Gaza è un campo di prigionia pensato e voluto dai Paesi arabi
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[b]di Nonie Darwish
13 Gennaio 2009[/b]
60 anni fa, 22 Paesi arabi si accordarono per creare un campo di
prigionia chiamato Striscia di Gaza. Ancora oggi, gli arabi proclamano
la loro devozione verso il popolo palestinese ma sembrano più
interessati a sacrificarlo
"Le condizioni di Gaza dopo 40 anni" è uno dei titoli apparsi sulla BBC
la settimana scorsa. Parlando della Striscia, una settimana passa
raramente senza una lamentela politica o organizzativa sulla situazione
umanitaria. Ma non sento nessuno che ne descriva la causa d'origine: 60
anni di politica araba hanno contribuito a mantenere i palestinesi in
una condizione di rifugiati senza patria allo scopo di fare pressioni su
Israele.
Ho vissuto a Gaza da bambina negli anni Cinquanta quando l'Egitto
conduceva delle operazioni di guerriglia contro Israele partendo proprio
dalla Striscia che allora era sotto il controllo del Cairo. Mio padre ha
comandato alcune di queste operazioni, compiute dai fedayeen (che
significa "auto-sacrificio"). Era la linea del fronte del Jihad arabo
contro Israele.
Mio padre fu ucciso da Israele in un assassinio mirato nel 1956.
Oggi la Striscia di Gaza, sotto il controllo di Hamas, è diventata un
campo di prigionia per un milione e mezzo di palestinesi e continua a
servire come piattaforma di lancio per gli attacchi contro gli
israeliani. Questa è l'eredità della politica del mondo arabo per i
rifugiati palestinesi iniziata 60 anni fa, quando la Lega Araba realizzò
delle leggi speciali per i palestinesi a cui tutti i paesi arabi
dovettero attenersi.
Anche se un palestinese sposasse un cittadino di un paese arabo, quel
palestinese non potrebbe acquisire la cittadinanza del suo o della sua
consorte. Un palestinese può nascere, vivere e morire in uno stato arabo
e non ottenere mai la cittadinanza. Anche ora ricevo e-mail da
palestinesi che mi raccontano di non riuscire ad avere un passaporto
siriano, per esempio, e devono rimanere palestinesi anche se non hanno
mai messo piede nella West Bank o a Gaza. La loro identità forzata è
stata pensata apposta per eternare lo status di rifugiato. I palestinesi
sono stati manovrati e sfruttati dalle nazioni arabe, e dai terroristi
palestinesi, con l'obiettivo di distruggere Israele.
Quei 22 stati arabi certamente non hanno scarsità di terra. Molte zone
nelle vicinanze, come il Sinai, la Giordania, l'Arabia Saudita, hanno un
basso tasso di densità di popolazione. Ma assorbendo i palestinesi
cesserebbe il loro status di rifugiati e il desiderio di nuocere a
Israele. La ricchezza degli arabi, che sta incrementando drasticamente
per via del prezzo del greggio che sale alle stelle, non è mai stata
usata per migliorare la vita, le infrastrutture, e l'economia della
popolazione della West Bank e di Gaza. Invece è servita a finanziare i
gruppi terroristici che rifiutano l'esistenza di Israele e si oppongono
alla pace.
La gente comune di Gaza ha migliori opportunità di impiego se si unisce
ad Hamas. La breccia aperta a gennaio nel posto di controllo tra Egitto
e Gaza, orchestrata da Hamas, è il risultato di queste politiche per i
rifugiati palestinesi. Il checkpoint sul fronte arabo di Gaza non poteva
contenere dei reclusi. Il piano arabo per sovrappopolare Gaza, dunque, è
esploso nella
direzione sbagliata. Dopo questa esplosione, Suleiman Awwad, uno dei
portavoce dell'amministrazione egiziana, ha detto: "l'Egitto è uno stato
rispettabile, i suoi confini non possono essere danneggiati e non
possiamo tollerare che vengano scagliate delle pietre contro i nostri
soldati". In altre parole l'Egitto non è come Israele, uno stato a cui
si può mancare di rispetto. Gli abitanti di Gaza non devono indirizzare
la violenza contro l'Egitto ma solo verso Israele. Questo è il giudizio
comune nel mondo arabo.
Il mese scorso Hamas ha minacciato di condurre 40.000 palestinesi,
principalmente donne e bambini, al confine tra Gaza ed Israele per
protestare contro le restrizioni imposte dallo stato ebraico alla
Striscia. Alcuni leader di Hamas hanno fatto balenare l'ipotesi che
avrebbero spinto i manifestanti verso i valichi, dimostrando ancora una
volta che i terroristi palestinesi non hanno alcuno scrupolo nel mettere
in pericolo le vite di persone innocenti – israeliane o palestinesi.
Fortunatamente solo 5.000 persone si sono fatte vive.
Ma Hamas ha avuto successo nell'uccisione di un israeliano due giorno
dopo: un uomo di 47 anni, padre di quattro figli, è morto durante un
attacco di razzi provenienti da Gaza mentre stava guidando la sua auto,
in prossimità del Sapir College, vicino a Sderot. Due settimane prima,
due fratelli israeliani, Osher e Rami Twito, di 8 e 19 anni, sono stati
seriamente feriti
da un razzo mentre compravano il regalo di compleanno al padre. La gamba
sinistra di Osher deve essere amputata.
Israele si è ritirato da Gaza nell'agosto del 2005. Tra maggio e giugno
del 2007, Hamas ha ingaggiato una guerra contro i suoi fratelli
palestinesi di Fatah per ottenere il controllo della Striscia. Il
movimento islamico ha intensificato gli attacchi missilistici contro le
città israeliane, obbligando Israele a prendere misure economiche e
militari contro Gaza. Hamas è diventato un pericolo non solo per
Israele, ma anche per i palestinesi e i paesi arabi vicini. Tuttavia, il
mondo arabo ancora si rifiuta di riconoscere quali sono le sue
responsabilità nella creazione di questo mostro. E' difficile trovare
situazioni del genere nella Storia
umana: la creazione internazionale dello status di rifugiato per un
milione e mezzo di persone che dura da 60 anni. Come dire, il mondo
arabo si è dato la zappa sui piedi.
Il mondo ha bisogno di capire che questa pericolosa confusione è
iniziata quando i 22 paesi arabi si accordarono per creare un campo di
prigionia chiamato Striscia di Gaza. Gli arabi proclamano il loro amore
verso il popolo palestinese ma sembrano più interessati a sacrificarlo.
E' tempo per il mondo arabo di aprire i suoi confini e integrare gli
arabi della West Bank e di Gaza che desiderano vivere altrove. E' tempo
per il mondo arabo di aiutare sinceramente i palestinesi, non di usarli
in modo strumentale.
Istituto Culturale della Comunità Islamica Italiana
mailto:islam.inst@alice.it
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