La speranza Annapolis, l'incubo Gaza
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[b]Di S.E. Gideon Meir, Corriere della Sera, 27 novembre 2007[/b][/size]
Caro direttore, sono passati sessant’anni da quando le Nazioni Unite composero il conflitto arabo-israeliano, sancendo la creazione di due stati per due popoli. Il fallito conseguimento di questa soluzione a due stati ha significato decenni di sofferenza per entrambi i popoli, e tuttavia la giustezza di questa soluzione rimane valida. La soluzione a due stati è la via migliore, per israeliani e palestinesi, per stabilire pace e sicurezza per sé stessi e per gli altri. La conferenza di Annapolis, in questi giorni, ha proprio lo scopo di rinnovare questo sforzo per conseguire la pace. È un nuovo inizio per un processo atteso da tempo.
La conferenza di Annapolis costituirà un punto di partenza, e tutti i partecipanti rinnoveranno l'impegno fondamentale per una soluzione pacifica. A ciò seguiranno colloqui intensivi su tutte le questioni in sospeso, allo scopo di porre finalmente termine alla reciproca sofferenza e di iniziare un'era di reciproca costruzione. Proprio come Israele è la patria del popolo ebraico, così la Palestina sarà la patria e l'incarnazione delle aspirazioni nazionali del popolo palestinese, di tutti i palestinesi, ovunque essi siano.
L'onere di risolvere la questione israelo-palestinese ricade sulle due parti, e i compromessi che dovranno essere raggiunti nei prossimi negoziati saranno difficili e impegnativi.
Al contempo, però, non può essere ignorata la situazione esistente sul terreno. Per questo motivo, mentre avanzano i negoziati, l'effettiva attuazione della visione rimane in stretta dipendenza dall'adempimento della Roadmap del Quartetto (l'organismo di mediazione in cui siedono i rappresentanti di Usa, Unione Europea, Onu e Russia, ndr), accettata da entrambe le parti. Nella prima fase prevista dal documento, l'Autorità palestinese si è impegnata a fermare ogni tipo di terrorismo contro israeliani, dappertutto. La rinuncia a ogni forma di violenza è una condizione al proseguimento del processo di pace.
Israele, da parte sua, ha dimostrato la sua disponibilità ad adempiere ai propri obblighi previsti dalla Roadmap, e ha applicato una serie di misure atte a sostenere il processo. Oltre ad aver congelato lo sviluppo degli insediamenti, Israele ha anche rilasciato quasi 800 detenuti palestinesi coinvolti in attività terroristiche.
Si sente dire spesso che il principale impedimento alla pace sono gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi. A tal proposito, però, è bene ricordare che Israele, sotto il governo di Ariel Sharon, ha sgomberato tutti gli insediamenti dalla Striscia di Gaza, e quattro insediamenti anche dalla Samaria del nord, nell’estate del 2005. Oltre 8 mila israeliani persero allora la propria casa, ma i palestinesi, con nostro grande rammarico, anziché sfruttare questo passo per il benessere della loro popolazione e per lo sviluppo della Striscia di Gaza, hanno preferito costituire uno “Stato†terrorista guidato da Hamas, che investe tutte le proprie forze e le proprie risorse nel riarmo, nell’intensificazione del terrorismo e nell’impedimento di qualsiasi accordo di pace.
La conferenza di Annapolis dovrà essere seguita anche da uno sforzo internazionale, per creare un ambiente circostante di sostegno per le parti, nel loro impegno a raggiungere un accordo. Per esempio, la Conferenza dei paesi donatori di Parigi, in programma per dicembre, costituirà un’opportunità , per i paesi donatori, di aiutare l’Autorità Palestinese ad avanzare nel processo. La comunità internazionale ha un importante ruolo da svolgere nel migliorare il funzionamento dell’ANP e nel migliorare le condizioni economiche dei palestinesi in generale. È d’importanza cruciale ottenere il sostegno della popolazione, che ha bisogno di vedere alcuni frutti del processo di pace anche mentre i negoziati sono ancora in corso.
Il mondo arabo e quello musulmano, in particolare, hanno un ruolo speciale da svolgere nel sostegno ai moderati e nell’isolamento degli estremisti.
Quando si conseguono degli accordi tra le parti, persino su questioni minori, il supporto da parte degli Stati arabi moderati è essenziale, specialmente nell’affrontare gli estremisti determinati a impedire qualsiasi successo. Parimenti, a mano a mano che vengono fatti progressi, dovrebbe avanzare il processo di normalizzazione tra il mondo arabo e Israele. Con il sostegno dei moderati della regione il dialogo israelo-palestinese dovrebbe portare a migliorare i rapporti e la cooperazione in tutto il Medio Oriente.
Mentre per ebrei e arabi Annapolis rappresenta la speranza, Gaza rappresenta l’alternativa da incubo. Con Gaza controllata da Hamas, la popolazione palestinese è soggetta a un’oppressione religiosa tirannica, nella quale i diritti delle minorante religiose e delle donne vengono calpestati. Inoltre, da quando Hamas ha preso il potere nel giugno 2007, oltre 350 missili e 500 colpi di mortaio sono stati lanciati dalla Striscia di Gaza contro la popolazione civile israeliana, provocando vittime, distruzione e un’atmosfera di costante terrore.
Sfortunatamente gli estremisti faranno tutto quanto in loro potere, per cercare di fermare i negoziati. Pur impegnato a promuovere la pace, però, Israele continua ad avere la responsabilità di difendere i propri cittadini dagli attacchi terroristici.
L’incontro di Annapolis possiede il potenziale per far ripartire il processo di pace, per cambiare il volto del Medio Oriente. Israele spera che tutte le parti coinvolte colgano questa opportunità e facciano tutto il possibile per spianare il cammino verso la pace.
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