Chicca Scarabello – news 17 settembre
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Dopo il successo ottenuto al Meetting di Rimini
MAGDI ALLAM a Bergamo ? Si…
Siete tutti invitati il giorno…
MERCOLEDI 19 SETTEMBRE
ore 11,30
in SALA CUTULI
C/O PALAZZO FRIZZONI
Alla conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa promossa dalle associazioni culturali
ITALIA ISRAELE DI BERGAMO e OFFICINA DELLE IDEE
in collaborazione con RADIO E
in allegato il volantino di presentazione dell'iniziativa
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Dopo le minacce ricevute da Hamas per aver denunciato i kamikaze palestinesi, "la mia vita", sostiene Allam, "è diventata strettamente collegata alla sorte di Israele, per una mia scelta interiore di fede nella sacralità della vita e per una bizzarria del destino che ha voluto che fosse un musulmano laico a battersi in prima linea, anche a rischio di morire, per difendere il diritto all'esistenza dello Stato ebraico". In quel clima, anche un ragazzo di grande sensibilità e educato in una scuola religiosa italiana come lui non era rimasto del tutto immune al pregiudizio anti-israeliano, che venne però spazzato via dalle esperienze successive: "In queste pagine ho voluto raccontarvi il mio lento e sofferto percorso esistenziale dall'ideologia della menzogna, della dittatura, dell'odio, della violenza e della morte alla civiltà della verità , della libertà , dell'amore, della pace e della vita. Fino a maturare il pieno convincimento che, oggi più che mai, la difesa del valore della sacralità della vita coincida con la difesa del diritto di Israele all'esistenza". Ecco perché questo libro autobiografico parla alle coscienze di tutti: dietro l'intransigenza con cui si tutela il diritto di Israele all'esistenza e alla pace c'è la fermezza con cui si protegge la nostra società dai pericoli di infiltrazione e legittimazione dell'ideologia della morte.
Per Informazioni
Simone Paganoni
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A Torino, per parlare di pace e cooperazione scientifica, i Rettori delle due Università di Gerusalemme: ebraica e palestinese.
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Cari Amici,
ecco in sintesi il programma dell'iniziativa.
L'idea è nata da un appello che i due Rettori delle Università di Gerusalemme – Haim Rabinowitch (Università Ebraica) e Sari Nusseibeh (Università Palestinese di Al-Quds) – hanno fatto a Londra contro il boicottaggio che gli accademici inglesi, come ogni anno, avevano proclamato nei confronti degli studiosi israeliani.
I due Rettori hanno esplicitamente chiesto di porre termine al boicottaggio contro la ricerca scientifica e si sono rivolti alle Università Europee affinchè accogliessero il loro invito alla cooperazione e alla reciproca conoscenza.
E così, grazie all'aiuto del mio impareggiabile Preside Paolo Bertinetti, che si è fatto portavoce in Senato Accademico del mio desiderio di ospitare a Torino, per una giornata all'insegna della pace e della cooperazione, i due Rettori israeliano e palestinese, e grazie all'aiuto delle colleghe Sarah Kaminski e Ada Lonni, l'iniziativa ha iniziato a prendere le mosse.
Al momento pare che l'Ateneo torinese sia stato il solo, in Europa, ad aver raccolto l'appello lanciato dai due Rettori a Londra!
E così il giorno 25 settembre alle ore 9.30 presso l'aula magna del Rettorato dell'Università di Torino si incontreranno – ospiti del Magnifico Rettore Ezio Pelizzetti – il Rettore dell'Università Ebraica di Gerusalemme, prof. Haim Rabinowitch, il il vice Rettore dell'Università Palestinese di Al-Quds per parlare dei loro progetti di cooperazione in corso. In quell'occasione, alla presenza (spero!) del Sindaco della Città di Torino, del Presidente della Provincia e della Presidente della Regione, otterranno entrambi concrete proposte di collaborazione scientifica da parte di alcune Facoltà dell'Università di Torino.
Che dire ancora? Non appena avrò dettagli più precisi Vi farò sapere. Purtroppo, anche se siamo ormai a ridosso dell'evento, è ancora tutto in progress (anche a causa delle ferie prima, e del Ramadan islamico e delle Feste Ebraiche poi).
