Fonte:

[b]Redazione
lunedì 6 luglio 2009
Mattia Sorbi[/b]

“Come tutto quello che abbiamo nelle vita anche la democrazia in Iran non pioverà dal cielo, ringrazio tutti i cittadini italiani qui presenti che continuano a sostenerci” scandisce dal microfono del palco allestito in Piazza della Scala, Amir, un giovane studente iraniano che vive a Milano da alcuni anni. Sono le sette di sera di giovedì due luglio e, nonostante il caldo umido che in questi giorni imperversa a Milano, circa cinquecento persone tra cittadini iraniani e italiani si sono radunate per questa maratona oratoria promossa dall’UGEI (Unione Giovani Ebrei Italiani) che ha visto l’adesione del Comune e la partecipazione trasversale di molte realtà giovanili e politiche italiane, dai Giovani delle Libertà ai Giovani Democratici passando per i Giovani delle Acli all’Associazione Annaviva.

“Noi siamo uniti con tutti gli iraniani che dimostrano oggi a Milano per dire al mondo che Ahmadinejad non è il nostro Presidente. Stiamo cercando solo la democrazia e la pace. Non la bomba atomica.”. L’appello che Moshen Makhmalbaf, il regista del film “Viaggio a Kandahar” e oggi portavoce di Moussavi, il leader dell’opposizione iraniana, ha consegnato a IlSussidiario.net risuona in Piazza della Scala dalla voce di Ahmad Rafat, storico rappresentante del movimento per i diritti civili in Iran. Il presidente dell’UGEI spiega a IlSussidiario.net che l’iniziativa è particolarmente importante affinché Milano dedichi una via agli studenti iraniani massacrati dal regime il 9 Luglio del 1999. “Si tratta di un gesto simbolico”, spiega Nahum, “come gli Stati Uniti durante il regime sovietico dedicarono la via dell’ambasciata Russa a Washington a Sacharov, così chiediamo al Sindaco di Milano un gesto concreto per i diritti umani in Iran”. Il presidente del Consiglio Comunale Manfredi Palmieri, il consigliere del PdL Malagola e quello del PD Maran hanno presentato una mozione per portare avanti questa iniziativa, che molto probabilmente sarà votata dopo l’estate.

Nahum si dice fiducioso per il movimento studentesco iraniano dell’Onda Verde a patto che l’Occidente faccia la sua parte. “Tutte le volte che le democrazie occidentali si sono seriamente impegnate e hanno saputo coalizzarsi contro i regimi dittatoriali si sono ottenuti dei risultati. Gli accordi di Helsinki del ’75 sono un ottimo esempio. Grazie a quel compromesso con l’Unione Sovietica furono poste le basi per il rispetto dei diritti umani e per la liberà di movimento nei Paesi al di là della cortina di ferro”, dichiara il Presidente dell’UGEI. Tra la folla, IlSussidiario.net s’imbatte in un ragazzo italo-iraniano che accetta di parlare sotto condizione d'anonimato. “Mio padre è italiano ed ho vissuto fino all’età di quattordici anni in Iran. Oggi sono qui per rivendicare il diritto del popolo iraniano alla libertà. Il governo iraniano continua a ostentare di fronte al mondo il suo potere. Nega la realtà dei brogli elettorali e reagisce violentemente alle proteste entrando nelle case delle persone, incarcerandole o molestandole”.

Non è semplice per noi occidentali capire che tipo di persone siano i giovani iraniani. “Qui in piazza ho amici studenti e lavoratori provenienti da città e piccoli paesi dell’Iran molto differenti tra loro, ma posso garantire che tutti questi ragazzi pensano e agiscono proprio come gli occidentali e non hanno cambiato il loro stile di vita rispetto a quando vivevano in Iran. Nei loro luoghi di origine, attraverso la parabolica che in Iran utilizzano quasi tutti, conoscevano già l’Europa e parlano tutti inglese. Sì certo, qui si possono bere alcolici e non c’è alcuna repressione nei costumi, ma queste sono esattamente le stesse cose che facciamo in Iran di nascosto. Quello che ci divide è solamente la lingua e proprio per questo è molto difficile che l’informazione qui in Italia riesca a descrive in profondità il nostro Paese” racconta lo studente a IlSussidiario.net.

