[b]Published on 02/09/10 at 19:10:08 GMT by pvmantel

Le bugie di Deborah
di Paolo Mantellini[/b]

“Maometto che “decapitò” 600 ebrei. Qual è la vera realtà?” è il “provocatorio”, oltre che sgrammaticato titolo di un articolo pubblicato sul sito MondoRaro da tale Deborah Callegari Hasanagic, una ex-cattolica Italiana convertita all’islàm, esperienza su cui ha pure scritto un libro. Non discuto la sua nuova “fede”, dato che sono per la libertà di religione, di ateismo, e anche per la libertà di cambiare religione, mentre l’islàm condanna a morte gli apostati. Lei scrive libri e concede interviste sulla sua esperienza di apostata alla moda, mentre chi predica il Cristianesimo o si converte dall’islàm al Cristianesimo in un paese islamico, rischia la vita. Quello che voglio discutere qui è il risibile contenuto del suo disinformato articolo.

[b]Deborah e la metastoria islamica:[/b]

Il suo articolo, frutto di incompetenza o di malafede (o di entrambe), è illustrato da una immagine (che ho riprodotto qui sopra), che si presume sia di Maometto, ma è invece il ritratto di Mehmet II, il Califfo Ottomano che conquistò Costantinopoli, dipinto da Gentile Bellini nel 1480 e conservato alla National Gallery di Londra, tanto per la precisione! A parte questa iniziale bufala, l’articolo continua affermando, in sintesi: è vero che furono decapitati 600 Ebrei maschi in un solo giorno (senza aggiungere che le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù) ma la cosa fu sacrosanta in quanto:
• gli Ebrei tradirono il patto di alleanza con Maometto
• lo fecero mentre Medina era attaccata dal nemico
• lo fecero, nonostante Maometto, sospettando il loro tradimento, li avesse sollecitati a rinnovare il patto.
• chi emise la sentenza non fu Maometto, ma Sa’d bin Mu’adh, loro “alleato” dell’epoca precedente l’islàm.

Il genocidio della tribù Ebrea dei Banu Qurayza
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La neo-convertita Deborah giustifica il genocidio di una intera comunità perché colpevole di un crimine odioso. Ma quale fu il crimine? Quello di aver avuto “l’intenzione” di non rispettare un patto che Maometto non aveva mai rispettato nei cinque anni precedenti. Pur avendo aiutato i musulmani, anche se a malincuore, a preparare le loro difese, non si impegnarono militarmente per sostenerli, preferendo attendere gli eventi e schierarsi con chi avesse avuto la meglio. Effettivamente non è un bel comportamento, da parte di un “alleato”, ma è un comportamento da punire con l’estinzione? Non era sufficiente giustiziare i capi della comunità, se erano realmente colpevoli di tradimento? Cosa c’entravano le donne e bambini? Da notare che “intendevano” tradire, ma non lo fecero. Si trattò di un peccato di desiderio. Fu così grave da essere punito con un genocidio?

Giustificando la pena capitale per il tradimento, anche se soltanto progettato, degli Ebrei di Medina, non solo si giustificano gli eccidi di tutta la storia islamica contro i “dhimmi” fino al genocidio degli Armeni del XX secolo e oltre, non solo si giustifica la pena di morte per gli apostati e il “delitto d’onore”, ma si sancisce il principio che, siccome l’islàm è la condizione naturale dell’uomo (come affermato dalla Dichiarazione sui diritti dell’uomo nell’islàm, sottoscritta al Cairo nel 1990 da tutti i paesi islamici aderenti all’ONU) allora ogni azione eseguita o solo progettata contro l’islàm è un atto di tradimento e di aggressione contro la verità, oltre che un peccato, e come tale va perseguito e punito. La pena deve essere considerata una legittima reazione, una “legittima difesa” contro l’aggressione di traditori e nemici di Allah, cioé di chi semina corruzione sulla terra. Per loro il Corano prevede punizioni ben precise:
La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l'ignominia che li toccherà in questa vita; nell'altra vita avranno castigo immenso (Corano 5:33)

Purché si uccida per la giusta causa, “fi sabil Allah”, per un musulmano la morale è salva.