Spero che l'iniziativa possa interessarVi. Per info si può telefonare in Rettorato e chiedere della sig.ra Accornero: 011-6702207.
Cordialità ,
Daniela Santus
(prof. di Geografia Culturale e di Geografia dei Paesi Mediterranei, Facoltà di Lingue)
tel. 334-7356525
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da oggi esiste il sito che fa al caso vostro:
La tua casa in Israele
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Reportage/ Gente d'Israele: Miki, la madre di Ehud Goldwasser
martedì 11 settembre 2007
a cura di ANNA ROLLI
http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=639&Itemid=40
Una mattina sono partita per incontrare la madre di Ehud Goldwasser, nel salotto di casa sua, a Naharia. E ora penso: "Che cosa raccontare?". Che cosa dovrebbe raccontare chi scrive di un incontro come questo? Della casa dove Ehud è cresciuto che è una villetta a schiera lungo una stradina dove i bambini giocano e corrono in bicicletta e delle dune e del mare verde-azzurro della Galilea che si intravedono in fondo alla stradina?
Dell'uscio socchiuso e dei mobili inverosimilmente semplici e alla buona con cui gli israeliani arredano le loro casette che pure risultano quasi sempre confortevoli e accoglienti? O forse è meglio raccontare che, nel salotto, quando sono entrata, c'erano un paio di amici e pochi minuti dopo hanno sorriso e sono andati via per non disturbare l'intervista e c'era anche una fanciullina minuta, pallida e bruna, con una lunga gonna blu, e mentre si alzava mi ha detto qualcosa in ebraico che io non ho capito e aveva un'espressione così triste negli occhi e sul viso e io ho preso la mano che mi porgeva e gliel'ho stretta a lungo con tutte e due le mie e mi sentivo addolorata per lei mentre la guardavo stupita e non sapevo il perché.
E appena è uscita Miki mi ha detto "E' una ragazza drusa e quella notte suo marito era di guardia insieme a Ehud ed è stato ucciso dagli Hezbollah e le hanno riportato il cadavere. Erano sposati da poco e lei era incinta del primo figlio*".
O forse è meglio descrivere Miki, la mamma di Ehud, che mi ha offerto Coca cola e pasticcini, ed è una donna di mezza età , magrolina, semplice, schietta, che si vede che vuole mostrarsi coraggiosa con la giornalista che viene dall'Europa e risponde alle domande in inglese cercando le parole giuste e tu la ascolti e intanto pensi alle cose da scrivere e da proporre e cerchi nella mente parole di speranza da dirle, ma in realtà , sul quel divano, avresti voglia soprattutto di prenderle le mani e metterti a piangere con lei.
Nel nord della Galilea tutti noi, ebrei, musulmani, drusi e cristiani viviamo insieme meravigliosamente bene e senza alcun problema.
Voglio raccontarti una cosa, davvero, perché è accaduta poco tempo fa. Cinque artisti provenienti dall'Europa, uno spagnolo, due francesi, un tedesco e un marocchino, sono venuti qui in parte per divertirsi e in parte per lavoro e per studiare cosa accade in Medio Oriente. Prima sono andati in Libano, dopo sono venuti in Israele e infine sono andati a Gaza.
Voglio dirti una cosa, avevano subito un tale lavaggio del cervello, un tale lavaggio del cervello…odiavano Israele prima ancora di averla mai vista. Sono venuti dal Libano dove impediscono alla gente di lasciare i campi profughi e di costruirsi una vita per poterli mostrare a tutto il mondo e poter dire "Guardate come siamo miseri e quanto abbiamo bisogno di soldi!"… Insomma sono arrivati dal Libano e noi li abbiamo ospitati qui insieme a quattro artisti israeliani: due musulmani, un druso e un ebreo. Questi ultimi, per prima cosa, hanno portato i cinque in giro per la Galilea per mostrare loro come abbiamo ricostruito tutto ciò che gli Hezbollah avevano colpito durante il tempo di guerra. Tutte le case bombardate e danneggiate sono state completamente riparate, così oggi non si può vedere più nulla delle rovine.
