spirito naturalmente hitleriano. Guardate questi venti secondi e ricordateveli quando le anime belle vi dicono che Abbassin è buonissimo, che Israele non ha mai avuto un migliore partner per la pace, che bisogna comprenderlo e volergli bene, dato che ha quella faccia un po’ così dell’impiegato in pensione che gioca alle bocce ai giardinetti. Ricordatelo e considerate che chi manda un terrorista stando comodamente seduto nel suo studiolo con vista Ramallah e le foto dei nipotini (o di se stesso sullo sfondo del ponte di Brooklyn) sulla scrivania, è ancora più ripugnante del criminale che si fa saltare in aria in mezzo ai bambini.
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