Palestina all’Onu, una scelta che non farà ripartire nessun negoziato.
Testata:Il Giornale – Il Foglio – L’Opinione – Informazione Corretta Autore: Fiamma Nirenstein – Carlo Panella – Stefano Magni – Piera Prister – Bibi Netanyahu – Carlo Benigni Titolo: «Monti svende Israele a Bersani – L’isolamento di Bibi – L’ONU approva Abu Mazen e L’Europa da’ di nuovo Israele in pasto al coccodrillo nazi-islamista» //*IC*
Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 30/11/2012, a pag. 1-13, l’articolo di Fiamma Nirenstein dal titolo ” Monti svende Israele a Bersani “. Dal FOGLIO, in prima pagina, l’articolo di Carlo Panella dal titolo ” L’isolamento di Bibi “. Dall’OPINIONE, a pag. 4, l’articolo di Stefano Magni dal titolo ” Il voto dell’Italia all’Onu “. Pubblichiamo il commento di Piera Prister dal titolo ” L’ONU approva Abu Mazen e L’Europa da’ di nuovo Israele in pasto al coccodrillo nazi-islamista “, il comunicato di Bibi Netanyahu dal titolo ” Dichiarazione rilasciata dal Primo Ministro Binyamin Netanyahu “, il comunicato di Carlo Benigni, presidente della Federazione delle Associazioni Italia-Israele dal titolo ” Comunicato Italia-Israele voto italiano all’ONU 29 novembre 2012 “.
Disegno in alto: in verde i 138 sì, in nero i 41 astenuti e in rosso i 9 no.
Tutto l’onore a: Israele, Stati Uniti, Canada, Repubblica Ceca, Panama, Palau, Nauru, Micronesia e Isole Marshall.
Ecco i pezzi:
Il GIORNALE – Fiamma Nirenstein : “Monti svende Israele a Bersani ”
Per vedere il video con l’intervento di Fiamma Nirenstein in Parlamento (segnalato da Emanuel Baroz), cliccare sul link sottostante
http://www.youtube.com/watch?v=KuJmk-_D-8Q&feature=youtu.be
Fiamma Nirenstein
È istituzionalmente sconvolgente la scelta di Palazzo Chigi di rovesciare con una mossa nient’affatto tecnica, ma tutta politica, le scelte di un Parlamento che da vari anni a questa parte ha fatto suo onore e vanto di essere il migliore amico europeo di Israele, la cui delegazione all’Onu solo nel luglio del 2011 di fronte a una risoluzione identica ha risposto in modo opposto a quello attuale, che si è sempre proposto come mediatore di una pace trattata dalle due parti a un tavolo civile e rispettoso, e a non esporre la questione della pace a un consesso pieno d’odio contro Israele come è l’assemblea dell’Onu. Il comunicato di Palazzo Chigi che ieri ha annunciato che l’Italia in nome della prospettiva di «due Stati per due popoli» e per seguire una linea europea avrebbe votato a favore di uno Stato palestinese unilateralmente proclamato dall’Assemblea generale, sembra scritto da un bambino che ignora l’abc della politica mediorientale, e soprattutto che scavalca senza remore, nonostante il suo sia un governo tecnico, le scelte politiche di fondo del Parlamento italiano, che non è mai stato minimamente consultato. Eppure si sa bene cosa pensa questo Parlamento: esso ha fatto speciali gesti di amicizia verso Israele pur restando un riferimento per i moderati palestinesi, e per questo ha conservato una qualità di mediatore che adesso ha perso di colpo in cambio di niente. Infatti «due Stati per due popoli» non c’entra niente con questa risoluzione,Israele è fuori, la Palestina avrebbe bisogno non di doni miliardari come fino a oggi, ma di un senso di responsabilità verso i suoi e di un’accettazione di Israele che è proprio il contrario di quello che succede col regalo di questa risoluzione. Essa non è pro palestinese, è solo contro Israele. Il nostro Parlamento ha votato risoluzioni spesso contrarie all’atteggiamento facilone e colpevolizzante di parte d’Europa: il Parlamento ha bocciato sia la