Qui a Naharia, per es., hanno ricostruito quattro edifici che erano stati ridotti in macerie e anche nei boschi bruciati sono stati piantati nuovi alberi e molti volontari israeliani hanno dedicato i fine settimana di tutto l'anno passato a questo lavoro. Gli arabi invece lasciano lì le loro rovine per anni, per far vedere che sono povera gente e povere vittime e ogni milione di euro che arriva dall'Europa non viene utilizzato per ricostruire ma per comperare fucili. I cinque artisti hanno viaggiato per tutta la regione, hanno incontrato molta gente: musulmani, drusi, cristiani, ebrei, e tutti hanno detto loro che qui in Israele viviamo insieme in pace, ognuno con la propria religione, che vivere in pace è una scelta della gente e che non c'è alcuna ragione di non farlo, che tutti i problemi ci sono venuti dal Libano e che i missili libanesi colpivano e uccidevano non soltanto gli ebrei ma anche gli arabi e che gli Hezbollah non odiano soltanto gli ebrei ma odiano anche i drusi, i cristiani e i circassi…
Però noi oramai abbiamo ricostruito ogni cosa e oggi viviamo di nuovo in pace, tra di noi. Pensi che abbiano cambiato idea? Nulla è servito a fargli cambiare idea. Quei cinque artisti ci odiavano. Il loro lavaggio del cervello era così profondo, così inamovibile, noi siamo rimasti scioccati dal loro atteggiamento, scioccati! Riuscite a vedere la verità o riuscite a vedere soltanto quello che volete vedere? Perché la verità si vede. La verità è che noi viviamo in pace e questo si vede. No, non voglio pubblicare i loro nomi senza permesso, pubblicare i nomi senza permesso non andrebbe bene.
Tu mi fai molte domande sulla situazione politica ma io sono soltanto una massaia e non mi intendo di politica e qualsiasi cosa posso dire è soltanto dal mio punto di vista. La politica è così complicata e come hai detto prima che l'economia italiana ha bisogno del petrolio e degli scambi commerciali con l'Iran…. Questi poteri sono così grandi, come il potere dei soldi che è più forte di quello della politica e io sono una creatura così insignificante, cosa posso rispondere?
Certo i politici potrebbero aiutarci molto di più. Finora le tre persone incaricate dei negoziati, un israeliano, uno nominato dall'ONU e un terzo degli Hezbollah non sono arrivati a nulla, perché gli Hezbollah sono stati occupati in altre faccende in Libano, e non hanno prestato attenzione al negoziato per i due soldati. Gli italiani di cui mi parli erano stati rapiti per ottenere denaro ma con Hezbollah è differente, non si può comprarli con il denaro, non ne hanno bisogno perché hanno le loro entrate dalla Siria e dall'Iran. Hanno rapito i soldati probabilmente per ottenere il numero più alto possibile di criminali in prigione in Israele e un'offerta di denaro non servirà a nulla.
Il fatto è che è passato più di un anno e mio figlio ancora non è tornato a casa ma ricorda che il tempo per loro non conta nulla. Per me è terribile ogni istante che mio figlio passa nelle loro mani, per Hezbollah due o tre anni in più o in meno non contano nulla, loro non hanno fretta.
Seniora l'anno scorso, alla televisione italiana, diceva che se gli israeliani avessero interrotto le operazioni militari la sera stessa sarebbero iniziate le trattative per liberare i soldati ma era completamente falso, lui non aveva e non ha alcun potere su Hezbollah. Seniora poteva solo mostrarsi molto triste e ottenere pietà per il suo povero popolo e dire "Guardate come siamo ridotti!". Soltanto ora sta iniziando a mettersi in piedi, soltanto ora sta iniziando a combattere un po' e io spero che vinca, che abbia successo, ma come poteva promettere una cosa del genere se mio figlio non era nelle sue mani ma in quelle di Nasrallah? Come poteva se lui stesso non parla con Nasrallah?
Il problema è che la Croce Rossa non può visitare i prigionieri e l'Europa dovrebbe vergognarsi perché la Croce Rossa è una organizzazione umanitaria, internazionale, finanziata da tutti i paesi del mondo e il suo dovere è di agire. I casi sono due o la Croce Rossa non osa parlare ad alta voce o gli Hezbollah si fanno beffe e ridono di tutti e l'Europa accetta questa situazione.
