Testata:Il Foglio-Corriere della Sera-La Repubblica-L’Unità-Il Fatto Autore: Foglio Radazione-Valeria Mazza-Antonello Guerrera-Umberto De Giovannangeli-Stefano Citati Titolo: «Ecco perchè la linea rossa di Netanyahu all’Onu si misura in chili-Boom di caricature in Rete per Netanyahu-Voterò per Barack ma sono in ansia per Israele, in gioco la sua sopravvivenza» //*IC*

L’intervento di Netanyahu all’Onu è oggi , 29/09/2012,la notizia più commentata sui quotidiani italiani. Magistrale il commento del FOGLIO, a pag.3, con il titolo “Ecco perchè la linea rossa di Netanyahu all’Onu si misura in chili”. Il CORRIERE della SERA sceglie invece di dare più spazio al disegno mostrato da BIbi alla platea dell’Onu, nel quale viene mostrata la linea rossa nella giusta posizione,e che ha scatenato internet con interpretazioni ironiche di un fatto invece molto serio, la distruzione di un paese, Israele, da parte di un altro, l’Iran. Noi non ne siamo indignati, anzi. Amiamo l’ironia, a differenza dei fanatici fondamentalisti islamici, il fatto che Bibi venga disegnato con il viso di Wile  Coyote non ci crea nessun problema. Servirà a trasmettere il suo messaggio ad una audience ancora più vasta della tribuna dell’Onu. Da REPUBBLICA, a pag.20, con il titolo “Voterò per Barack ma sono in ansia per Israele, in gioco la sua sopravvivenza”,una intervista di Antonello Guerrera allo scrittore ebreo-americano Nathan Englander, campione perfetto di quella intellighenzia occidentale che è sì dalla parte di Israele, ma che ritiene Obama il presidente giusto per sostenere le ragioni dello Stato ebraico. Noi diciamo ‘ da questi amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io’ Qualche riflessione poi su due giornali, l’UNITA’ e il FATTO, da leggere a fondo pagina. Ecco gli articoli:

Il Foglio: ” Ecco perchè la linea rossa di Netanyahu all’Onu si misura in chili”

