[b]Un film di animazione scritto, prodotto e diretto dall’israeliano Ari Folman[/b]

Federico Gironi

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Da alcuni è stato già ribattezzato – con pochissima originalità e anche una certa qual dose di superficialità – “il Persepolis del 2008”.
Definizioni a parte, resta il fatto che Waltz with Bashir – scritto, prodotto e diretto dall’israeliano Ari Folman – è un film d’animazione piuttosto insolito, che applica diverse tecniche del genere al racconto d’ispirazione documentaria.

Il Bashir del titolo è infatti Bashir Gemayel, leader falangista e presidente libanese assassinato nel 1982 dopo pochissimi giorni d’insediamento: nel film, tutto parte dal racconto di un sogno legato alla Prima Guerra del Libano fatto al regista (anche protagonista, quindi) da un suo amico: racconto che scatenerà nel filmmaker strani ricordi legati alla sua partecipazione alla guerra ed un’altrettanto strana amnesia legata alla sua eventuale presenza a Beirut in concomitanza con il tristemente noto massacro avvenuto per mano dei Falangisti cristiani nei campi palestinesi di Sabra e Shatila, situati nella zona ovest della capitale libanese. Per capire e ricordare, Folman parlerà con diversi suoi amici ed ex commilitoni, ricostruendo i suoi ricordi e presentando così al pubblico una complessa rivisitazione di quegli eventi così furono percepiti e vissuti da “normali” soldati israeliani. Una rivisitazione sospesa tra realismo ed onirismo, un po’ lenta e farraginosa nella sua parte iniziale, più incisiva quando i nodi arrivano al pettine.

Visivamente molto interessante nel suo mescolare diverse tecniche – dall’animazione tradizionale a quella in 3-D, passando per quella in Flash – ma non esente da alcune scivolate nel formalismo, Waltz with Bashir trova le maggiori luci e le maggiori ombre nella sua forma di racconto e nelle sue tematiche.
Se è indubbiamente vero che con il suo film Folman contribuisce a (ri)portare alla memoria di tutti una pagina assai triste della storia recente e non lesina critiche (non sempre dirette, per quanto sia parecchio esplicito il riferimento alla “connivenza” di Ariel Sharon, allora ministro della difesa israeliano) alle tante responsabilità israeliane per l’accaduto, lo è altrettanto che le sue conclusioni sono troppo facilmente assolutorie per sé stesso ed i suoi commilitoni – descritti come pedine in un gioco comandato dall’alto – e che manca totalmente una qualsiasi forma di autocritica che riguardi in maniera più ampia le responsabilità ed i comportamenti israeliani relativi all’invasione del Libano tutta e non solo per lo specifico del massacro falangista. Nel complesso non si può definire Waltz with Bashir un prodotto malriuscito, lo si apprezza per ragioni formali e strutturali, ma quello di Folman è comunque un film che lascia una buona dose di amaro in bocca.

 

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