[b]due articoli di Daniel Pipes[/b]

[b]La peggiore crisi in 35 anni?[/b]

Pezzo in lingua originale inglese: The Worst Crisis in 35 Years?
[b]di Daniel Pipes
17 marzo 2010[/b]
In apparenza, il fatto che l'amministrazione Obama abbia deciso un bel giorno di attaccar lite con il governo di Israele sembra un vero e proprio disastro per lo Stato ebraico. Cosa potrebbe esserci di peggio del fatto che sia il suo più importante alleato a provocare la peggiore crisi (secondo l'ambasciatore israeliano a Washington) mai avutasi dal 1975?

Uno sguardo più attento, tuttavia, rivela che questo piccolo litigio ingiustificato potrebbe andare a finire meglio per Israele piuttosto che per la Casa Bianca.

1) Esso non riguarda una questione di vita o di morte, come la minaccia della proliferazione nucleare iraniana o il diritto di Israele a difendersi dalle aggressioni di Hamas, bensì la futilità del tempismo di una decisione di costruire nuove unità abitative nella capitale di Israele. I più saggi insistono a dire che i dilettanti della Casa Bianca porranno fine a questa tempesta in un bicchier d'acqua, tornando ai normali rapporti.

2) Se Obama e altri sperano di rovesciare il governo di Binyamin Netanyahu, non possono però contare sui seggi della Knesset. Se il Partito laburista uscisse dalla coalizione di governo verrebbe rimpiazzato dai partiti di destra.

3) Esiste un consenso israeliano a mantenere la sovranità su Gerusalemme est, pertanto provocare una crisi su tale questione rafforza Netanyahu.

4) Al contrario, l'istrionismo americano rende Mahmoud Abbas dell'Ap più riluttante a intavolare controproducenti negoziati con Washington.

5) Un recente sondaggio condotto tra gli americani mostra un sorprendente margine di 8 a 1 a favore di Israele nel conflitto con i palestinesi, quindi attaccare briga con Israele danneggia Obama a livello politico: il che è esattamente ciò di cui un presidente che fa presa nei sondaggi e che tenta di trasformare un sesto dell'economia non ha bisogno.

[b]Riflessioni sulla Repubblica islamica dell'Iran

di Daniel Pipes
11 febbraio 2010[/b]

Pezzo in lingua originale inglese: Reflections on Iran's Islamic Republic

Oggi ricorre il 31esimo anniversario della nascita della Repubblica islamica dell'Iran e ciò offre un appropriato momento per riflettere sul suo operato e per meditare sul suo futuro.

Da Khomeini a Khamenei: 31 anni di islamismo e sofferenze.
Esaminando i risultati, il regime khomeinista è sopravvissuto a grandi sfide – specie a una guerra di otto anni con l'Iraq – ed è riuscito a promuovere la sua agenda islamista. Utilizzando innumerevoli mezzi – la religione, la sovversione, il terrorismo, gli idrocarburi e le potenziali armi di distruzione di massa – esso è diventato la principale minaccia alla sicurezza mondiale.

Ma dietro questa dura corazza si scoprono delle profonde vulnerabilità. A livello interno, c'è impoverimento, una dilagante inflazione, tossicodipendenza, traffico di esseri umani, e ciò che un analista definisce "il declino demografico galoppante" del Paese. Questi problemi hanno causato un allontanamento di vaste proporzioni dall'islamismo e perfino dall'Islam stesso, rovinose manifestazioni di piazza e una fenditura nella leadership del regime.

A livello internazionale, la bellicosa posizione del regime ha spaccato in due il Medio Oriente e ha generato ostilità nel mondo. In particolare, la proliferazione nucleare potrebbe innescare una crisi mondiale senza precedenti.

Guardando avanti, se i giorni del regime sono indubbiamente contati, la causa della sua fine rimane incerta: milioni di iraniani che si riversano nelle strade del Paese, un colpo di stato delle Guardie Rivoluzionarie, o una bomba israeliana a impulsi elettromagnetici?

In qualunque modo spirerà, la creazione di Khomeini deve ancora dare la misura completa di morte e distruzione.

 

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