Quello che so dalla mia esperienza con i membri del parlamento, con i senatori, con tutte le persone importanti con le quali ho parlato e che molti musulmani sono contro le organizzazioni terroristiche: Hamas, al Kaida ed Hezbollah. Queste spiegano il Corano e le leggi del Corano a modo loro, li alterano per i loro scopi, è sono molto pericolosi. I musulmani sono come gli ebrei, come i cristiani, come gli indù, hanno solo un'altra religione e non c'è alcun problema con loro, il problema è con queste organizzazioni di fanatici che stanno crescendo di numero, in tutto il mondo.
Mio figlio era anche un fotografo così, alcuni mesi fa, ho organizzato una mostra delle sue fotografie in una galleria molto bella di Haifa, poi un giorno ho incontrato Rimon Lee** nel suo studio e le ho detto perché non portiamo la mostra a Naharia che è il posto dove mio figlio è nato ed è vissuto?Ma lei ha avuto un'idea migliore, di fare una mostra con tutti i fotografi israeliani che volessero partecipare allo scopo di spingere i politici ad impegnarsi di più per la liberazione dei soldati rapiti. Così ha mandato delle e-mail e in 2 o 3 giorni ci hanno risposto 30 fotografi.
Io però le ho detto "Guarda Lee che la maggioranza dei fotografi sono di sinistra e ci faranno vedere la guerra e il fuoco e molti poveri bambini palestinesi e io non voglio niente del genere. Io sono molto debole ma questa è la mia condizione, nulla connesso con la guerra!". E Lee rifletteva "Ora siamo nei guai, gli artisti sono gente molto snob e parlare con loro di ciò che debbono o non debbono mostrare è impossibile".
E, invece, al primo incontro ha riportato le mie parole e tutti hanno concordato di rispettare la mia opinione e di fare ciò che avevo chiesto. E dopo due giorni avevamo 72 artisti e abbiamo iniziato ad organizzare tutto nello studio di Lee. E abbiamo anche scelto una foto scattata da Ehud per rappresentarlo, e una per rappresentare Eldad e una per Gilad.
La mostra girerà il paese. E' stata inaugurata a Naharia, poi è andata a Tivon, poi è stata installata alla knesset***, poi è tornata ad Haifa, poi è andata a Rishon le Tsion e ora sta andando a Masada per tre mesi.
La vita è cosi strana. Hai un figlio ma non sai tutto di tuo figlio e ora io sto scoprendo tante cose su di lui, tante cose che prima ignoravo. Soltanto ora so quanto fosse conosciuto in Israele tra le associazioni. Era inserito in un gruppo per il ciclismo, in uno per le corse in motocicletta, in uno per le fotografie, in uno per parlare tramite internet… Spesso incontro persone che non conosco e mi parlano e mi dicono "Lui è fatto così e così" e mi raccontano tante cose riguardo al mio Ehud. Così tante cose e io non le sapevo! Non sapevo per es. quanto fosse bravo nella fotografia. Lui aveva vissuto in Sud Africa per due anni e comunicavamo per computer e un giorno mi ha scritto " Mamma, le mie foto hanno vinto un premio" e io ho pensato " Le tue foto?!? Ma sei così bravo??" Io non lo avrei mai immaginato.
Vorrei raccontarti una storia, alcuni giorni fa sono andata con l'aeroplano a Masada per vedere dove avrebbero allestito la mostra. Dopo l'atterraggio una donna che non ci conosceva si è messa a parlare con noi e noi le abbiamo detto che andavamo lì per la mostra sui tre soldati rapiti e lei, che non sapeva chi fossi, ci ha detto che c'era un sito internet su Ehud e allora, ieri, sono andata per la prima volta della mia vita a visitare quel sito per vedere come la gente ne ha parlato e ha reagito e sono rimasta scioccata, scioccata. Sapevo che aveva molti amici, ma mai avrei immaginato che tanta gente lo conoscesse e gli volesse bene, sembrava un mondo intero. Ehud era una persona che se qualcuno lo conosceva lo adottava e non lo dimenticava più. Era così bravo e generoso e dava sempre così tanto. Quando lo hanno rapito stava studiando per prendere il master, era un ingegnere dell'ambiente, un uomo che lavorava per fare del mondo un posto migliore dove vivere e per salvare la natura e la vita.
