[b]Un documentario di propaganda anti israeliana

Testata: Il Messaggero
Data: 11 agosto 2009
Pagina: 25
Autore: Fabio Ferzetti
Titolo: «Piombo Fuso, cartoline dall'inferno di Gaza»

Riportiamo dal MESSAGGERO di oggi, 11/08/2009, a pag. 25, l'articolo di Fabio Ferzetti dal titolo " Piombo Fuso, cartoline dall'inferno di Gaza ".[/b]

Fonte:

Ci rendiamo conto di fare pubblicità a Stefano Savona riportando questo articolo, ma visto il modo in cui il documentario è presentato ci sembra doveroso intervenire.
Stefano Savona propaganda una visione distorta dell'operazione Piombo Fuso, descritta come un'azione intimidatoria di Israele e del suo esercito contro la popolazione a Gaza. Non è così. Piombo Fuso è stata una guerra difensiva con obiettivi militari. E' iniziata per contrastare Hamas e il quotidiano lancio di razzi dalla Striscia contro la popolazione israeliana.
Non abbiamo visto il documentario di Savona, per ora proiettato a Locarno, ma visto il tono delle sue dichiarazioni è facile immaginarne l'orientamento.
Nell'articolo si legge che il documentario andrà in onda su Rai3 a fine settembre. Invitiamo i lettori a scrivere alla Rai di verificarne il contenuto prima di trasmetterlo e, se si tratta di propaganda, chiediamo che la trasmissione venga annullata dal momento che il compito della Tv di stato, pagata dai cittadini, non è quello di fare propaganda. Rai 3 la diffonde abitualmente, ma in quanto a questo documentario siamo in tempo a intervenire. invitiamo tutti a fa la loro parte, non solo scrivendo a Rai3 ma anche alla commissione di viglianza, ci sarà pure un commissario che vorrà esaminare il film, e se non è molto addentro ai temi trattati, lo veda con qualcuno esperto in merito. comunicheremo al più presto anche l'indirizzo della commissione di vigilanza
L'indirizzo e-mail di Rai 3: ruffini@rai.it
Ecco l'articolo:

Stefano Savona

La guerra a Gaza vista da Gaza. Non da lontano, come fa quasi sempre la Tv, ma proprio dalla Striscia di Gaia, dove nel gennaio 2009 continuano a piovere le bombe israeliane. E Piombo fuso, documentario-choc di Stefano Savona, regista palermitano non nuovo a imprese simili (come Prima vera in Kurdistan, che raccontava la vita quotidiana delle giovani guerrigliere curde). Immagini fortissime ma studiate, civili, mai ricattatorie, e capaci di dare davvero nuove chiavi per capire una realtà infinitamente più complessa di quanto non risulti in tv. Macerie e disperazione. Un padre che dà l'estremo saluto alla figlia all'obitorio, i funerali della ragazzina, cavalcati da Hamas che inneggia alla vendetta e alla guerra santa («sulle ali dei nostri missili»). Una bambina che gioca su uno sterrato fra polli e piccioni mentre nell'aria rimbombano la predica furente dell'imam dalla moschea e il ronzio sinistro di due droni che sorvolano la zona. Niente commenti, nessuna spiegazione. «La versione che andrà in onda su Raitre a fine settembre, destinata al grande pubblico, sarà più stringata e didascalica», spiega il regista. Nel film visto a Locarno per parlano solo i palestinesi, e ogni parola è una stilettata. Anche perché Hamas sembra l'unico orizzonte possibile per gli abitanti di questo territorio grande un terzo del Comune di Roma, più di un milione e mezzo di persone, quasi tutti profughi o figli e nipoti di profughi fin dal 1948. «A Gaza non si entra, da Gaza non si esce», dice Savona, che è riuscito chissà come a eludere i controlli militari israeliani con la sua telecamera. «Chi vive a Gaza non ha nazionalità nè passaporto. Il mio interprete, quello che nel film prega strappando l'erba dal suolo, vive e lavora a Dubai, ma quando è tornato a trovare la famiglia è scoppiata la guerra ed è rimasto in trappola. Per questo non si può attribuire ai palestinesi della Striscia la responsabilita della leadership di Hamas, E una conseguenza dell'isolamento totale in cui sono tenuti». Molti maledicono Israele, giurano che non se ne andranno mai, ci volesse pure un milione di morti. Il più impressionante è quel padre di famiglia che si dice disposto a sacrificare i figli ancora in vita («Non sono migliori di quelli che ho perso sotto le bombe») pur di vincere la guerra. Ma sa che tutto ricomincerà e ogni generazione avrà i suoi morti, «perché appena i nostri figli crescono Israele li taglia , come si fa col basilico>. Vent'anni fa avrebbe usato un linguaggio paramarxista, stile Arafat, sostiene Savona. «Oggi parla la lingua dei fondamentalisti, perché non ha altro a disposizione». Eppure qualcuno non ci sta: come quell'anziana coppia di fuggiaschi che ha avuto la casa distrutta e depredata dai militari israeliani e vaga all'imbrunire lamentandosi della persecuzione, perché nessuno della loro famiglia è mai stato dell'Olp né di Hamas, tanto che dei giovani passanti si uniscono a loro e cominciano a inneggiare a Hamas, spingendoli poco a poco a unirsi al loro coro di slogan e frasi fatte. «Una scena miracolosa, colta al volo quasi per caso col favore del crepuscolo», racconta Savona, Che è già al lavoro su un altro film, girato sempre a Gaza nelle tre settimane successive al cessate il fuoco. «Una storia spaventosa di crimini compiuti a freddo dall'esercito israeliano a scopo intimidatorio, raccontata in parte da giornali come The Guardian e le Monde, e ammessa anche in certi ambienti di Tel Aviv. Io stesso non ci avrei creduto se non l'avessi verificata in ogni dettaglio, incrociando dati e testimonianze», Da qualche tempo in Israele per mandare qualcuno a quel paese gli si dice Vai a bere il mare a Gaza . Non dev'essere un caso.

 

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