partecipazione alla Conferenza Durban 2, sia la risoluzione del giudice Goldstone dopo la prima guerra di Gaza, che poi lui stesso si è rimangiata. Il Parlamento ha un’associazione Italia-Israele di 200 membri, or ora in visita con una delegazione fino sotto le bombe di Hamas. I rapporti commerciali, culturali, scientifici sono straordinari; durante l’ultima guerra di fronte alla Camera si è tenuta una manifestazione pro Israele in cui sono intervenute tutte le parti politiche.Questo ha posto l’Italia in un ruolo di élite accanto ai Paesi più importanti e indipendenti d’Europa, come la Germania, affrancandola da un atteggiamento gregario verso il mondo arabo, e molto dubbio verso il mondo ebraico che hanno altri Paesi, come la Francia e la Spagna. Con loro oggi andiamo a braccetto incamerati nella maggioranza automatica islamica, con Ahmadinejad alla testa e con Chavez e altri eroi terzomondisti a fianco. L’incredibile scelta di Palazzo Chigi, pura prepotenza politica e certo non tecnica, distrugge le nostre possibilità, fino a oggi molto buone, di fungere da mallevadori di una pace vera, di quelle che si fanno fra nemici, seduti a un tavolo, di quelle che decidono confini sicuri, da cui non si possa sparare sull’aeroporto Ben Gurion, che obbligano i palestinesi a rinunciare all’incitamento antisemita e filoterrorista (basta guardare su internet Palestinian Media Watch) che i giornali e le tv di Abu Mazen dedicano agli ebrei. Adesso avremo nuovi amici, ne siamo contenti? Siamo lieti della spaccatura con gli Usa, con l’Australia, col Canada, con altri pochi coraggiosi che sanno dire no alla retorica e che puntano a una vera pace? Qui non ci sarà nessuno Stato, ma un’entità il cui sogno è solo quello di trascinare Israele, forte del suo nuovo ruolo, come annunciato, al Tribunale internazionale per farne uno Stato canaglia da distruggere. Non ci sarà uno Stato anche perché Hamas regna su Gaza e ha anche vinto le elezioni in tutte le città importanti dell’Autorità palestinese: la new entry all’-Onu può presto cadere nelle mani di un’organizzazione terrorista. Monti doveva forse farsi guidare dai suoi sentimenti democratici di cui non dubito, ma in lui non ha vinto l’ideale. C’è da capire ancora che cosa l’abbia trascinato verso il fronte anti istituzionale e ideologico. Chi, che cosa? Bersani che, con la sua campagna elettorale di sinistra, ha richiesto esplicitamente nel dibattito delle primarie la posizione poi assunta da Monti? Il Qatar, appena visitato, che può spargere oro anche sulla nostra boccheggiante economia? L’Europa? Che, quando ci allineiamo, ecco dove ci porta: al peggiore conformismo, alla rottura delle regole democratiche, all’abbandono dei nostri alleati,alla spaccatura con gli Stati Uniti. www.fiammanirenstein.com
Il FOGLIO – Carlo Panella : ” L’isolamento di Bibi “
Carlo Panella
Roma. “Non cambierà nulla sul terreno”. La valutazione di Bibi Netanyahu sul voto dell’Onu che riconosce alla Palestina lo status di stato osservatore è sconcertante due volte. Innanzitutto perché è evidente che il voto di Francia, Spagna, Austria, Portogallo, India, Brasile – e persino dell’Italia – al fianco dei paesi da sempre nemici di Israele segna un suo clamoroso indebolimento politico sulla scena internazionale. Sconcerto doppio se si pensa che probabilmente Netanyahu crede veramente a questa affermazione senza senso. Forse privo di effetti concreti sulle trattative di pace, questo voto infatti cambia molto “sul terreno”, perché evidenzia e cristallizza la solitudine di Israele alla vigilia del possibile strike contro l’Iran. Elemento strategicamente rilevante, dal