Sepolte le bambine uccise da Hamas
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[b]IL NONNO: «SIAMO POVERI, AIUTATECI. HO FATTO 5 GUERRE, NON ODIO PIÙ NESSUNO»
Sepolte le bambine uccise da Hamas: «Nessuno si è scusato»
La famiglia ha perso due figlie di 5 e 13 anni per un errore dei miliziani: «Ma è un diritto tirare i razzi su Israele»
Dal nostro corrispondente Francesco Battistini [/b]
[b]GERUSALEMME [/b]— C'è troppa storia, nella storia di nonno Hasan. Un vecchio che la vita ha condannato a vedere tutto: «La mia prima guerra è stata nel 1956. Ci sparavano coi fucili di legno. Era brutta. Ma li vedevamo, riuscivamo a nasconderci. L'ultima è questa. Mostruosa. Arriva un'esplosione, ammazzano, non hai nemmeno il tempo di capire. Non puoi scappare. Puoi solo piangere i morti». Dopo il '56, il vecchio Hasan Abu Khusa s'era già fatto la guerra dei Sei giorni. E la prima intifada. E la seconda intifada: «Mi hanno ferito a una gamba ». Non ci crede, a chi gli dice che le bombe in guerra non cadono mai nello stesso posto. A lui è successo: quattro giorni, due crateri. Venerdì, le brigate al-Kassam hanno lanciato un razzo difettoso, che s'è acceso male e gli ha distrutto mezza casa, ammazzato due nipotine. Ieri, l'aviazione israeliana: otto esplosioni, una sul suo campo di patate, che senza sbagliare hanno ucciso un vicino, capo militare di Hamas.
Al telefono, il cellulare d'un suo genero che va a cercarlo — «ti vogliono intervistare, digli che siamo poveracci, che ci aiutino!» —, Hasan è una voce spossata: «Sessant'anni, cinque guerre: che cos'ho fatto a Dio?». Che cosa gli hanno fatto gli uomini, forse. Si può arrivare all'età della saggezza e avere paura di protestare. «Io non sto con nessuno, non odio nessuno. Né Hamas, né gl'israeliani, né gli arabi…». Quel che resta della sua casa è a Beit Lahya, nel quartiere di Atatra: «Quando non bombardano, usciamo e cerchiamo d'aggiustare qualcosa: il muro, il tetto… Viviamo in quindici, qui dentro. Se piove, i grandi coprono i bambini per non farli bagnare». Hasan era lì, venerdì, alle tre del pomeriggio: «Ho sentito una decina di scoppi e sono uscito. Anche le mie nipotine l'hanno fatto, pochi secondi prima di me. Le ho trovate per terra, una con la testa mezza staccata». Sabah e Hanin, 13 e 5 anni, sono morte subito: avevano in mano un libro di scuola, un pupazzetto. Palestinesi uccise dal Kassam palestinese. Partito male, caduto peggio: «Ma io non so chi l'ha lanciato — è terrorizzato il nonno —. Non ho le prove per dire che sia stato Hamas o Israele…». Non ha il coraggio d'accusare, perché a Gaza basta poco per finire accusati: «Hamas ha il diritto di lanciare i suoi razzi. Israele deve riconoscere i diritti dei palestinesi». Dove abita lui, lo chiamano Kassamistan: il regno dei Kassam. Nord della Striscia, proprio a ridosso del muro, un buon posto per lanciare il più lontano possibile i razzi destinati a Israele. È su quest'area che gli ultimi attacchi aerei insistono.
E la seconda volta di Hasan, ieri, è stato il colpo di grazia. A trecento metri dalle sue macerie abitava Mahir Zaqut, leader militare della Jihad, addestratore di terroristi. «Ci è arrivato addosso di tutto. Noi siamo fra due fuochi, colpiti da tutt'e due le parti. Ma siamo civili, non c'entriamo niente con la politica: perché dobbiamo pagare noi?». Se i Kassam gli hanno aperto i muri, le bombe israeliane gli hanno incenerito il campo, l'orto di fragole, l'angolo dove teneva i meloni e i melograni. Danni collaterali, per i generali. Il danno d'una vita, per lui: «Tutta la mia famiglia vive di questo. Coltiviamo la terra, portiamo la roba al mercato. Ma anche il mercato è stato distrutto, è morta molta gente sabato. Non so dove vendere. Non so che cosa vendere». Circolano sul web le foto di bancarelle piene di merci, ma sono vecchie: ora i prezzi sono altissimi a Gaza, il cibo introvabile. Perché i tunnel sono stati distrutti, i canali d'approvvigionamento chiusi. L'Algeria ha inviato 60 tonnellate di viveri, una goccia. L'Egitto ha fatto entrare qualche container, un nonnulla. «E l'Italia? Che cosa ci manda l'Italia?», elemosina Hasan: «Dio ci aiuti, siamo povera gente». Le due bambine sono state sepolte al cimitero del paesino, di fretta, la mattina del primo attacco. C'erano il nonno, il papà , gli zii. La mamma no: una sorellina, quindici mesi, è ferita all'ospedale. Ma Hamas ha fatto le condoglianze? «Non s'è scusato nessuno. Nessuno ha fatto nulla. Siamo poveracci, noi».
[b]Francesco Battistini[/b]
[b](ha collaborato Said Ghazali)
30 dicembre 2008[/b]
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