Testata: Il Foglio Data: 05 maggio 2012 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio. //*IC*

Non è affatto sicuro che in autunno ci saranno le elezioni anticipate in Israele (le legislatura scade il prossimo anno), ma le forze politiche sono, come è ovvio, in grande agitazione. Nomi nuovi, un nuovo partito, chi sale e chi scende. Una approfondita analisi sul FOGLIO di oggi, 05/05/2012, a pag.3, con il titolo “Tre volti nuovi, ma Netanyahu vuole (e otterrà) più forza politica”.

Yair Lapid, Shelley Yachimowicz, Sahul Mofaz

Roma. Sono almeno tre i volti nuovi della politica israeliana, ma l’attuale premier Benjamin Netanyahu non sembra avere ostacoli nella riconferma alle elezioni del 4 settembre, che proprio lui ha voluto per cercare un rafforzamento politico. Secondo i sondaggi, il 48 per cento degli israeliani sostiene il leader del Likud, segue con il 15 per cento la laburista Shelly Yachimovic e l’oltranzista “russo” Avigdor Lieberman con il nove per cento. Lo stato ebraico va a elezioni anticipate dopo che la Corte suprema ha bocciato la Tal Law. Approvata dalla Knesset, la norma concedeva agli ebrei ultraortodossi la possibilità di evitare la coscrizione nell’esercito, per motivi di studio. Contro la legge si era schierato Lieberman, mentre Netanyahu vuole rendere obbligatorio il servizio civile nel caso di obiezione per la coscrizione nell’esercito. Netanyahu dovrebbe così riconsolidare la sua alleanza con Lieberman, l’arbitro del destino politico israeliano che ha partorito lo slogan di cinque parole da tutti considerato come il più difficile ma anche efficace: “Senza fedeltà non c’è cittadinanza”. Breve, secco, diretto. Per dire che i cittadini arabi devono essere fedeli allo stato degli ebrei. Lieberman raccoglie la maggioranza dei voti nei licei, nella classe russa abbiente ma anche in quella povera e nella middle class spaventata. Il partito ultraortodosso teme però le sue battaglie laiche (come quella per i matrimoni civili). Ma Netanyahu potrebbe anche decidere di portare con sé uno dei partiti centristi. I sondaggi danno come secondo partito i laburisti, che dopo Golda Meir si affidano a un’altra donna, Yachimovich, ex giornalista televisiva, “colomba” e sostenitrice delle istanze sociali alla base del movimento degli “indignados”. Yachimovich ha assunto le redini di quella sinistra che da anni si trova nella crisi più nera, dopo essere precipitata da 44 seggi nel 1992 ad appena 13 nelle ultime elezioni, per scendere otto dopo la scissione di cinque deputati guidati dal ministro della Difesa, Ehud Barak. Già, Barak. Secondo i sondaggi con la sua formazione di indipendenti non riuscirebbe neppure a entrare alla Knesset, ma è probabile che Netanyahu lo terrà con sé come ministro della Difesa. I laburisti sono sostenuti anche dalla candidatura di Noam Shalit, il padre del soldato Gilad rimasto per cinque anni nelle mani di Hamas. La grande novità sembra essere Yesh Atid, “c’è un futuro”, il nuovo partito di Yair Lapid, figlio dell’ex ministro della Giustizia “Tommy”, conduttore di tg e columnist di Yedioth Ahronoth amatissimo dai laici, noto per il suo impegno contro i religiosi, per l’uso dei social network, per l’impegno a favore delle donne, dunque l’everyman della generazione della costa, il politico che non parla di Iran o di palestinesi ma è interessato a evolvere la società israeliana in senso occidentalista, laicista, modernista. Nissim Zeev, membro ortodosso di Shas, ha già detto che “Lapid è l’odio per il giudaismo”. Lapid è il portabandiera del centro israeliano, ma i critici dicono che rappresenta soltanto “i caffè di Tel Aviv”. Riempirà comunque il vuoto lasciato da Tzipi Livni, leader di Kadima dimissionaria dalla politica dopo che ha perso le primarie del partito a favore di Shaul Mofaz. Il Likud passerebbe da 27 a 30 seggi; Lieberman ne perderebbe due; i laburisti andrebbero a 18; Lapid a 11 e Kadima a 10. Lapid e Yachimovich si contenderanno il voto della “tribù bianca” non eccitata dalla leadership di Mofaz, l’altra grande novità delle elezioni. E’ “l’iraniano”, l’ex generale e ministro della Difesa, l’emulo di Ariel Sharon. Mofaz arriva dal Likud ed è diventato famoso in occidente come quello del massacro, che massacro si rivelò non essere, di Jenin. La principale domanda rivolta dai commentatori a Netanyahu e Barak è una sola: che ne è dello strike all’Iran? Israele attaccherà fra settembre e novembre?

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