momento che questa solitudine non attiene solo alla sfera mediatica o politica, ma è elemento costitutivo della debolezza o della forza militare di Israele (che ha sempre vinto le sue guerre nel 1948, nel 1956 e nel 1967 innanzitutto con la sua forza morale, ma anche grazie alle determinanti e strategiche forniture militari di alcuni paesi europei). La reazione certa iraniana e islamica all’eventuale suo strike vedrà dunque Gerusalemme pagare il prezzo concreto di questo isolamento. Ed è proprio questo il punto centrale della situazione drammatica in cui si trova Israele oggi: è fin troppo forte la sua componente di opinione pubblica – e quindi di partiti – che ritiene inevitabile e insuperabile la “solitudine” di Israele. Una posizione radicalmente sbagliata a prescindere da ogni valutazione etica o politica alla Amos Oz, David Grossman o Abraham Yehoshua. La solitudine oggi voluta e ricercata da tanti israeliani è infatti perdente proprio sul piano militare, a livello di scenario bellico strategico. Una qualsiasi reazione islamica allo strike contro il nucleare di Teheran con un’Europa e un occidente ben contenti che Gerusalemme abbia scelto la strada della solitudine, avrà un effetto diverso da quello che avrebbe con un’Europa e un occidente politicamente e fattualmente schierati al suo fianco. La riprova del grande peso che ha sul profilo fattuale questo crescente isolamento “post strike” è nella contrarietà al suo dispiegamento, sempre più marcata (sino a coinvolgere Ehud Barak) proprio in larga parte dei generali israeliani. Nonostante questo, Netanyahu quasi nulla ha fatto sul dossier Onu da due anni a questa parte, così come ha subìto il rifiuto di Lieberman di siglare una pacificazione con la Turchia – già concordata – sul caso Mavi Marmara, espressione del costo strategico della perdente esaltazione della solitudine israeliana. Una riprova c’è: nel 2003 la flotta turca ha difeso le coste di Israele da una possibile ritorsione missilistica di Saddam. Passati nove anni, la perdita del fondamentale – sotto il profilo militare – alleato turco è il sintomo della totale sottovalutazione del rilievo strategico di quella alleanza da parte di Netanyahu. Inoltre, per la prima volta nella storia, Gerusalemme poteva contare su un presidente francese, Nicolas Sarkozy, gollista ma smaccatamente filo israeliano, a differenza dei suoi predecessori. Netanyahu è riuscito a perdere a tal punto la fiducia del presidente francese che quest’ultimo sussurrò a Obama: “Bibi è un bugiardo, non ne posso più!”. E ora, la principale potenza del Mediterraneo si schiera compatta – da destra a sinistra – al fianco di Abu Mazen. D’altronde, quante visite di stato ha compiuto Netanyahu in Europa per spingerla quantomeno a un’astensione? Sono tanti i leader europei che il premier israeliano avrebbe potuto trascinare in una difesa attiva in sede Onu delle proprie e fondate ragioni: Giorgio Napolitano è uno tra i tanti. L’unico suo interlocutore è stato invece Barack Obama, con esiti negativi (per colpa del presidente americano, va detto). Lieberman, poi, è considerato da molte cancellerie occidentali (anche filo israeliane) irricevibile quale ministro degli Esteri, per la grossolanità delle sue posizioni e dei suoi modi, sì che il suo ruolo è stato supplito da Ehud Barak e Shimon Peres. Ma Netanyahu ha valutato preminenti le ragioni di piccolo cabotaggio ministeriale interno rispetto all’effetto negativo di questa sua scelta sul piano internazionale. Si è così realizzato il paradosso: sul dossier Onu il principale alleato involontario di Abu Mazen è stato Bibi Netanyahu.