Roma. “This is a bomb. This is a fuse”. Poi con un pennarello, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, davanti alla platea dell’Onu a New York, ha tracciato una linea rossa sul disegno in stile fumetto di una bomba atomica. Ha scandito che gli iraniani sono già al settanta per cento del lavoro e che potrebbero finire entro la prossima primavera. Sta diventando “tardi, molto tardi” per fermare la minaccia iraniana, ha detto Netanyahu. C’è chi ha paragonato la performance di Netanyahu all’Onu a quella di Colin Powell che agita di fronte agli occhi del mondo la fiala di antrace che avrebbe dovuto dimostrare l’esistenza di armi biochimiche negli arsenali iracheni. Altri hanno evocato il famoso discorso del 1962 con cui Adlai Stevenson, rappresentante all’Onu della presidenza Kennedy, mostrò le fotografie scattate da aerei americani che mostravano rampe missilistiche sovietiche a Cuba. Di certo per la prima volta dal 1993, quando l’allora primo ministro Yitzhak Rabin ordinò ai suoi di aprire il dossier Iran, un leader israeliano ha posto un drammatico ultimatum agli ayatollah. La tensione fra l’Amministrazione Obama e il governo israeliano, che era arrivata a livelli imbarazzanti nelle settimane precedenti al discorso all’Onu, sarebbe stata disinnescata da un incontro segreto che gli inviati di Netanyahu e di Obama hanno organizzato a ridosso dello speech all’Onu. A rappresentare il presidente americano c’era il suo consulente sulla proliferazione nucleare, Gary Samore, mentre Netanyahu ha inviato il suo capo della sicurezza nazionale, generale Yaakov Amidror. Gli israeliani avrebbero concesso agli Stati Uniti tempo fino a marzo, come lascia intendere il discorso di Netanyahu? Molte le interpretazioni. C’è chi parla di un diversivo israeliano e del fatto che ormai Gerusalemme non si fida più di alcuna linea rossa, visto che l’Iran ne ha violate ben sei durante le Amministrazioni Clinton, Bush e Obama. Il New York Times scrive che nonostante la linea rossa tracciata da Netanyahu all’Onu, Israele ha fatto un’importante concessione a Washington. Ne parliamo con due fra i maggiori esperti israeliani. “Quando l’Iran avrà accumulato abbastanza uranio per assemblare una bomba, Israele dovrà attaccare”, dice al Foglio Ron Ben-Yishai, veterano del giornale Yedioth Ahronoth e giornalista fra i più addentro all’intelligence ebraica. Lui è “il” giornalista della sicurezza israeliana, da quarant’anni decano dei corrispondenti militari, immortalato nel film “Valzer con Bashir” e l’unico giornalista che abbia visitato il reattore nucleare vicino a Damasco il giorno dopo che era stato distrutto da Israele. “Il rapporto dell’Aiea citato da Netanyahu indica che nel febbraio 2013 l’Iran avrà raggiunto la completa capacità nucleare, ovvero avrà i componenti e il materiale per assemblare una bomba”, prosegue Ben-Yishai. “Questa è la posizione scandita da Netanyahu. Il primo ministro israeliano è molto fermo sulla necessità di fermare gli iraniani, con o senza gli Stati Uniti, ma preferibilmente con loro. A oggi non c’è alcun accordo con gli americani per una joint-line, ma le possibilità che Israele lanci un attacco prima delle elezioni statunitensi sono molto ridotte. La tensione tornerà forte nel marzo 2013”. Yoel Guzansky pensa che un agreement con Washington sia stato effettivamente sancito in vista dell’ultimatum israeliano all’Onu. “Israele è molto più vicino all’Iran degli Stati Uniti e la sua linea rossa è ovvia che sia più rigida”, ci dice Guzansky, uno dei massimi esperti d’Iran e direttore della sezione iraniana dell’Institute for National Security Studies di Tel Aviv, il maggiore pensatoio per la sicurezza nazionale dello stato ebraico. “Inoltre Stati Uniti e Israele hanno capacità militari differenti. Netanyahu all’Onu però ha portato la linea rossa israeliana più vicina a quella americana. Adesso si parla della primavera come data di un conflitto possibile. Restano le differenze. Israele non permetterà agli iraniani di diventare neppure uno ‘stato threshold’, ovvero sul punto di nuclearizzarsi come il Giappone. Gran parte delle analisi sul programma nucleare iraniano si basa infatti su due scenari estremi: un Iran che si dota di armi atomiche o una sua capitolazione sotto la pressione internazionale. C’è una terza opzione: uno stato che potrebbe costruire la bomba ma decide di non farlo. Perché questa opzione sarebbe così pericolosa? Perché l’Iran si riserverebbe il diritto di armarsi non appena le condizioni sono ottimali. Come stato prenucleare, l’Iran godrebbe poi di un certo livello di immunità da un attacco”. Per questo Israele non si fida della promessa americana di identificare in tempo il fatidico punto di non ritorno del programma iraniano. “L’intelligence ha già fallito sulla Corea del nord. Quando Obama chiedeva a Israele di dare più tempo alla diplomazia voleva dire: ‘Non attaccate prima delle elezioni’. Nei prossimi mesi vedremo molta preparazione militare da parte degli Stati Uniti e di Israele”. Secondo Ben-Yishai la questione delle linee rosse è decisiva per capire l’accordo che Israele cerca con gli Stati Uniti. “L’arricchimento dell’uranio in Iran è monitorato dall’Onu, ma può essere nascosto anche in piccoli siti. Per questo non è certo che l’intelligence sarà in grado di identificare la produzione di una testata militare. Per questo Netanyahu ha fissato la linea rossa sotto la fase finale della bomba. Anche gli americani hanno la loro linea. Obama non la esprime in pubblico, ma le fonti a Washington la conoscono bene. Per gli americani la red line è l’arricchimento dell’uranio al 93 per cento oppure un ordine dell’ayatollah Ali Khamenei di assemblare la bomba. Adesso Netanyahu sta dicendo agli americani: ‘Lavoriamo sulle differenze fino a che non concorderemo sul fatto che non c’è altra scelta di attaccare l’Iran’”.

