Qualche ragionamento a mente fredda su Gaza.
Testata: Informazione Corretta Data: 18 novembre 2012 Autore: Ugo Volli .
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli.
A sinistra, Hamas bombarda dai centri abitati per colpire e ammazzare israeliani innocenti. L’IDF mira esclusivamente ai terroristi che sparano contro le città israeliane.
I civili israeliani sono il bersaglio di Hamas
‘Ma vi abbiamo dato terra in cambio di pace’. ‘Vogliamo anche quel pezzo!’
Cari amici,
siamo arrivati al quinto giorno dell’operazione che in ebraico si chiama “Colonna di fumo” e nelle lingue occidentali “pilastri di difesa” (A proposito, vi siete chiesto da dove viene il nome? E’ una citazione dalla Bibbia, nell’Esodo la presenza divina si manifesta con una colonna di fumo di giorno e di fuoco di notte che guida gli spostamenti del popolo ebraico; solo una volta si mette in coda, per difendere gli ebrei dagli attacchi del Faraone – e questo è il caso da cui viene il nome). Siamo arrivati al quinto giorno, si parla di una tregua che dovrebbe essere promossa da quei mediatori imparziali che si chiamano Egitto, Turchia e Qatar, ma per il momento i combattimenti vanno avanti. Vale la pena di fare una riflessione.
Perché Israele ce l’ha con i poveri gazani? Per cattiveria, naturalmente – sono ebrei. Di questo è convinto mezzo mondo, è il caso di tenerne conto. Ma a parte questo, perché? Perché Israele si ostina a bombardare Gaza e non, per esempio, Ramallah, che pure sta stracciando i patti di Oslo con la sua domanda di ammissione all’Onu? Perché non il Libano, dove pure gli Hezbollah lo maledice un giorno sì e l’altro pure? Perché ha (forse) bombardato una fabbrica d’armi in Sudan un paio di settimane fa e non se la prende con l’Egitto o con la Siria o con l’Iraq, che sono altrettanto – diciamo – antisionisti?
La ragione è semplice. Finora né da Ramallah né dall’Egitto (dall’Egitto ufficiale, non dai terroristi del Sinai che in qualche modo il governo egiziano cerca di contenere) e neppure dal Libano o dall’Iraq si spara contro Israele. Israele fa la guerra a Gaza per la semplice ragione che Gaza fa la guerra a Israele. La fa da anni, continuamente, secondo dinamiche e misure variabili per ragioni più o meno chiare. In totale sono stati sparati contro Israele negli ultimi anni più di 12.000 razzi Qui (http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_Palestinian_rocket_attacks_on_Israel) trovate la lista pura e nuda, qui una cronaca più articolata (http://en.wikipedia.org/wiki/Palestinian_rocket_attacks_on_Israel) e qui (http://qn.quotidiano.net/esteri/2012/11/17/803926-striscia-gaza-sigle-nomi-gruppi-armati-militari.shtml) l’elenco dei vari gruppi che sparano. Non si tratta di una “spirale di violenza” come scrivono i giornali italiani. Si tratta di una strategia politico-militare da parte di questi gruppi che hanno un obbiettivo chiarissimo: la “riconquista” della “Palestina” per mezzo di una guerra di popolo di lunga durata, per usare la definizione di Mao.
Ma non sarà Israele che vuole invece, imperialista com’è, conquistare la povera Gaza, magari per farne “colonie”? Be’, guardate i fatti. Fra il ’67 e il 2005 Israele a Gaza c’era (e si viveva meglio, sia i gazani che avevano lavoro, sia gli israeliani che non venivano bombardati). Gaza fra l’altro era un antichissimo insediamento ebraico, ne parla la Bibbia, c’era una notevole comunità ebraica con un centro cabalistico anche durante i secoli dell’occcupazione islamica. Fino a sette anni fa c’erano anche le “colonie”, cioè dei villaggi che coltivavano la terra che oggi è incolta, traendone le più belle primizie di Israele. Poi Sharon decise per ragioni demografiche e strategiche che era bene ritirarsi da Gaza, vinse le resistenze di chi ci abitava e da un bel giorno, esattamente il 12 settembre 2005, non ci fu neppure un soldato israeliano a Gaza (a parte il sergente Gilad Shalit, che ci ha abitato oltre cinque anni, ma diciamo non per sua scelta). I gazani e Hamas che li domina in maniera molto dura (ma a suo tempo l’hanno anche votato) avevano tutta la possibilità di trasformare la Striscia in un posto normale: potevano fare l’agricoltura come i “coloni” prima di loro, o costruire industrie con i miliardi di dollari di aiuti che hanno ricevuto, o farne una sorta di Singapore del Mediterraneo, una città stato di traffici e di turismo.
