11.02.2008 Il dialogo a rischio tra cattolici ed ebrei
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[b]dopo le opinioni di Rav Giuseppe Laras e di Giorgio Israel, un intervento di Mario Pirani[/b]
[b]«Quelle poche parole che costarono tanto»
Mario Pirani
Da La REPUBBLICA dell'11 febbraio 2008:[/b]
Il mio amico Joe Golan è morto qualche anno fa. Era un uomo straordinario: faceva parte del gruppo, ormai esiguo, dei pionieri che avevano costruito Israele ma, soprattutto, aveva lasciato un´impronta in quasi tutti i tentativi per tessere una tela che riavvicinasse ebrei, arabi e cristiani.
Amico di Maometto V, re del Marocco, di La Pira, di Martin Buber aveva messo in opera le sue peculiari doti di diplomatico della pace per la riuscita degli Incontri mediterranei che l´allora sindaco di Firenze aveva promosso. Non per questo, però, ne parlo oggi ma per una impresa che lo impegnò per anni presso il Vaticano al fine di ottenere che il Pontefice promulgasse una revisione liturgica per cancellare quelle frasi nelle preghiere della Settimana santa in cui i giudei venivano definiti popolo deicida e perfido, colpevoli di rifiutare il messaggio del Cristo.
In un avvincente libro di memorie – «La Terra Promessa» (Torino 1997) – che lo sollecitai con successo a proporre alla Einaudi, Golan dedica gli ultimi capitoli al racconto appassionante di questa missione da lui condotta per conto del presidente del Congresso mondiale ebraico, Nahum Goldmann di cui all´epoca era il braccio destro. Lo si legge con una «suspence» che richiama «Il Codice da Vinci», solo che si tratta di storia vera e non di fiction. Inizia nell´ottobre del 1957 e si conclude il 28 ottobre 1964 quando il Concilio Vaticano II vota a grande maggioranza la cancellazione delle espressioni ostili agli ebrei dalle preghiere pasquali (1925 sì, 88 no, astenuti i vescovi dei paesi arabi). E´ la storia di un arduo viaggio fra i massimi vertici della Chiesa, avviato tra mille difficoltà sotto papa Pacelli e divenuto via via più promettente con Giovanni XXIII e Paolo VI.
Qui posso solo citare qualche passaggio da cui risulta quanto controversa fu quella modifica di poche parole, quale travaglio essa comportò per la Chiesa, quali aspettative suscitò nel mondo ebraico che aveva vissuto per duemila anni, culminati nella Shoah, il peso di una maledizione evangelica che assolveva in partenza ogni persecuzione antisemita. Nel resoconto di Golan si susseguono incontri con numerosi personaggi storici. Fin dall´inizio il famoso cardinale Tisserant, decano del Sacro Collegio, lo mette in guardia: «Solo il Sovrano Pontefice in persona può approvare gli emendamenti che lei auspica. Ciò che complica le cose è che papa Pacelli esiterà a fare il minimo gesto che possa essere interpretato come un tentativo per riscattarsi per l´atteggiamento che ha tenuto durante la guerra». L´abate Journet, superiore del grande seminario di Friburgo in Svizzera che riceve Golan su sollecitazione di Francois Mauriac, parla senza sotterfugi: «Lei non immagina le dimensioni del vizio antisemita che rode la Chiesa. Solo quando se ne sarà liberata potrà aspirare alla universalità ». Il grande teologo, Jacques Maritain, ambasciatore di Francia presso la S. Sede, sarà ancora più drastico: «Finché Pacelli regnerà non le riuscirà di combinare nulla». Quasi brutale il cardinal Lercaro, arcivescovo di Bologna: «Pacelli manca totalmente di coraggio e di fantasia. E´ imperdonabile che la Chiesa abbia trascurato di affrontare seriamente la questione ebraica, soprattutto dopo l´Olocausto». Di ben altro tono il capo del Sant´Uffizio (predecessore di Ratzinger in questo incarico) cardinal Ottaviani, che esclama. «Chi lo avrebbe detto? Ora gli ebrei vogliono cambiare le nostre preghiere…». Per contro chi ridarà fiducia al plenipotenziario dell´ebraismo saranno tre grandi prelati, Agostino Bea e due altri, destinati di lì a poco a succedersi sul trono di Pietro, Roncalli e Montini. Il primo, ancora Patriarca di Venezia, esclama: «Questa Chiesa deve rinnovarsi, la liturgia è sorpassata ed è ormai diventata insopportabile». Le ultime pagine sono dedicate all´aspro contenzioso che si svolge al Concilio.
Nel 1970 Paolo VI sancirà che le preghiere del Venerdì santo dovranno rivolgersi agli ebrei con queste parole: «Il Signore Dio nostro che li scelse primi fra tutti gli uomini, li aiuti a progredire sempre nell´amore del Suo nome e nella fedeltà alla Sua alleanza». Oggi papa Ratzinger, stravolgendole, ha fatto compiere un enorme passo indietro alla Chiesa cattolica, riportandola a prima del Concilio, dell´incontro di Giovanni Paolo II con Toaff alla Sinagoga di Roma e del suo viaggio al Muro del Pianto. Se ne è reso ben conto il cardinal Martini che sull´ultimo numero di «Civiltà cattolica» esorta ad «evitare di scendere al di sotto delle formule felici del Concilio Vaticano II» e a «non perdere tempo prezioso in discussioni già svolte nel corso degli anni».
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