[b]30.09.2009
Cronache di Giulio Meotti,Gian Marco Chiocci, Angelo Baracca

Testata:Il Giornale – Il Foglio – Il Manifesto
Autore: Gian Marco Chiocci – Giulio Meotti – Angelo Baracca
Titolo: «In un mazzo di carte i bombaroli di Teheran – Così l’assassino più alto in grado a Teheran ha ucciso anche a Roma – Il paravento dell'Iran sulle armi nucleari»

Riportiamo dal GIORNALE di oggi, 30/09/2009, a pag. 17, l'articolo di Gian Marco Chiocci dal titolo " In un mazzo di carte i bombaroli di Teheran ". Dal FOGLIO, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Così l’assassino più alto in grado a Teheran ha ucciso anche a Roma". Dal MANIFESTO, a pag. 10, l'articolo di Angelo Baracca dal titolo " Il paravento dell'Iran sulle armi nucleari", preceduto dal nostro commento. Ecco gli articoli :
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fonte:

[b]Il GIORNALE – Gian Marco Chiocci : " In un mazzo di carte i bombaroli di Teheran "[/b]

Sembra un gioco, ma lo è fino a un certo punto. Al posto del Re, della Regina, del Fante, del Jolly e di tutte le carte «francesi» ridisegnate on line dalla dissidenza iraniana, spuntano i volti sconosciuti dei «cervelli» della bomba atomica di Teheran, della polizia del rais Ahmadinejad, dei servizi segreti, delle guardie rivoluzionarie, dei banchieri e dei politici che attraverso i pasdaran e le milizie basiji dettano legge e seminano terrore. Sul gettonatissimo sito www.khatakaran.com un gruppo di blogger iraniani sta sfidando la rigidissima censura rilanciando in rete le immagini di personaggi cardine del regime teocratico di Mahmud Ahmadinejad, esponenti di rilievo di quel governo che sta scaldando i muscoli annunciando il lancio di missili Shahab 3 e Sejil in grado di colpire l’odiato stato di Israele. E proprio in coincidenza con la scoperta di un secondo impianto nucleare per l’arricchimento dell’uranio, impazzano i contatti col sito che rivela nomi e cognomi dei principi del Terrore, accompagnando anche la divulgazione dei loro volti ripresi dai media (se noti) o catturati all’insaputa degli interessati (se sconosciuti) in occasioni private o durante i recenti scontri di piazza per le «elezioni truffa». Un lavoro di assemblaggio selettivo: ad ogni carta di cuori, quadri, fiori e picche, corrisponde la foto di un «pericolo pubblico» per la dissidenza. E laddove manca l’immagine, vi è l’«ombra» di un uomo o di una donna con il riferimento all’attività svolta. Nel sito popolarissimo fra gli studenti iraniani, non poteva mancare, ovviamente, il presidente Mahmoud Ahmadinejad (6 di picche) mentre la carta con l’8 di fiori viene riservata all’integralista radicale Mojtaba Khamenei, figlio della guida suprema Ali Khamenei, responsabile della violenta repressione contro i fedelissimi del riformista Hossein Mousavi. Ogni giorno le carte vengono stampate e distribuite clandestinamente, nei quartieri popolari come nelle università. Recentemente sono state lanciate dai balconi, fatte ritrovare negli uffici statali, abbandonate davanti le caserme della capitale. Il mazzo di carte è diventato un «simbolo» della ribellione allo strapotere di Ahmadinejad. Tutti i responsabili della repressione e della proliferazione nucleare hanno la loro carta: Qassem Suleimani, il comandante dei pasdaran della «forza al Quds», capo degli affari (sporchi) esteri, finito a comandare le milizie del Mahdi per risolvere i contrasti in Irak: a lui spetta il 9 di picche. Con il re di cuori si rendono invece note le generalità di Mohamed Reza Zahedi Mahdavii, ufficiale di collegamento di Silueimani in Siria e in Libano per le brigate del Quds. L’asso di quadri è riservato allo stratega finanziario Ahmad Forouzandeh, già sulla lista nera del Dipartimento del Tesoro Usa nel 2008. E ancora: uno dei più importanti scienziati del nucleare iraniano, Mohammad Fadaei, capo della divisione di ingegneria di Kalaye Electric, è sottotilato come «guilty of developing weapons of mass destruction nuclear»: la sua carta è il 7 di fiori. Il cinque di cuori viene accreditato al banchiere del colosso del credito Sepah, coinvolto in indagini sulla proliferazione delle armi nucleari. Come Said Esmail Khalilipour (sei di cuori) già vice capo della «Atomic Energy Organization of Iran». Carte su carte, da smazzare on line. Allegate alla homepage in lingua araba anche le immagini di quattro leader delle basiji, le formazioni paramilitari istituite dopo la rivoluzione, ripresi mentre sparano contro i manifestanti o li colpiscono con manganelli all’interno delle caserme.

