La nuova guerra fredda
[b]di Daniel Pipes
Liberal-18 giugno 2009[/b]
[b]Pezzo in lingua originale inglese: The Middle Eastern Cold War
La guerra fredda è «la chiave per comprendere il Medio Oriente nel XXI secolo». Così argomentano Yigal Carmon e tre dei suoi colleghi del Middle East Media and Research Institute (Memri) in un recente studio dal titolo An Escalating Regional Cold War.
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad con Re Abdullah dell'Arabia Saudita alla Mecca, nel dicembre 2005.
Essi hanno identificato un importante scontro che i media in qualche modo hanno colto – e che è più rilevante dal momento che Mahmoud Ahmadinejad è stato appena re-designato presidente dell'Iran.[/b]
Una guerra fredda, nella definizione del Merriam-Webster, è «un conflitto basato sulle differenze ideologiche, condotto con modalità che non contemplano una prolungata azione militare manifesta e in genere senza la rottura di rapporti diplomatici». Si osservino i tre elementi presenti in questa definizione: le differenze ideologiche, nessun reale combattimento e la non-rottura dei rapporti diplomatici.
Il classico esempio di guerra fredda, naturalmente, vide coinvolti Stati Uniti ed Unione Sovietica tra il 1945 e il 1991 e fu uno scontro lunghissimo e globale. La "guerra fredda araba" del 1958-70, più breve e più localizzata, offre un secondo esempio importante. In quel caso, Gamal Abdel Nasser, un rivoluzionario egiziano, provò a sconvolgere la regione, mentre i sauditi condussero lo sforzo di mantenere lo status quo. Il loro conflitto culminò nella guerra yemenita del 1962-70, una violenta lotta che finì solamente con la morte di Abdel Nasser.
Una nuova divisione ideologica ora spacca la regione: ciò che io definisco la guerra fredda mediorientale. La sua dinamica aiuta a spiegare un confronto sempre più ostile fra due blocchi.
Il blocco rivoluzionario ed i suoi alleati: l'Iran guida Siria, Qatar, Oman e due organizzazioni come Hamas e Hezbollah. La Turchia è un'importantissima ausiliaria. L'Iraq sta dietro le quinte. Paradossalmente, alcuni di questi paesi sono dichiaratamente non-rivoluzionari.
Il blocco dello status quo: l'Arabia Saudita conduce (ancora), insieme ad Egitto, Giordania, Libano, Tunisia, Algeria, Marocco e ad un seguito costituito dalla maggior parte dei paesi di lingua araba, unitamente a Fatah. Israele funge da semi-ausiliario. Si osservi che l'Egitto, che un tempo era a capo di un suo blocco, ora lo è unitamente all'Arabia Saudita, il che denota una ridotta influenza del Cairo nel corso degli ultimi cinquant'anni.
Alcuni paesi, come la Libia, stanno in panchina.
L'attuale guerra fredda risale al 1979, quando l'Ayatollah Khomeini prese il potere a Teheran e nutrì grandi ambizioni di destabilizzare gli altri paesi della regione per imporre il suo marchio dell'Islam rivoluzionario. Tali ambizioni diminuirono dopo la morte di Khomeini, avvenuta nel 1989, per poi tornare a ruggire nel 2005 con la presidenza di Ahmadinejad unitamente alla costruzione di armi di distruzione di massa, a un diffuso terrorismo ed alla rivendicazione del Bahrein.
La guerra fredda mediorientale ha innumerevoli manifestazioni significative. Eccone quattro:
1) Nel 2006, quando Hezbollah combatté contro le Forze di difesa israeliane, diversi Paesi arabi condannarono pubblicamente Hezbollah per le sue «azioni impreviste, inappropriate e irresponsabili». Un editoriale di un quotidiano iraniano replicò con «un'eterna maledizione contro i mufti della corte saudita e dei faraoni d'Egitto».
2) Nel marzo scorso, il governo del Marocco ha annunciato di aver interrotto le relazioni diplomatiche con Teheran a causa di una «intollerabile interferenza negli affari interni del Regno», vale a dire i tentativi iraniani di convertire i sunniti alla versione sciita dell'Islam.
3) In aprile, il governo egiziano ha arrestato 49 agenti di Hezbollah, accusandoli di destabilizzare l'Egitto; Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah, ha poi confermato che il leader del gruppo ha lavorato per lui.
4) Gli stretti legami turco-israeliani hanno subito una stagnazione poiché la leadership islamista sempre più manifesta di Ankara si oppone alle linee politiche del governo israeliano, utilizza un linguaggio ostile allo Stato ebraico, invita i suoi nemici ad Ankara, trasferisce armi iraniane ad Hezbollah ed usa l'antisionismo per isolare l'esercito turco.
Distogliendo l'interesse dall'incessante conflitto arabo-israeliano, la guerra fredda mediorientale sembrerebbe contribuire a ridurre le tensioni. Non è proprio così. Per quanto velenosi possano essere i rapporti tra Fatah ed Hamas, con gli operativi che s'uccidono gli uni con gli altri, essi finiranno sempre per unire le loro forze contro Israele. Allo stesso modo, di fronte all'Iran Washington non troverà un significativo appoggio nell'Arabia Saudita o in qualsiasi altro membro del suo blocco. Alla fine, i Paesi musulmani eviteranno di unirsi con i non-musulmani contro i fratelli musulmani.
Più in generale, la guerra fredda mediorientale internazionalizza le questioni un tempo locali – come l'appartenenza religiosa dei marocchini – permeandole di ampie ripercussioni in tutto il Medio Oriente. Pertanto, questa "guerra fredda" aggiunge nuovi punti caldi ed una maggiore precarietà a quella che era già la più instabile regione al mondo.
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