Sentiamo così tanto la sua mancanza. Ogni venerdì sera è spaventoso. Eravamo così abituati alla sua presenza, tutta la famiglia riunita e lui con le sue risate. Ci divertivamo così tanto, avevamo così tante risate durante la cena di shabbat e ora ci manca in una maniera così straziante.
Io ho tre figli, Ehud aveva 32 anni e il suo compleanno cadeva esattamente una settimana dopo il rapimento, Iair ha 28 anni e Gadi ne ha 24. Gadi guardava Ehud come ad un guru, davvero, seguiva le sue orme passo dopo passo, e voleva sempre fare le stesse cose che faceva Ehud. Iair il secondo ha un fisico robusto, fa body building, è un lottatore e ora lavora nella polizia investigativa, era diverso da loro. Ma Ehud e Gadi erano simili nel fisico, nel carattere, e negli hobbies. Gadi adorava Ehud.
La notizia lo ha raggiunto durante un viaggio in India. Una settimana prima del rapimento ci aveva inviato una a-mail "Mamma, papà sono al vertice della felicità " Era così contento di viaggiare in India, così contento, e una settimana dopo era sottoterra. Io ho provato a dirgli che non c'era niente da fare per il momento e che continuasse pure il suo viaggio, ma lui non ha potuto ed è tornato immediatamente a casa ed era a pezzi, a pezzi…
Allora abbiamo iniziato a lavorare fuori, nelle comunità e all'estero per parlare con la gente, e lui è venuto con noi in Francia e negli Stati Uniti, per raccontare a tutti ciò che ci era accaduto. Quando siamo tornati indietro gli hanno chiesto di andare in Sud Africa e lui è andato e ha parlato ancora e quando è tornato ho capito che l'avevo perso, che era spezzato in un milione di pezzi. Allora gli ho detto "Non più, non più! Adesso devi pensare solo a te stesso", ma lui non sapeva cosa fare ed è andato in un kibbutz per lavorare, per avere degli amici e per cercare un po' di pace ma non ha potuto trovare un posto che gli desse pace e dopo pochi mesi ho visto che era così confuso, così stressato… E' venuto e mi ha detto "Mamma forse torno in India".
Tutti mi dicevano "Sbagli a lasciarlo andare, c'è la droga!" E nelle sue condizioni si trattava davvero di un pericolo grave ma io ho risposto che avevo fiducia in mio figlio e che se sentiva il bisogno di andare allora doveva andare. Le mamme hanno sempre paura e anch'io stavo male ad avere un altro figlio così lontano, prima che partisse gli ho detto soltanto "La droga non ti aiuterà , se tu prendi della droga e ti senti molto felice sul momento il giorno seguente ti ritroverai esattamente nella stessa situazione di prima. Renditi conto che la droga non è una soluzione. Cerca di stare bene, di guardare i luoghi, di incontrare gente, di parlare con loro non di te stesso ma per capire culture differenti, per vedere un mondo differente e forse questo ti darà un po' di pace."
Ora è tornato, è a Tel Aviv e sta lavorando e probabilmente ricomincerà a studiare.
Quello che ho fatto, all'inizio, è stato di cercare di raggiungere le madri, ho cercato di chiedere alle madri di unirsi a me per combattere i rapimenti, perché i rapimenti avvengono in tutto il mondo. Penso che la voce delle donne potrebbe essere forte. Ho spedito lettere alle donne libanesi e sui giornali libanesi ma non ho mai avuto risposta. Sfortunatamente, in Libano, alla gente non è permesso di dire ciò che pensa, se qualche madre mi rispondesse loro la ucciderebbero o ucciderebbero qualcuno della sua famiglia. Oggi Hezzollah comanda con il potere della paura, persino gli sciiti sono contro di loro e contro Nashrallah però debbono tenere la bocca chiusa.
Ho provato a contattare anche gli emigrati che si sono rifugiati in Francia, in Italia o in Inghilterra ma loro hanno rifiutato di parlarmi, erano molto spaventati, perché sapevano che Hezbollah ha un braccio lungo e che colpirebbe chiunque mi aiutasse.
