Davar Acher – Le nostre sinagoghe, le nostre ambasciate
[b]moked.it
Ugo Voll[/b]
Qualche giorno fa, questo sito ha pubblicato un intervento di Rav Di Segni, che come di consueto ha il merito di essere un invito a pensare contro le idee correnti. Rav Di Segni, in sostanza, diceva che i manifestanti contro Israele non hanno tutti i torti a venire a esprimere le loro posizioni davanti alla Sinagoga. Anch'io credo che i manifestanti antisraeliani sbaglino più o meno tutto, ma non indirizzo.
Anche se qualche volta le chiamiamo familiarmente "tempio", le nostre sinagoghe non sono sedi del divino, "case del Signore", com'era il Tempio di Gerusalemme, distrutto in questi giorni quasi due millenni fa, e come intendono essere le chiese cristiane. La sinagoga (dal greco syn-ago, il luogo dove insieme si conduce – il servizio – o si agisce) è innanzitutto beth hamidrash, casa di studio, luoghi in cui si dovrebbe studiare Torah (e infatti le nostre funzioni più che preghiere vere e proprie, come sostanzialmente è solo l'Amidà , contengono brani di Torah; perfino lo Shemà a rigore è uno studio). E poi è un beth haknesset, una casa di riunione, un luogo in cui gli ebrei ritrovano una dimensione comunitaria e di popolo. Anche il minjan richiesto per le azioni religiose in cui il Nome Divino è invocato, si spiega come una rappresentanza minima del popolo ebraico, un atomo di Israele. A imitazione delle chiese noi oggi rischiamo di vederle solo come luoghi sacri, ma nei secoli vi si è studiato, discusso, vi ci si è riuniti, vi si è giudicato, vi si è festeggiato e vi si è pianto assieme. Dunque l'essenza della sinagoga è di non essere un luogo privato, come ha scritto in polemica col rav Di Segni Davide Romano, ma al contrario il luogo pubblico per eccellenza, la radunanza del nostro popolo.
Ora l'espressione storica principale del popolo ebraico nel nostro tempo è lo Stato di Israele. Il rapporto che l'ebraismo ha con Israele non è quello che i cristiani di tutto il mondo possono avere con l'Italia o la Francia e neppure con lo Stato Vaticano. Israele non è uno Stato degli ebrei e neppure quello più importante, perché vi hanno sede i luoghi della nostra storia. Piaccia o meno a certi estremisti ultraortodossi e ad altri estremisti di sinistra, lo stato di Israele è il centro vitale, l'impresa in cui da cent'anni il nostro popolo ha investito se stesso. Senza togliere legittimità all'ebraismo della Diaspora, cioè al nostro ebraismo, Israele è oggi più del "germoglio della nostra redenzione", come diciamo nelle funzioni: è il cuore vivente del popolo ebraico. Per questo ogni sinagoga, ogni minjan, oltre a rappresentare il popolo ebraico nella sua missione e nella sua storia, rappresenta oggi anche Israele, quanto e più dell'ambasciata e delle normali strutture diplomatiche. Per questo è giusto che sulla cancellata della sinagoga di Roma sia esposta una fotografia di Gilad Shalit: perché il suo rapimento ci riguarda tutti come ebrei.
Questo rapporto fra ebraismo e stato di Israele è evidente proprio in coloro che ci prendono come nemici. Gli antisemiti oggi sono per forza antisionisti, non c'è bisogno di molto per dimostrarlo. Ma anche l'antisionismo è tutto tendenzialmente antisemita, nel senso di porsi contro non solo allo Stato di Israele ma al nostro popolo. Lo si vede bene quando gli "antisionisti" prima dicono, com'è accaduto di recente a quella decana dei corrispondenti alla Casa Bianca, che dovremmo andar via dalla "Palestina" che avremmo "rubato" e poi, alla domanda di dove dovremmo "tornare", la risposta è "al diavolo, in Germania o in Polonia", cioè, come ha detto ancora più esplicitamente alla radio di bordo una delle navi della "flottiglia" pro-Hamas in risposta all'intimazione di fermarsi "tornatevene ad Auschwitz".