L’OPINIONE – Stefano Magni : ” Il voto dell’Italia all’Onu “
Stefano Magni
L’Italia ha votato “Sì” al riconoscimento della Palestina. Chi l’aveva mai detto che un governo di “tecnici”, non potesse prendere decisioni strategiche sulla politica internazionale? L’ha presa eccome. La prima reazione, ieri, è stata quella di giubilo della rappresentanza palestinese a Roma. A cui segue, subito dopo, quella di profondo sconforto dell’ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon: «Siamo molto delusi dalla decisione dell’Italia, uno dei migliori amici di Israele, di sostenere l’iniziativa unilaterale dei palestinesi alle Nazioni Unite – ha dichiarato il diplomatico – tale iniziativa indebolisce le relazioni tra israeliani e palestinesi fondate sugli Accordi di Oslo». Infatti, come spiega Gilon: «Dopo quattro anni in cui i palestinesi hanno rifiutato di tornare al tavolo negoziale, assistiamo ora al tentativo palestinese di influenzare i risultati dei negoziati stessi per mezzo di istituzioni internazionali. Questa mossa, non soltanto non migliorerà la situazione sul terreno, ma aumenterà le preoccupazioni di un ritorno alla violenza e, soprattutto, allontanerà le prospettive di pace». Eppure, se leggiamo le ragioni del “sì” italiano, troviamo proprio tutti i capisaldi e le parole d’ordine dell’infinito “processo di pace”. La presa di posizione italiana, spiega il premier Mario Monti in una nota rilasciata ieri da Palazzo Chigi: «…non implica nessun allontanamento dalla forte e tradizionale amicizia nei confronti di Israele. «Tale decisione – si legge nella nota – è parte integrante dell’impegno del Governo italiano volto a rilanciare il Processo di Pace con l’obiettivo di due Stati, quello israeliano e quello palestinese, che possano vivere fianco a fianco, in pace, sicurezza e mutuo riconoscimento». Questo in teoria. Ma dove sono “pace, sicurezza e mutuo riconoscimento”? Oltre al mancato ritorno al tavolo negoziale dei palestinesi, non si può dimenticare che, a Gaza, è appena finito (o meglio: è appena stato sospeso da una tregua) un conflitto durato otto giorni e provocato da continui lanci di razzi su città israeliane. Decidere di riconoscere la Palestina proprio in un momento come questo, dunque, non è una gran dimostrazione di tatto diplomatico nei confronti di Israele. Perché sembrerebbe proprio un premio, in sede Onu, a chi aggredisce lo Stato ebraico. Hamas non è l’Autorità Palestinese (Anp), si dirà. E un riconoscimento internazionale dell’Anp, che governa sulla sola Cisgiordania, potrebbe addirittura isolare Hamas e premiare gli sforzi negoziali (che non ci sono) dell’autorità di Ramallah. «In coordinamento con altri partner europei, ha in parallelo chiesto al Presidente Abbas di accettare – si legge nella nota di Palazzo Chigi – il riavvio immediato dei negoziati di pace senza precondizioni». In un mondo ideale andrebbe così. Ma nel mondo reale, che cosa ha mai fatto l’Anp, in tutti questi anni, per fermare, o almeno scoraggiare, i continui atti di terrorismo e la costante pioggia di razzi lanciati da Hamas? Assolutamente nulla. Anzi: condannando ufficialmente i raid israeliani, l’Anp ha finito per giocare il ruolo di portavoce del regime islamico di Gaza, nonostante il conflitto (con decine di vittime nel 2007) fra Fatah (al governo, a Ramallah) e Hamas. Nell’aprile scorso, è stata l’autorità di Ramallah a chiedere alla Corte Penale Internazionale di aprire una procedura contro Israele per l’Operazione Piombo Fuso del 2008-2009. In quest’ultimo conflitto, l’Anp si è astenuta dal combattere Israele. Ufficialmente. Ma chi è stato il primo a rivendicare l’attentato a un autobus di Tel Aviv, una settimana fa, proprio nel giorno in cui si discuteva la tregua a Gaza? Non Hamas, bensì le Brigate Martiri di Al Aqsa, che sono emanazione di Fatah. Dunque del partito al potere nell’Anp. Vatti a fidare… Cosa sta facendo l’Anp per