[b]Il FOGLIO – Giulio Meotti : " Così l’assassino più alto in grado a Teheran ha ucciso anche a Roma "[/b]

Vahidi

Roma. Il ministro della Difesa iraniano Ahmad Vahidi ha appena lanciato minacce a Israele, che se proverà ad attaccare le installazioni nucleari della Repubblica islamica finirà con “l’esalare l’ultimo respiro”. Vahidi è noto per essere stato il comandante dell’unità “Forza Quds” che ha perpetrato nel 1994 l’attacco all’associazione ebraica di Buenos Aires, lasciando a terra 85 morti. Le squadre di soccorso argentine lavorarono notte e giorno per estrarre i corpi di decine di sepolti vivi, invitando la folla al silenzio per poter ascoltare le grida dei superstiti da sotto i detriti. La successione di uccisioni politiche da parte del regime di Teheran, gli “omicidi a catena”, iniziò durante la presidenza di Rafsanjani. Vahidi fu il killer seriale che raggiunse in Europa, uno dopo l’altro, gli obiettivi da abbattere. Quel che non si sa è che il ministro Vahidi ha colpito anche a Roma, in una stradina del quartiere di Montesacro. I suoi uomini uccisero come in un agguato mafioso Naghdi Mohammed Hussein, l’ex plenipotenziario iraniano presso la Santa Sede passato all’opposizione. Nazionalista arrestato e imprigionato dallo Shah, Naghdi faceva parte del primissimo nucleo di uomini legati a Khomeini. Nel suo salotto di casa si incontravano tutti i capi della nuova rivoluzione; fu lì che Hashem Rafsanijani tenne la prima predica politica. Nel 1982 Naghdi denunciò le violazioni dei diritti umani del regime komeinista. Fu la sua sentenza di morte. Naghdi abitava in via del Boschetto, ma venne colpito a morte davanti al palazzo di via delle Egadi dove c’è la sede della resistenza iraniana in esilio. Il nome di Naghdi era contenuto in una lista dei principali oppositori da colpire scoperta a Berlino. In questi giorni circola un’altra lista, quella dei “caduti europei” di Vahidi. A Ginevra, Vahidi ha fatto uccidere il teorico dei diritti umani Kazem Rajavi, il fratello del leader dei Mujaheddin del popolo. Ogni volta che Kazem prendeva la parola all’Onu riceveva minacce di morte. Nel 1986 l’ayatollah Khomeini emise la fatwa di morte contro di lui. Dozzine di dissidenti sono stati uccisi sotto i nostri nasi e nelle città europee. Come Gholam Ali Oveissi, ex comandante dell’esercito dello scià, e suo fratello Hossein, un ex generale, assassinati a Parigi dove erano rifugiati dalla caduta dello Shah. Nel 1987 a Vienna venne ritrovato il cadavere di Hamiz Reza Chitgar, ingegnere elettronico ricercatore all’Università di Strasburgo. Quello stesso anno vennero uccisi nella loro casa alla periferia nord di Londra Mohamed Ali Tavakoli-Nabavi e il figlio minore Nureddin, esuli in Gran Bretagna. Passano due anni e tre dirigenti del Partito democratico del Kurdistan iraniano vengono assassinati in un attentato a Vienna. Tra loro, il segretario generale Abdel Rahman Ghasselmou. Cyrus Elahi, oppositore iraniano in esilio, venne ucciso nel proprio appartamento a Parigi. Sempre a Parigi muore Abdel Rahman Boroumand, presidente del comitato della Resistenza iraniana. Shahpour Bahktiar, ultimo primo ministro di Reza Pahlavi, resta ucciso nella sua villa a Suresnes, nella periferia parigina, con il capo di gabinetto Fouroush Katibeh. In un ristorante di Berlino vengono uccisi quattro dirigenti curdi. A Istanbul muore Ugur Mumou, giornalista nemico del fondamentalismo islamico. Naghdi Hussein venne ucciso sul territorio italiano, in nome di una fatwa di morte emessa a migliaia di chilometri di distanza. Mai fino a oggi l’Iran aveva elevato un assassino seriale a un simile ruolo politico.