Vorrei dirti anche che, da quello che mi hanno detto, Nasrallah è molto soddisfatto quando il suo nome appare sui giornali del mondo perché può farsi pubblicità , anche se è pubblicità negativa va bene purché si parli di lui.
E' una vergogna per tutti i paesi europei che non siano capaci di cambiare il comportamento disumano di Hezbollah.
E' passato più di un anno da allora e non sappiamo neppure se sono vivi o morti. Hanno trovato del sangue sul luogo del rapimento e si sa con certezza quello che è avvenuto perché abbiamo dei veri professionisti nel ricostruire gli avvenimenti in base alle tracce. Così sappiamo che quando furono rapiti erano feriti. Il Corano dice che bisogna essere umani nel trattare i prigionieri, Nasralla è un uomo credente e io spero che, almeno, segua la sua religione. Io non so come vengono trattati, ma se erano feriti qualcuno si sarà dovuto occupare di loro per nutrirli, per lavarli, per curarli. E come si sarà comportato ? Si sarà disinteressato se non volevano mangiare, li avrà lasciati nel sudiciume magari per ore o per giorni e loro magari non potevano mangiare da soli o lavarsi da soli? In Libano, in alcuni posti, fa molto freddo e se la coperta è caduta c'è stato qualcuno a raccoglierla?
E la Croce Rossa non può visitarli e non può controllare come vengono trattati. La Croce Rossa normalmente visita i prigionieri e controlla se ricevono ciò di cui hanno bisogno e invece io non so nulla, e quando mangio non riesco ad ingoiare perché non so neppure se mio figlio ha qualcosa da mangiare. Non si può vivere così e io ho vissuto così ogni giorno, per mesi e per più di un anno. Ogni giorno e ogni secondo del giorno io penso a che cosa gli sta succedendo.
La gente non capisce tutto questo, non si può capire una tale crudeltà , qualcuno della strada in Italia penserà " Va bene, ma sono soltanto prigionieri!" e non si rendono conto di ciò che vuol dire. Se soltanto io sapessi che la Croce Rossa li ha visitati, anche se ci volesse un altro anno per stabilire i negoziati per me andrebbe bene perché saprei che li stanno controllando. Ma non avere un solo segno di vita? Questo è contro qualsiasi umanità in qualsiasi paese del mondo. Tutte le leggi prevedono il rispetto della convenzione di Ginevra ma a loro non interessa, si fanno beffe di tutti e i paesi europei ancora continuano ad aiutarli.
In Israele la gente non dimenticherà , questo è sicuro, e io spero che tu abbia ragione e che i governi europei faranno delle pressioni. Spero che la Francia, la Svizzera, l'Italia e tutti i paesi europei facciano maggiori pressioni su Hezbollah. Io ogni volta che ho parlato con i politici dei paesi europei ho detto:" Ascoltatemi, voi state donando migliaia di euro per ricostruire il Libano, è una cosa meravigliosa, ma in cambio degli aiuti chiedete un segno di vita, soltanto un segno di vita da parte dei soldati rapiti…". Sono stata dovunque, negli Stati Uniti, in Francia, alla televisione, sono stata in Italia, a Roma, ho parlato con il papa…
* Akmal Nesal, ventun anni, sposata da sei mesi quando il marito è stato ucciso.
** Parlamento israeliano
*** Scultrice israeliana, molto impegnata socialmente e molto conosciuta in Israele.
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La Stampa
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Hy Brown, l'ingegnere che ha costruito le Twin Towers, oggi vive in Israele
l'intervista di Francesca Paci
Testata: La Stampa
Data: 12 marzo 2007
Pagina: 15
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Ho visto le mie torri squagliarsi»[/b]
Da La STAMPA del 12 settembre 2007:
La mattina dell¹11 settembre 2001 Hy Brown era adagiato sulla poltrona del dentista a Boulder, in Colorado: «All¹uscita c¹erano decine di reporters ad aspettarmi. Ho scoperto così di essere l¹unico ancora vivo del team che aveva costruito il World Trade Center». Sei anni dopo l¹ingegnere capo delle Torri Gemelle, l¹uomo che ha visto il lavoro più importante della sua carriera sgretolarsi in trentacinque minuti, vive a Gerusalemme, ha fatto «aliya», cioè è emigrato, nel 2003: «Mi sono trasferito qui perché sentivo che per me, ebreo, questa era l¹unica risposta possibile alla sfida dei terroristi, gli stessi che dal 1947 minacciano l¹esistenza d¹Israele».