rafforzare la tregua a Gaza? Sta tornando a ventilare (sempre informalmente) l’ipotesi di riportare il caso dei “crimini israeliani” a cospetto della Corte Penale Internazionale. Finora non lo poteva fare perché l’Anp era “entità” e non “Stato”. Ed è questo il motivo del fallimento del suo primo tentativo, fatto lo scorso aprile. In qualità di “Stato osservatore” all’Onu, invece lo potrebbe fare. Il governo italiano è consapevole che il riconoscimento palestinese possa essere usato strumentalmente, proprio in questo modo. E dunque, Roma chiede a Ramallah: «di astenersi dall’utilizzare l’odierno voto dell’Assemblea Generale per ottenere l’accesso ad altre Agenzie Specializzate per adire la Corte Penale Internazionale o per farne un uso retroattivo». L’Anp ha promesso di astenersi. Per ora. Ma i “crimini” a Gaza interessano meno, nell’immediato. Il problema si ripresenterà nei prossimi mesi, piuttosto, quando Ramallah cercherà di dimostrare al mondo la sua teoria della cospirazione per eccellenza: quella secondo cui sarebbero stati gli Israeliani (e non una malattia o qualcun altro) ad uccidere Yassir Arafat. In quel caso, allora, stando agli stessi palestinesi che stanno conducendo le indagini, la Palestina potrebbe far ricorso alla Corte dell’Aia. E chi potrebbe impedirglielo, a quel punto? Se non ci sono garanzie per un ritorno al processo di pace, né ci saranno più possibilità di impedire un uso strumentale del nuovo status palestinese all’Onu, perché il governo Monti è stato così deciso a dare il suo assenso al riconoscimento della Palestina? È l’Europa che ha fatto pressioni? Non si direbbe, considerando che, nel momento in cui il governo italiano dichiarava la sua scelta, solo Francia, Spagna, Irlanda, Grecia, Danimarca, Svizzera e Islanda (le ultime due non sono nemmeno membri dell’Ue) avevano preannunciato il voto positivo. La Germania, dopo aver dichiarato il “no”, si era riposizionata sull’astensione, così come Regno Unito, Olanda e Repubblica Ceca. Il voto italiano non è stato condizionato neppure dagli Stati Uniti di Barack Obama, che hanno sempre manifestato apertamente la loro contrarietà. Quella italiana, dunque, non è una scelta indotta, ma una presa di posizione assolutamente autonoma. In un momento in cui i mass media e l’opinione pubblica italiana continuano a guardare con favore alla Primavera Araba e credono fermamente che leader integralisti islamici (quali Morsi in Egitto e Gannouchi in Tunisia) siano dei pragmatici uomini di governo democratici, quando il futuro, secondo tutti gli analisti, è nella sponda Sud del Mediterraneo e non Israele (l’unica vera democrazia del Medio Oriente) il riconoscimento della Palestina diventa un “segno dei tempi”. Tempi violenti? Quasi certamente. Ma lo scopriremo solo quando sarà troppo tardi.
INFORMAZIONE CORRETTA – Piera Prister : ” L’ONU approva Abu Mazen e L’Europa da’ di nuovo Israele in pasto al coccodrillo nazi-islamista “
Piera Prister
Abu Mazen presidente dell’Autorita’ Palestinese, ieri, 29/11/2012, al Palazzo di Vetro di New York, con un discorso definito ostile e velenoso dal premier israeliano Bibi Netanyahu, ha chiesto ai membri dell’ONU di elevare la Palestina a stato non membro osservatore. La richiesta e’ passata con 138 voti a favore, 9 contro e 41 astensioni. L’Italia considerata finora paese amichevole dalla stampa israeliana, ha votato a favore, come molti paesi europei. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Ron Prosor ha commentato alla stampa che con questo voto la Comunita’ Internazionale chiude un occhio sugli accordi di pace International Community is turning a blind eye to peace agreement. Si allontana cosi’ sempre di piu’ la speranza di pace fra Israele e una Palestina che e’ mal rappresentata da un presidente come Abu Mazen, falsa colomba che ancora una volta non adempie ai prerequisiti di pace, di democrazia, di legalita’ e di giustizia.