Il genocidio degli Armeni: la storia si ripete
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Con questo criterio si potrebbe addirittura sostenere la moralità di episodi come l’Inquisizione (che fu anticipata dal califfo Abbaside al-Ma’mun, figlio di Harun ar-Rashid, che istituì la “minha” nella Baghdad del IX secolo) in difesa della fede Cristiana, la ghigliottina in difesa dei principi di libertà ed eguaglianza, i campi di sterminio nazista in difesa della purezza della razza Ariana, le purghe Staliniane in difesa delle masse sfruttate dal capitale, e ogni altra nefandezza compiuta dall’uomo nella sua storia, in nome del paradiso o di un radioso futuro di giustizia, fratellanza e libertà!

Ma come è possibile che, anche oggi, dei musulmani, come Deborah, possano giustificare aberrazioni morali come il genocidio degli Ebrei di Medina o quello degli Armeni, il terrorismo e il terrorismo suicida? La spiegazione risiede:

a. in una fede così totale, fanatica, acefala e irrazionale da accettare un’interpretazione letterale del Corano, refrattaria ad ogni valutazione critica. Il ragionamento è il seguente: Dio è buono e quindi ciò che viene da Dio è necessariamente buono; l’intelletto umano non è in grado di scoprire la verità; pertanto Dio con la Rivelazione ci ha ordinato come ci dobbiamo comportare (la shari’a) per non incorrere nella Sua ira, anche se quanto ci comanda ci sembra sbagliato. Infatti è scritto:
“…Ebbene, è possibile che abbiate avversione per qualcosa che invece è un bene per voi, e può darsi che amiate una cosa che invece vi è nociva. Allah sa e voi non sapete. (Corano 2:216)”.

b. nel fatto che il modello morale da imitare è il Profeta, al-insan al-kamil, l’uomo perfetto, wswa hasana, l’ottimo esempio (Corano 33:21), colui che non si è mai sentito in obbligo di mantenere i giuramenti (Corano 8:58; Bukhari, 7.67.427) sempre col permesso di Dio, beninteso, ma ha sempre preteso che gli altri li rispettassero alla lettera, tanto da ordinare un genocidio per un tradimento progettato ma non realizzato. L’esempio di Maometto è il modello della moralità islamica.

Storia e Metastoria

Ma veniamo alle fantasie del racconto di Deborah. E’ un risibile tentativo di giustificare un genocidio falsificando e distorcendo la realtà, un tipico esempio di “taqiyya” o, con un termine di moda, un tipico esempio di “meta-storia” campo in cui i musulmani sono maestri. Ma cosa significa meta-storia? In parole povere significa “storia (re)inventata” che, con una descrizione più precisa e circostanziata, potrei definire così:

Metastoria: “immaginazione storica” (dal titolo dell’opera del 1973 di Hayden White) ossia storia immaginaria, storia mitica o storia mitizzata, ispirata da una ideologia precostituita (spesso, ma non solo, una religione rivelata), utilizzata per dimostrare la realtà del mito, mediante una ricostruzione fantastica della storia a sostegno della tesi ideologica.

Pilastri della metastoria sono:
A. la “invenzione verosimile” di eventi a sostegno della tesi ideologica.
B. la “scelta interessata” di eventi reali, con l’esposizione, spesso enfatizzata degli “eventi positivi” utili alla conferma dell’ideologia, con l’esposizione parziale degli “eventi controversi” e con la cancellazione o la negazione degli “eventi negativi”, cioè di quelli contrari alla tesi sostenuta (negazionismo).
C. la “interpretazione orientata” dei fatti sia inventati, che scelti o negati (in parte o in toto) al fine di far apparire reale una realtà fittizia (teorie del complotto e simili) o guadagnare una giustificazione morale per azioni e decisioni attuali (giustificazionismo)

