Cronaca dell'assurda richiesta di confiscare i Rotoli del Mar Morto
[b]03.01.2010 La Giordania cerca di impossessarsi di un bene che non le appartiene[/b]
Testata: Corriere della Sera
Data: 03 gennaio 2010
Pagina: 34
Autore: Francesco Battistini
Titolo: «Battaglia diplomatica in Canada sui Rotoli del Mar Morto»
[b]Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/01/2010, a pag. 34, l'articolo di Francesco Battistini dal titolo " Battaglia diplomatica in Canada sui Rotoli del Mar Morto ".[/b]
I beduini lo chiamavano tutti «il Lupo», anche se si chiamava Mohammed. La sua baracca non c'è più , anche se fu lì dentro che i Rotoli del Mar Morto vennero esposti la prima volta. Accadde nel deserto di Giuda:
da pastore a pastori, Mohammed mostrò di nascosto quei papiri che qualche giorno prima aveva trovato per caso in una grotta di Qumran, inseguendo una capretta. Li tenne qualche mese, finché non si decise a venderli a una bottegaio di Betlemme, per 97 dollari. Il Lupo non poteva immaginare quale branco di predatori si sarebbe sciolto da quel giorno, all'inseguimento dei Rotoli. Conquistati. Contesi. Via via sparpagliati per i musei del mondo. Fino a diventare, oggi, oggetto d'una guerra diplomatica, con tanto di note d'ambasciatori e proteste di ministri, per stabilire chi abbia il diritto di mostrarli. Gli ultimi appetiti si sono scatenati a Toronto, in Canada, all'ultima esposizione. Considerati la più anitica e diretta testimonianza archeologica della vita di Gesù , i Rotoli sono in toumée fino a oggi al Museo Reale dell'Ontario. Un prestito del Museo d'Israele, che ne custodisce la maggior parte. Un'esibizione di routine, come tante, se non fosse che stavolta al governo canadese è arrivata una richiesta formale di confisca da parte del ministro degli Esteri giordano: quei frammenti stavano fino al 1967 nel Museo archeologico della Palestina di Gerusalemme Est, allora Giordania, e finirono in mano israeliana solo dopo la Guerra dei Sei giorni. Ce n'è abbastanza, dice il trono hashemita, perché vengano considerati bottino di guerra e vi si applichi la Convenzione dell'Aja del 1954, quella sulla protezione dei beni culturali in ca so di conflitto: il Canada, che ha firmato l'accordo internazionale, sarebbe insomma obbligato a requisirli. L'incaricato d'affari canadese ad Amman è stato convocato e da Ottawa confermano le pressioni, pur spiegando che non sarà data soddisfazione: «Sarebbe inappropriato che intervenissimo in questa querelle», dice Simone Mac Andrew, il ministro degli Esteri. «Le divergenze sui manoscritti del Mar Morto devono essere regolate fra Israele, Giordania e Autorità palestinese». L'Anp, appunto. Che già lo scorso aprile aveva mandato una lettera al premier canadese, Stephen Harper, perché annullasse la mostra di Toronto «gravemente offensiva per un popolo privato anche dei suoi tesori archeologici». Qumran è all'interno della cosiddetta zona C della Cisgiordania, interamente sotto il controllo militare israeliano, e non è la prima volta che l'esposizione all'estero dei Rotoli viene contestata. Del resto, tutta la loro storia recente è intrecciata a quelia della nascita d'Israele: appena scoperti, le ricerche successive furono bloccate dalla guerra del 1948. E fu un premier israeliano, Moshe Sharett, ad annunciarne al mondo l'importanza. «Noi oggi non ne rivendichiamo la proprietà è quindi la replica di Pnina Shor, autority archeologica di Gerusalemme . Siamo soltanto i custodi di questi tesori. Ma la protesta giordana è infondata: un prestito temporaneo non può essere considerato un'importazione di beni archeologici». E se il tesoro deve trovare una nuova casetta, sessant'anni dopo la baracca del Lupo, questa non sarà certo in Canadà .
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