Corriere della Sera-V.Ma. ” Boom di caricature in Rete per Netanyahu “

«Volete sapere quanto è vicino l’Iran alla bomba? Guardate questo diagramma…». Il disegno mostrato all’Assemblea generale dal premier israeliano Benjamin «Bibi» Netanyahu doveva far cogliere appieno ai leader mondiali i rischi insiti nel programma nucleare di Teheran. Questa almeno era l’idea degli «stretti consulenti» che per giorni gli avevano sottoposto «diagrammi» diversi. L’attenzione, in effetti, non è mancata. Decine di migliaia di commenti in pochi minuti hanno inondato Twitter. Su questo tono: «Se Wile Coyote mette le mani su quei piani, Bip Bip è fritto», ha scritto il New Yorker. E dopo i tweet, decine di caricature in Rete. I sostenitori di Bibi insistono che il «diagramma» è stato un successo: l’obiettivo era proprio questo, attirare l’attenzione. Ma Jeffrey Goldberg dell’Atlantic Monthly suggerisce che «proprio perché il programma iraniano è una tale minaccia per Israele, quella vignetta è una pessima idea». Una nota della Casa Bianca ieri riferiva che Netanyahu e Obama si sono parlati per telefono, sottolineando il loro «pieno accordo» e «l’obiettivo comune di impedire all’Iran di ottenere un’arma nucleare». Ma sul web si continuava a parlare della «Bomba di Bibi». «Se l’atomica iraniana è come quella di Wile Coyote non abbiamo nulla da temere», twittava un utente.

La Repubblica-Antonello Guerrera: ” Voterò per Barack ma sono in ansia per Israele, in gioco la sua sopravvivenza”