Le fonti

Le fonti: The life of Muhammad (Sirat rasul Allah).
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Se questa è la meta-storia, ben esemplificata dall’articolo di Deborah Callegari Hasanagic, come la si evita? Come si fa a ricostruire la “vera” storia del massacro dei Banu Qurayza? Bisogna ricorrere alle così dette fonti, cioè i primi resoconti degli inizi dell’islàm, e valutarle criticamente. Per farlo bisogna sapere l’Arabo, in quanto i testi più antichi sono scritti in Arabo. Chi non lo conosce, o si fida dei così detti “esperti” (spesso ideologicamente orientati e quindi sensibili a tentazioni meta-storiche), o deve ricorrere alle traduzioni. La più antica e la più completa biografia di Maometto è quella di Ibn Ishaq (704-767) tradotta in Inglese dal Prof. A. Guillaume e pubblicata nel 1955 dalla Oxford University Press: The life of Muhammad (Sirat rasul Allah). Fortunatamente, per i lettori Italiani che non conoscono l’Inglese, nel 2007 è uscito per Mondadori il volume “Vite Antiche di Maometto”, a cura di M. Lecker, una selezione di antichi testi, scelti e tradotti da Roberto Tottoli, che include anche la biografia di Ibn Ishaq in forma pressoché integrale. Da notare che gli antichi biografi erano tutti devoti musulmani, pertanto i fatti raccontatati devono essere considerati immuni da ogni traccia di “islamofobia”. Se possiamo trovare un difetto, si potrebbe dire che, forse, sono troppo favorevoli all’islàm e al suo fondatore.

Le fonti: Vite Antiche di Maometto.
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Oltre a queste fonti abbiamo il Corano, parola eterna di Allah, immodificabile e valida in ogni tempo e in ogni luogo e la Sunna o Tradizione, cioè la raccolta degli “ahadith”, i detti e le azioni del Profeta dell’islàm, tramandati dai suoi primi seguaci. Per ricostruire la vicenda dei Banu Qurayza, mi sono volutamente limitato alle sole fonti islamiche, proprio per evitare ogni possibile accusa di “islamofobia”. Infatti, non ho usato la fondamentale opera di Sir William Muir, Life of Mahomet, in 4 volumi [Smith, Elder, & Co., London, 1861], basata sui più antichi testi Arabi disponibili, in quanto non era musulmano. L’ho utilizzata esclusivamente per la cronologia, poiché le fonti originali usano il calendario lunare Arabo che Muir ha trasformato in datazione moderna con rara precisione.

I riferimenti saranno così abbreviati: la lettera V per il volume della Mondadori (Vite) e la lettera S per l’opera di Ibn Ishaq (Sira), seguite dall’indicazione del numero della pagina o delle pagine in cui l’episodio è riportato per esteso. Le citazioni coraniche iniziano col numero della Sura, seguito dal numero del versetto; per gli ahadith, al nome dell’autore seguono i numeri relativi al Volume, Libro e numero del hadith.

Tutto quanto esporrò qui di seguito, in modo riassuntivo, sarà tratto esclusivamente dalle fonti islamiche citate, nelle quali ogni episodio menzionato può essere letto direttamente in forma integrale. Pertanto, chi volesse trovare errori o inesattezze non dovrà criticare me, ma Ibn Ishaq o i compilatori degli ahadith o, Allah non voglia, direttamente il Sacro Corano, al Qur’an-ul Karim.

I prossimi argomenti

Per spiegare il massacro dei Banu Qurayza, bisogna risalire alle origini di un processo che si concluderà con l’espulsione di tutti gli infedeli dalla penisola Arabica, subito dopo la morte di Maometto. Il processo iniziò con il suo arrivo a Medina nel 622 e la prima fase si concluse dopo 5 anni, nel 627, proprio col genocidio dei Banu Qurayza. Non è possibile capire le cause di questo crimine senza sapere cosa avvenne durante quei 5 anni, centrali nella storia dell’islàm.

Per essere comprensibile, la vicenda deve essere raccontata in modo sufficientemente dettagliato, per cui ho dovuto suddividere il mio pur succinto racconto in quattro fasi (che pubblicherò prossimamente) e precisamente:

A. L’emigrazione a Yathrib (Egira) e la “Costituzione” di Medina – 622-623 A.D.
B. La battaglia di Badr e l’espulsione della tribù Ebrea dei Banu Qaynuqa – 624 A.D.
C. La battaglia di Uhud e l’espulsione della tribù Ebrea dei Banu Nadir – 625 A.D.
D. La battaglia della trincea e il genocidio della tribù Ebrea dei Banu Qurayza – 627 A.D.

Prossimo argomento: L’emigrazione a Yathrib (Egira) e la “Costituzione” di Medina – 622-623 A.D.

di Paolo Mantellini
Questo testo può essere trasmesso o inoltrato purché venga presentato in forma integrale e con informazioni complete sul suo autore, data e luogo di pubblicazione e URL originale.

 

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