[b]Il MANIFESTO – Angelo Baracca : " Il paravento dell'Iran sulle armi nucleari "[/b]

Baracca inizia il suo articolo con una concessione " Il Presidente dell’Iran è sicuramente un personaggio poco raccomandabile ". La parte corretta dell'articolo termina qui, alla prima riga. Baracca, infatti, scrive " sta alla Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) stabilirlo, e non ai governi, a meno che l'Agenzia non denunci irregolarità o violazioni al Consiglio di Sicurezza: e per ora non lo ha fatto ". E' vero, l'Aiea è l'organismo atto a controllare i programmi nucleari degli Stati. Ma vista la scarsa efficacia delle sue indagini passate, è difficile fidarsi. Inoltre le dichiarazioni di Ahmadinejad sul programma nucleare iraniano sono inaccettabili. Il fatto che gli Usa abbiano svelato l'esistenza di una nuova centrale nucleare segreta vicina alla città di Qom e i continui test missilistici condotti dall'Iran rivelano le reali intenzioni degli ayatollah.
Baracca scrive " supponiamo che l’Iran comporti un tale pericolo per la sicurezza mondiale. ". L'Iran nucleare è un pericolo. Non è una supposizione.
Baracca prosegue con le sue supposizioni : " Sono necessarie per questo le nuove classi di sommergibili nucleari che stanno realizzando, con spese miliardarie, proprio la Gran Bretagna e la Francia? Sono necessarie 300 testate della Francia, 160 della Gran Bretagna, le 23.000 ancora esistenti nel mondo? Sono necessari nuovi programmi nucleari? Sono necessarie le difese antimissile che gli Usa, e ormai tanti altri paesi, stanno realizzando? ". Mettere sullo stesso piano il nucleare di Francia, Gran Bretagna, Usa, e quello iraniano è perlomeno criminale. L'Iran, infatti, ha uno scopo preciso: l'eliminazione di Israele. Nessuno degli altri Stati citati ha un programma del genere. E se l'Iran si doterà di una bomba atomica, sì, le difese anti missile (abbandonate da Obama) saranno fondamentali e necessarie.
Baracca prosegue con un'altra concessione : "All’Iran, come a qualsiasi altro paese, va sicuramente impedito di realizzare l’atomica. ", ma poi continua scrivendo : " Ma se guardiamo alla sostanza, a Tehran essa servirebbe per non venire attaccato, perché se la usasse verrebbe cancellato dalla carta geografica. Non lo ripeteremo mai abbastanza, il vero fattore destabilizzante è l’arsenale nucleare di Israele, che è anche unmacigno sulla strada del disarmo: ma su questo l’omertà dei potenti della Terra è totale.". Baracca parla a sproposito dell'arsenale nucleare israeliano, senza sapere con certezza se esiste e da che cosa è composto. Basa le sue affermazioni su illazioni, rendendole poco credibili. Inoltre non è Israele a minacciare l'Iran, ma il contrario. Nessun presidente israeliano ha mai dichiarato di voler cancellare l'Iran dalle carte geografiche. Il contrario, invece, è avvenuto.
Ecco l'articolo:

Il Presidente dell’Iran è sicuramente un personaggio poco raccomandabile ed è possibile che Tehran stia facendo un gioco sporco: ma secondo l’ordinamento internazionale sta alla Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) stabilirlo, e non ai governi, a meno che l'Agenzia non denunci irregolarità o violazioni al Consiglio di Sicurezza: e per ora non lo ha fatto. Ma la rivelazione che l'Iran stia costruendo un secondo impianto di arricchimento dell'uranio scopre il gioco ben più sporco delle vere potenze nucleari, che da trentanove anni violano l’art. 6 del Trattato di non proliferazione. Il presidente Nicolas Sarkozy aveva preteso che la mozione del Consiglio di Sicurezza, nella risoluzione sul disarmo nucleare, approvata la settimana scorsa, si limitasse a parlare di «creare le condizioni» per il disarmo nucleare: precipitandosi a precisare, con il premier britannico Gordon Brown, che il problema principale è l’Iran. Il gioco si scopre subito: finché l’Iran non rinuncerà all’arricchimento dell’uranio non ci saranno le «condizioni» per il disarmo (questo non valeva per il Brasile, che lo ha realizzato senza sollevare proteste, sottraendosi anche al Protocollo aggiuntivo dell'Aiea!). Così Barack Obama è incastrato, sia sulla strada del disarmo che su quella delle sanzioni. Ma supponiamo che l’Iran comporti un tale pericolo per la sicurezza mondiale. Sono necessarie per questo le nuove classi di sommergibili nucleari che stanno realizzando, con spese miliardarie, proprio la Gran Bretagna e la Francia? Sono necessarie 300 testate della Francia, 160 della Gran Bretagna, le 23.000 ancora esistenti nel mondo? Sono necessari nuovi programmi nucleari? Sono necessarie le difese antimissile che gli Usa, e ormai tanti altri paesi, stanno realizzando? La decisione, positiva, di Obama di annullare i piani in Repubblica Ceca e Polonia non deve illuderci: non fermerà certo l’intero progetto (e i colossali interessi del sistema militar-industriale), che è composto da un complesso sistema di difese a molti strati (multi-layered, strategiche, di teatro, basate in terra, in mare, nello spazio) e costituisce un salto militare paragonabile a quello che avvenne quando imissili balistici intercontinentali sostituirono i bombardieri strategici. All’Iran, come a qualsiasi altro paese, va sicuramente impedito di realizzare l’atomica. Ma se guardiamo alla sostanza, a Tehran essa servirebbe per non venire attaccato, perché se la usasse verrebbe cancellato dalla carta geografica. Non lo ripeteremo mai abbastanza, il vero fattore destabilizzante è l’arsenale nucleare di Israele, che è anche unmacigno sulla strada del disarmo: ma su questo l’omertà dei potenti della Terra è totale. Senza contare il Pakistan – che ebbe appoggi sotterranei e complicità da tutti i paesi, e che oggi è a rischio di implosione con le testate controllate direttamente dai militari – e l’India, con la quale gli Usa vogliono commerciare tecnologia nucleare, malgrado che il suo potenziale nucleare sia ormai paragonabile per disponibilità a quello delle altre potenze. Obama deve invertire nei fatti la vecchia impostazione. Anche se non è positivo, l’Iran ha ormai la tecnologia dell’uranio: l’obbligo del suo controllo scrupoloso può essere un obiettivo realistico nel quadro di un negoziato sull’intera regione, che comprenda Afghanistan, Iraq, Pakistan,ma anche Israele.

 

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