Nathan Englander

«OBAMA è un ottimo presidente e sta facendo il possibile contro la minaccia iraniana. Ma l’esistenza di Israele non mai è stata così in pericolo come oggi». Nathan Englander, uno fra gli scrittori americani più letti degli ultimi anni, voterà per Barack Obama. Ma è preoccupato per la minaccia iraniana contro Israele, dove ha vissuto per molti anni e dove affondano le sue radici ebraiche. È soddisfatto dei quattro anni di Obama alla Casa Bianca? «Il presidente ha fatto un gran lavoro considerando lo stato catastrofico dell’economia americana e le guerre all’estero che ha ereditato dall’amministrazione Bush. Mi sarebbe piaciuto vedere Guantanamo chiusa, come aveva promesso. Ma ci sono molte ragioni per rieleggerlo, soprattutto se l’alternativa è Mitt Romney». Se il presidente venisse rieletto qual è la prima cosa che gli chiederebbe di fare? «La lista è lunga. Se devo sceglierne una gli chiederei di porre un freno al mercato delle armi negli Stati Uniti. Ci deve pur essere una soluzione che rispettando la Costituzione (il II emendamento garantisce il diritto di possedere armi,ndr)renda più sicura la vita di tutti i cittadini». Nei suoi libri l’Olocausto è un tema molto ricorrente. Di fronte alla minaccia nucleare iraniana teme un’altra catastrofe? «Israele è una nazione forte, con un apparato militare forte. Ma credo che oggi sia di fronte alla più grande minaccia per la sua esistenza». Dunque l’intervento militare israeliano in Iran è inevitabile? «No, resto dell’idea che si debba ricorrere all’intervento militare solo nei casi più estremi e disperati». Obama sta facendo tutto il possibile per proteggere Israele? «Credo di sì, ovviamente nell’ambito degli interessi degli Stati Uniti. A quelli che dicono che l’America dovrebbe fare di più contro l’Iran, rispondo che anche gli israeliani sono spaccati su come affrontare la minaccia iraniana». Come reagirà la comunità ebraica americana alle elezioni del 6 novembre? «La maggioranza voterà per Obama. Però sempre più ebrei, soprattutto quelli più conservatori, vengono conquistati da Romney. Questo è almeno quello che percepisco a New York». Lei ha vissuto molti anni nello Stato ebraico. Cosa pensa della polemica sulla cancellazione (poi sconfessata) di “Gerusalemme capitale di Israele” dalla piattaforma democratica? «Non credo che la questione di Gerusalemme sia fondamentale adesso. Il vero problema sono i leader israeliani e palestinesi che non si impegnano abbastanza per la pace. Hanno paura di prendere decisioni audaci per creare due Stati e garantire pace e sicurezza ai loro popoli. La scelta delle capitali è un passo successivo». Ha seguito le proteste contro gli Stati Uniti per il film blasfemo su Maometto? Qual è il limite tra libertà di espressione e insulto? «È assurdo che tante persone siano morte per quel film. Un insulto non giustifica un omicidio. Ma alcuni islamofobi razzisti e intolleranti cercano, con le loro “opere”, di incitare alla violenza. Queste persone non sono un valido riferimento per testare la libertà di espressione: sono solo personaggi ignoranti e disgustosi che vogliono un mondo più triste e violento».
L’Unità-Umberto De Giovannangeli: ” Nucleare, l’Iran a Netanyahu: pronti a difenderci”

un manifestante contro Ahmadinejad all’Onu

Il Fatto quotidiano– Stefano Citati: ” La ‘pistola fumante’ di Netanyahu è un fumetto ‘atomico’

L’analisi ‘politica’ del Fatto quotidiano

Per non far perdere tempo prezioso ai nostri lettori, non riportiamo i due pezzi di Udg e Citati. Il primo, a pag.14, del quotidiano PD, fin dal titolo, riporta la posizione  iraniana con espressioni che ne condividono il contenuto. Il cattivo è Bibi, Ahmadinejad  non fa altro che difendersi. Mai che ad Udg gli venga in mente un cenno, anche breve, di richiamare le intenzioni dell’Iran di distruggere Israele.

Quello di Citati, a pag. 13, è un attacco frontale a Netanyahu. Il disegno mostrato alla platea Onu della bomba è ‘infantille’ – non si capisce perchè, l’intento era chiaro, far capire a tutti in modo semplice che una linea rossa va definita- ma a Citati non piace, chissà, forse preferiva una carta geografica difficile da decifrare. La bomba, poi, è descritta al condizionale, perchè Citati scrive che ‘minaccerebbe’ Israele, qualcuno inviti Travaglio e Colombo, che si dichiarano amici di Israele, a spiegare come mai il FATTO quotidiano sia sempre schierato contro Israele . Bibi è poi definito ‘premier falco’, che ‘rappresenta la destra oltranzista’, il suo intervento all’Onu è una ‘sceneggiata’, e via di seguito. Con questo articolo il FATTO supera in disinformazione il MANIFESTO. Il giornale di Rocca Cannuccia, in evidente imbarazzo, ha evitato ogni commento, lasciando il campo libero a Citati.

Chiediamo ai nostri lettori di scrivere a Marco Travaglio e a Furio Colombo se non si vergognano di fare un giornale così violentemente anti-israeliano. Per poi dichiararsi  privatamente ‘amici di Israele’. la e-mail del FATTO è: segreteria@ilfattoquotidiano.it

Per inviare invece le proprie opinioni a Il Foglio, Corriere della Sera, La Repubblica, cliccare sulle e-mail sottostanti

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