Invece la trasformarono in una caserma, in una base logistica militare, in una piattaforma di lancio. Si calcola che Hamas abbia oggi 10 mila missili; sono uno ogni centocinquanta persone, come se in Italia ci fossero quattrocentomila missili, decine di milioni di militari, migliaia di basi armate. Questi missili, come vi ho detto, non sono rimasti lì, sono cresciuti negli anni in quantità e qualità, dai piccoli Qassam ai grandi Fajr sparati nei giorni scorsi contro Tel Aviv e Gerusalemme, sono stati usati in ogni occasione possibile. Questo fra l’altro induce a pensare a che cosa potrebbe accadere in “Cisgiordania”, se Israele, seguendo le pressioni di mezzo mondo, facesse la stessa mossa, sgomberasse i propri cittadini (“coloni”) e lasciasse il pallino in mano ai Palestinesi: vogliamo scommettere che si ripeterebbe la situazione di Gaza e del Libano del Sud?
Al di là della ricostruzione cronologica di ogni incidente e anche delle due gradi operazioni (Piombo fuso di quattro anni fa a questa), c’è un dato strategico ovvio: Israele ha rinunciato a Gaza, se n’è andato, non ha interesse a “occuparla”, vorrebbe lasciarla in pace ed esserne lasciato in pace, come fa con tutti i suoi vicini che pure non gli vogliono proprio bene. Israele a Gaza come altrove, vuole mantenere lo stato di fatto, è disposto anche a fare sacrifici territoriali, come è accaduto più volte. Hamas e i gruppi che lo affiancano e gli fanno concorrenza hanno l’interesse opposto: vogliono la guerra e la fanno come possono e come sanno: con gli attentatori suicidi se ne hanno il modo (e minacciano di ricominciare: http://www.jpost.com/Defense/Article.aspx?id=292337), coi rapimenti, coi razzi, coi mortai, con le imboscate… Sono loro che vogliono “cacciare gli ebrei” o magari ammazzarli tutti, come fa capire lo statuto di Hamas (http://www.fas.org/irp/world/para/docs/880818a.htm).
Ultima considerazione: Ma ce l’ha così tanto coi gazani, Israele? In cinque giorni di operazioni, ci sono state circa mille missioni di bombardamento, fatte dagli aerei, mirando bene, come si vede dai numerosi video che sono circolati sul web, non certo sparando a casaccio. Be’, secondo i calcoli di Hamas, i morti sono stati una quarantina, uno ogni venticinque attacchi. In cambio sappiamo bene chi c’è fra questi morti: il comandante militare di Hamas, il responsabile della sua missilistica, il capo del contrabbando di armi ecc. Si trovano tutti citati per nome e cognome su Internet. Certamente ci sono state anche delle vittime involontarie, come in tutte le guerre, gente che si è trovata accanto ai comandanti nemici nel mirino, o che sono state usate come scudi umani. Ma è la scarsità di vittime che fa impressione, non la loro esistenza.
E nel frattempo Israele ha distrutto buona parte dell’apparato militare di Hamas, i suoi sistemi sotterranei di lancio, i suoi depositi di missili: anche in questo caso con straordinaria precisione e con pochissime vittime. Di vittime ce ne sarebbero state tantissime invece da parte israeliana se il sistema difensivo antimissile Iron Dome non avesse intercettato l’80 per cento dei circa 300 missili che in questi giorni Hamas è riuscito a sparare indiscriminatamente sulle città (altri 600 circa sono finiti in mare o nei campi vuoti). E se non ci fossero stati i rifugi, le stanze blindate, i sistemi di allarme.
Insomma, non è proprio vero che per il momento Israele stia facendo la guerra a Gaza, con l’intenzione di distruggerla e di uccidere la gente. Tutto il contrario. Per ora si tratta di un’operazione estremamente misurata, attentamente calcolata, davvero millimetrica, che mira a tagliare le unghie a Hamas. Poi però, come si è visto negli scorsi quattro anni, queste unghie ricrescono, abbondantemente alimentate dal contrabbando (ecco perché il blocco navale, per rendere questa crescita almeno un po’ più lenta e difficile) e sempre più lunghe, perché i missili che arrivano sono sempre più potenti. Quindi Israele si trova di fronte alla scelta se pensare che queste operazioni di taglio delle unghie si debbano ripetere ciclicamente, sempre più difficili e costose; oppure se affrontare il prezzo politico e militare di spiantare il regime di Hamas da Gaza, con un’operazione di terra certamente non facile. Vedremo nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore, che cosa deciderà.
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