A Palestinian Flanking Maneuver questa e’ la definizione azzeccata che il giornalista Robert B. Barnidge del WSJ da’ di Abu Mazen, alias Mahmoud Abbas che si e’ ripresentato a fare richieste all’ONU, oggi 29 novembre – a memoria della spartizione of Mandatory Palestine avvenuta nel 1947 in due stati sovrani, uno assegnato ad Israele che l’accetto’ e l’altro al popolo arabo che non l’accetto’- ed e’ anche giornata di solidarieta’ con il popolo palestinese indetta dall’ONU. Con una nuova strategia il faccendiere ha chiesto all’Assemblea Generale il riconoscimento della Palestina non piu’ come stato membro – e’ stata questa una richiesta ritirata all’ultimo l’anno scorso, al Consiglio di sicurezza per evitare il veto degli USA- ma come stato non membro osservatore che gli dara’ il diritto di partecipare a commissioni e mozioni contro Israele per bloccare i lavori di espansione abitativa a Gerusalemme Est e per incriminare su questa base lo stato ebraico alla Corte dell’Aja. Abu Mazen oggi ha sferrato non un attacco frontale quindi, ma uno laterale, un qualcosa di ibrido di cui Abu Mazen, alleato del governo di Hamas -che recentemente ha osato lanciare missili su Tel Aviv e su Gerusalemme, si fara’ forte contro Israele, perche’ ritorni ai confini di prima del ’67. ( Una richiesta appoggiata anche dal presidente Obama).Il mondo dovrebbe considerare Abu Mazen come a Man of Terrorism come ha dichiarato il ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman che giorni fa auspicava l’indizione di nuove elezioni in West Bank perche’Abu Mazen e’ oltretutto un politico che, preso com’e dall’odio contro Israele, opera contro il suo stesso popolo. Un uomo infido proprio perche’ la comunita’ internazionale lo considera come legittimo rappresentante del popolo palestinese, molto piu’ temibile di Ismail Hanieh che amministra Gaza Strip e che e’ apertamente un terrorista. I due possono odiarsi visceralmente e farsi guerra quanto vogliono, ma diventano fratelli quando si tratta di distruggere Israele.
D’altronde cosa ci si potrebbe aspettare di buono dai paesi della Lega Araba o da quelli dell’Unione Africana che eguagliano il sionismo al razzismo come espresso nella Risoluzione dell’ONU 3379. Aban Eban epitomizzo’bene l’odio che circolava e circola contro Israele all’ONU con quella eloquente locuzione: “Se per esempio l’Algeria inserisse nell’ordine del giorno all’ONU una risoluzione secondo cui la terra e’ piatta, e che e’ Israele ad averla appiattita, tale risoluzione passerebbe con 164 voti a favore, 13 contro e 26 astensioni”. Si dovrebbe rescindere quell’odiosa ed ingiusta risoluzione per dare un colpo ai Paesi Arabi come gia’ aveva iniziato Bush padre e proseguito con Bush figlio. Ora con il presidente Obama la musica e’ cambiata, anche lui agisce contro Israele da dietro le quinte, come quando fa dire alla sua portavoce Victoria Nuland di non dare una risposta quando nelle conferenze stampa le chiedono qual e’ la capitale d’Israele. Perche’ il contenzioso e’ su Gerusalemme. Anche in Italia, perche’ il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli non licenzia i suoi giornalisti quando asininamente scrivono a proposito del governo di Tel Aviv piuttosto che del governo di Gerusalemme. Ma che bravi, da quale parte stanno!