Ecco, in maniera lucida e consapevole o meno, con comprensione storica o senza intendere quel che fanno, estremisti o "perbene" come i sindacati e dei partiti di sinistra, i manifestanti antistraeliani si mettono su un cammino dove gli ebrei non hanno diritto a uno Stato e devono essere dispersi fra i popoli "come il sale che dà sapore agli altri cibi ma non deve essere mai troppo concentrato" ha scritto un "filosofo" in un intervento recente sul "Pais": magari rinchiusi in ghetti o deportati in luoghi dove chi ha lo stomaco di farlo si prenda cura di loro. Per questa ragione essenzialmente negativa le manifestazioni contro Israele riguardano le sinagoghe. E per questo sono sbagliate in tutto, salvo che nell'indirizzo cui si rivolgono. Perché l'antisionismo è antisemitismo, senza se e senza ma.
Ugo Voll
6 Responses to Davar Acher – Le nostre sinagoghe, le nostre ambasciate
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Grazie Veronica!
[color=#3333cc][b]
Nelle sinagoghe ci sono attività laiche e religiose, in quanto
gli Ebrei non hanno mai distinto tra queste due cose, perchè
la sinagoga era ed è il centro della comunità ; dunque, riti,
studio, collettività ….Spesso, in passato, le sinagoghe erano
una sorta di "locande" per i pellegrini che arrivavano in Terra
Santa.
Ciò che per i Cristiani è la chiesa, per gli Ebrei tale funzione
era solo per il Tempio. Dopo la distruzione del Secondo Tempio
non è più stato possibile svolgere le funzioni puramente
religiose.
Dunque la differenza, per gli Ebrei, è SOLO tra sinagoga e
Tempio.[/b][/color]
Una domanda sicuramente ingenua, ma gli uffici pubblici perchè stanno nelle sinagoghe? questo non lo capisco. Lo so noi almeno oggi differenziamo stato e chiesa come 2 organismi diversi, perchè non si può fare?
Scusatemi
Attenzione, perché la casa dei figli di Ja'akov è una sola, quella che l'Eterno già aveva promesso ad Avraham, prima, e a Moshe poi. Il vero problema sta nel fatto che, a fronte della riottosità giudaica alla sottomissione, se in un primo momento si era pensato di applicare verso gli ebrei la medesima risoluzione già sperimentata con Veio ed i cartaginesi, nei settanta anni che separano la messa a punto dell'invenzione di Gesù dalla distruzione del Tempio, i romani hanno fatto a tempo di elaborare una strategia tale da rendere meglio vantaggiosa l'ebraica sopravvivenza in luogo dello sterminio.
[b][color=#3300cc]Dio ha creato tutta la Terra, dunque gli Ebrei devono stare dove pare e piace a loro.
Per coloro che non sono d'accordo con questo, c'è sempre Marte, anzi, Andromeda è meglio…E' più lontana.
Ma, d'altra parte, è anche giusta la presenza di queste personcine.
La cosa importante è sapere da che parte si vuole stare.[/color][/b]
Non essendo ebreo, sarei fra i meno quotabili a dibattere su ebraismo e Stato di Israele. Però, sovente, mi viene in mente la frase che il regista Otto Preminger fa pronunciare a Platone Mandrias nel film Exodus: gli inglesi in Inghilterra, gli ebrei in Israele e i ciprioti a Cipro. E per quanto si possa sottoscrivere il valore ideale di questa affermazione rimarrebbe, quella, comunque un ideale, una meta non realizzabile. Anche a questo ho provato a pensare, pur non essendo ebreo, perché un ritorno al Bet HaMikdash sarebbe irrealizzabile, a meno di non eliminare la moschea ora presente, ed anche il solo pensarlo contiene il suggerimento che sarebbe meglio non pensarlo affatto, Piuttosto, e sarei disposto a cooperare immediatamente, potrebbe essere più interessante lavorare per dimostrare come sia stato possibile che i cloni dell’ebraismo, cioè il cattolicesimo, prima, e l’islamismo poi, siano stati artificialmente messi a punto al fine di conseguire due risultati attualmente ancora validi: fare dell’ebraismo, sottratto agli ebrei e riplasmato in cattolicesimo, uno strumento di potere al di sopra di qualsiasi altra potenza, attraverso il quale l’imperialismo dei romani si è garantito imperitura sopravvivenza, e dell’islamismo opportuna spina nel fianco, nemico costante, causa e ragione continua di guerra e insicurezza, proprio perché è nelle cose instabili che è più facile metter mano e pilotare gli interessi, i guadagni, i consumi e le necessità di tutti i popoli.