La maratona oratoria prosegue e prende la parola Gabriele Nissim tra i fondatori del Comitato Foresta dei Giusti. Il dott. Nissim non nasconde che i giovani di Tehran gli ricordano i giovani di Praga oppressi dal regime comunista. “In quel periodo viaggiavo spesso nell’allora Cecoslovacchia come giornalista seguendo l’ex presidente Havel, allora giovane leader del movimento Charta 77, il loro motto era Vivere la Verità, vivere in modo diverso dalle imposizioni dettate dal regime. Sono colpito da queste ragazze iraniane che usano il chador in modo particolare quasi a mo’ di foulard, scoprendo la fronte e i capelli. È una forma di resistenza morale. Ritengo che sia molto importante che si crei un collegamento morale tra noi e loro. Pensavamo che i diritti umani fossero patrimonio solo dell’Occidente, ma abbiamo scoperto che anche i popoli a maggioranza mussulmana ambiscono agli stessi diritti che godono i popoli europei. Avevamo dato l’Iran per perso. Secondo me è molto importante che si possa creare un ponte morale tra noi e il popolo iraniano”.

Due onde non violente quelle di Charta 77 e della protesta iraniana, due generazioni separate da due fasi storiche differenti ma entrambe condotte da giovani protagonisti, i grandi assenti sembrano i giovani italiani. Il dottor Nissim condivide questa provocazione e afferma che “il grande problema è come creare le condizioni della solidarietà con il popolo iraniano. Queste condizioni possono maturare quando si crea un ponte culturale tra la nostra società civile e la loro società civile. Da noi manca la percezione di cosa sia la condizione umana in quei paesi. Per questo sono molto importanti i simboli. L’uccisione brutale di Neda, la ragazza colpita dal proiettile di un cecchino e a cui è stato negato il funerale pubblico dalle autorità rimanda al mito di Antigone. Neda è una sorta di Antigone moderna”.

Sono le nove di sera e le persone accorse in Piazza della Scala sono aumentate, la maratona oratoria sta per finire mentre un gruppo formato da semplici cittadini italiani, iraniani e consiglieri comunali sta portando al lato della Piazza un carico di palloncini verdi, simbolo della speranza iraniana. Tra queste persone c’è Babak, uno studente iraniano di lingue iscritto all’Università Statale di Milano. “Ho ventisei anni e durante gli anni del liceo a Teheran sono stato imprigionato e torturato nel carcere di Evin per aver protestato contro la censura del regime ed aver distribuito alcune prove fotografiche di precedenti brogli elettorali. La passione per lo studio delle lingue straniere mi è venuta fin da piccolo, così con il satellite ho imparato a capire le notizie che soprattutto la televisione giapponese e americana rilasciano frequentemente sul nostro Paese. La censura nei paesi mussulmani contraddice gli insegnamenti di Maometto il cui primo insegnamento è stato quello di studiare. Perché in Iran non si può né studiare né parlare liberamente del grande Ciro il persiano, un personaggio storico stimato in tutto il mondo per i suoi scritti sui diritti umani?”. I palloncini verdi si alzano in cielo e Babak sospira, “lo scontro sarà duro perché il regime sa bene che se cede la prima volta cadrà per sempre. Adesso è il tempo della rivoluzione delle donne iraniane. Ricordiamoci che Maometto è arrivato per salvare le donne, ma dopo millequattrocento anni siamo tornati molto indietro”.

(Mattia Sorbi)

 

One Response to IRAN/ A Milano tra iraniani ed ebrei: l'Onda Verde diventa globale

  1. Admin ha detto:

    Presente la punta di diamante della migliore Italia. Assienti il nazicomunismo ed il nazislamismo.

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