Con il voto di oggi all’ONU si riconferma l’isolamento di Israele che non vede riconosciuto dalla Comunita’ Internazionale e dalla vecchia infida Europa dove l’antisemitismo e’ in aumento, nemmeno il piu’ elementare diritto all’esistenza e alla difesa. Hanno calato la maschera anche i falsi amici di Israele, finalmente li possiamo guardare in faccia che, come l’Italia si battono il petto solo nel giorno della Rimembranza della Shoah, e nei rimanenti 364 giorni la pugnalano alle spalle. Ecco a che cosa e’ servito il viaggio del 17 luglio 2012 in Italia di Abu Mazen, ricevuto in pompa magna al Quirinale dal presidente Giorgio Napolitano e e a palazzo Chigi dal PM Mario Monti, ma silenziato sui nostri giornaloni di carta straccia. Non e’ cambiato nulla: oggi come ieri, uno dopo l’altro,sono tanti furbi Chamberlain che pensano d’aver salva la vita, dando in pasto Israele al coccodrillo islamista. Ma vatti a fidare della belva, la storia ci ha insegnato a non fidarcene!
AMBASCIATA d’ISRAELE in ITALIA – ” Dichiarazione rilasciata dal Primo Ministro Binyamin Netanyahu ”
Bibi Netanyahu
Dichiarazione rilasciata ieri (29 nov.) dal Primo Ministro Binyamin Netanyahu al Begin Heritage Center:
Israele è pronto a vivere in pace con uno stato palestinese, ma perché la pace perduri dev’essere garantita la sicurezza di Israele. I palestinesi devono riconoscere lo Stato Ebraico e devono essere pronti a porre fine al conflitto con Israele una volta per tutte. Nessuno di questi interessi vitali, interessi vita-li di pace, nessuno di essi compare nella risoluzione che sarà inoltrata oggi all’Assemblea Generale, e per questo Israele non può accettarla. L’unica via per conseguire la pace è attraverso accordi raggiunti direttamente dalle parti; attraverso validi negoziati tra di loro, e non mediante risoluzioni Onu che ignorano com-pletamente i vitali interessi nazionali e di sicurezza d’Israele. Poiché questa risoluzione è talmente unilaterale e parziale, essa non fa avanzare la pace, bensì la fa regredire. Quanto ai diritti del popolo ebraico in questa terra, io ho un semplice messaggio per le persone riuni-te oggi all’Assemblea Generale: nessuna decisione dell’Onu può spezzare il legame di 4000 anni fra il popolo d’Israele e la terra d’Israele.
FEDERAZIONE delle ASSOCIAZIONI ITALIA-ISRAELE – Carlo Benigni: ” Comunicato Italia-Israele voto italiano all’ONU 29 novembre 2012″
Carlo Benigni
La Federazione Associazioni Italia-Israele non condivide la decisione del Governo italiano di votare a favore della richiesta di riconoscimento della Palestina come Stato non membro osservatore permanente all’Assemblea delle Nazioni Unite. La prospettiva della costituzione di due Stati per due popoli può essere realizzata solo attraverso una trattativa diretta tra le parti, che prenda le mosse dagli accordi di Oslo e garantisca la sicurezza dello Stato ebraico, che non sarebbe tutelata se si tornasse ai confini del 1967. Dal 1948 ad oggi, Israele ha vinto tutte le guerre dichiarate dai paesi arabi per distruggerla; preso atto dell’impossibilità di una soluzione militare, i responsabili palestinesi hanno scelto la via della delegittimazione di Israele sul piano internazionale. Il riconoscimento di un inesistente Stato palestinese da parte delle Nazioni Unite, la cui Assemblea è controllata da una maggioranza pregiudizialmente ostile ad Israele, non agevola il processo di pace ed è un mezzo propagandistico per rinviare le necessarie scelte concrete da parte dell’Anp al fine della costituzione di uno Stato palestinese.
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