Nell’immagine: tutta la pubblicistica palestinese (islamista e laica)
raffigura costantemente ed esplicitamente il “diritto al ritorno”, rappresentato
dal simbolo della chiave, come il diritto a cancellare Israele “dal fiume
Giordano al mar Mediterraneo” (qui trasformato nella mappa verde di una
“Palestina islamica”)

(Da:
YnetNews, Ha’aretz, Jerusalem Post, 2.10.11- israele.net03-10-2011 )

“La nostra posizione è quella della resistenza armata fino a quando il regime
sionista sarà sconfitto”. Lo ha detto sabato scorso il capo del politburo di
Hamas, Khaled Mashaal, intervenendo a Tehran alla Quinta Conferenza
Internazionale a Sostegno dell’Intifada Palestinese. “Noi ci auguriamo – ha
detto Mashaal – che tutti gli stati arabi si rendano conto che non vi sono
alternative all’opzione di perseguire la via della resistenza armata. Prima
dobbiamo liberare tutta la Palestina, poi istituire in essa uno stato. I
palestinesi devono fare ricorso alla resistenza armata, per quanto costosa possa
essere, finché la Palestina non sarà liberata e Israele distrutto”.
Stando a
quanto riferisce l’agenzia di stampa iraniana Fars, Mashaal ha fatto appello ai
diversi gruppi palestinesi perché “trovino un modo concreto per conseguire la
libertà della patria, il ritorno dei profughi e la creazione di un vero stato
palestinese”. Mashaal ha anche ribadito l’opposizione di Hamas alla domanda di
“indipendenza unilaterale palestinese” alle Nazioni Unite capeggiata dal
presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Mashall ha
invitato Abu Mazen a convocare un vertice nazionale “per riesaminare la politica
palestinese” e sviluppare una strategia nazionale volta ad “eliminare
l’occupazione sionista”.
Hamas è unita nella sua opposizione alla mossa di
Abu Mazen, ha confermato sabato Fawzi Barhoum, portavoce del gruppo, all’agenzia
di stampa palestinese Maan. Barhoum ha aggiunto che le dichiarazioni fatte da
Mashaal a Tehran “rispecchiano la posizione del movimento in modo chiaro e senza
ambiguità”, e ha messo in guardia contro qualunque tentativo di “incuneare
divisioni” fra i vari esponenti di Hamas: “Hamas – ha detto – conferma la
affidabilità dei suoi leader nel momento in cui tutti noi adottiamo la stessa
posizione e battiamo sugli stessi temi”.
Sabato Hamas ha anche smentito che i
suoi capi abbiano accettato di incontrarsi con rappresentanti di Fatah per
riesumare i colloqui sulla riconciliazione. Agli inizi dello scorso maggio,
Hamas e Fatah avevano firmato un accordo per la riconciliazione nazionale che
prevedeva la formazione di un “governo transitorio palestinese di unità
nazionale” che tuttavia finora non ha visto la luce.
Sempre sabato,
introducendo la Conferenza per l’intifada palestinese, l’ayatollah Seyyed Ali
Khamenei, Guida Suprema del regime iraniano, ha ribadito che Tehran è contraria
ad una soluzione della questione palestinese basata sulla spartizione del paese
in due stati, definendo fra l’altro Israele “un tumore canceroso” che deve
essere rimosso. “Qualsiasi piano per dividere la Palestina è inaccettabile
perché tutta la terra appartiene ai palestinesi, dal fiume [Giordano] al mare
[Mediterraneo], non un centimetro di meno – ha dichiarato Khamenei – La formula
a due stati non è altro che una capitolazione alle rivendicazioni dei sionisti.
Qualsiasi piano che preveda due governi significherebbe accettare l’esistenza di
un governo sionista nella terra di Palestina”.
“L’aggressività dell’occidente
verso i palestinesi deve finire”, ha continuato la suprema guida dell’Iran,
preoccupandosi peraltro di specificare che Tehran non auspica che “gli immigrati
ebrei vengano annegati in mare”.
“La soluzione che proponiamo – ha detto
Khamenei – è di tenere un referendum sulla terra storica di Palestina fra tutti
i palestinesi, inclusi tutti i profughi” per annullare la maggioranza ebraica.
“Il regime sionista – ha aggiunto Khamenei – non è minacciato dai missili
iraniani o dalla resistenza, ma dall’audace volontà di uomini e donne dei paesi
islamici che non tollerano più la dittatura”.
Tehran si è trovata in una situazione complicata quando Abu Mazen ha avanzato alle Nazioni Unite la
richiesta di indipendenza unilaterale che potrebbe implicare un qualche
riconoscimento dell’esistenza dello stato di Israele su una parte della
“Palestina storica”. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha risolto il
dilemma annunciando, nel suo discorso all’Onu, che l’Iran appoggia la richiesta
dell’Autorità Palestinese come una fase verso la liberazione di tutta la
Palestina.
Oltre a Mashaal e Khamenei, alla Conferenza di Tehran a sostegno
dell’intifada palestinese hanno preso parte, fra gli altri, sedici presidenti di
parlamenti arabi e musulmani, il “ministro degli esteri” del governo di Hamas
sulla striscia di Gaza, Mahmoud al-Zaha, e il capo della Jihad Islamica
palestinese Ramadan Shallah.

I roboanti proclami che arrivano da Tehran,
ha commentato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, non fanno che
“rafforzare la fermezza del mio governo sulle esigenze di sicurezza per i
cittadini israeliani e sulla nostra richiesta che Israele venga riconosciuto
come stato del popolo ebraico”. Netanyahu ha aggiunto che Israele continuerà a
cercare la pace garantendo al contempo che vi siano condizioni tali da garantire
la sicurezza degli israeliani per le generazioni a venire.

 

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