Quella del padre delle Twin Towers è una storia controcorrente. Negli ultimi anni molti israeliani, delusi dalle aspettative di pace e allarmati dall¹islamizzazione della causa palestinese, hanno abbandonato il Paese: lui l¹ha adottato. Sessantacinque anni, una cattedra all¹università del Colorado, vedovo con tre figli, seguiva il Medio Oriente in tv, da lontano: «Sono cresciuto in una famiglia molto religiosa a Brooklyn, ma non avevo mai pensato di lasciare gli Stati Uniti – racconta Hy Brown al telefono dal Colorado, dove si trova in questi giorni per un seminario -. È stata la mia seconda moglie, Nancy, a convincermi. Era una quacchera, insegnava storia all¹università , dopo un ciclo di lezioni sull¹Olocausto ha cominciato a interessarsi all¹ebraismo fino a convertirsi, una conversione ortodossa».
L¹attentato di New York è arrivato rivelatore come un segno divino: «Ci illudevamo che con la fine della guerra fredda si morisse più solo in Medio Oriente. Sbagliatissimo. Da allora il mondo è peggiorato, il conflitto è globale, bisogna scegliere da che parte stare». Proprio ieri mattina ha iniziato a leggere «World War IV: The Long Struggle Against Islamofascism», l¹ultimo saggio del politologo americano neo-con Norman Podhoretz sul pericolo dell¹islamismo jihadista.
«I terroristi usano il cervello», dice. L¹ha capito studiando le macerie dell¹11 settembre: «Osama bin Laden sapeva quel che faceva. Era un ingegnere civile proprietario della più importante impresa di costruzioni del Medio Oriente». Il 15 settembre 2001 il professor Hy Brown ha convocato i migliori venti tra i suoi studenti per analizzare il crollo delle Torri: cinque anni e 45 milioni di dollari dopo, l¹inchiesta avviata dal governo americano è giunta alla stessa conclusione.
Brown la spiega con un esempio semplice, come l¹ha sintetizzata ai suoi nipoti: «Se posiamo un coperchio di carta sopra 20 spaghetti e ne rompiamo 2 il coperchio non cade. Non cade neppure se ne rompiamo 10 e perfino se ne rompessimo 19 ci sarebbero chances per il coperchio di restare su. Ma basta mettere gli spaghetti nell¹acqua bollente perché si ammoscino facendo cadere il coperchio. In altre parole: non è stato l¹impatto degli aerei a far crollare il WTO ma la combustione del carburante a 2000 gradi Fahrenheit. Il calore ha fuso l¹acciaio e le putrelle si sono sciolte in un momento».
A distanza di sei anni mister Brown si domanda ancora se abbia delle responsabilità . L¹uomo è severo, sente il peso di aver ignorato «la minaccia alla civiltà ». L¹ingegnere invece, finisce per assolversi ogni volta: «Quando iniziai a progettare la prima Torre, nel 1967, appena laureato, l¹aereo più grande era un Boeing 707. E sono certo che l¹edificio avrebbe retto all¹impatto con un Boeing 707. Nessuno però, all¹epoca, considerava l¹eventualità di utilizzare il carburante come esplosivo».
Oggi sarebbe diverso, tecnologia ed esperienza fanno scuola: «Se foderate interamente con mattonelle di ceramica, le travi portanti di un grattacielo resistono anche a 2000 gradi Fahreneit. Ma si tratta di una spesa vertiginosa pensabile forse per un edificio pubblico a rischio tipo la Knesset, il parlamento israeliano, inimmaginabile per una costruzione privata».
È la lezione più richiesta dagli studenti del College of Judea and Samaria di Ariel, dove Hy Brown insegna ora. Cosa è accaduto tecnicamente l¹11 settembre 2001? Si poteva prevedere? Si può evitare che avvenga di nuovo? L¹ingegnere ripete, paziente, la storia degli spaghetti; l¹uomo preferisce raccontare la propria, quella di un pioniere del XXI secolo che si trasferisce in Israele per sfidare chi lo vuole annientare: «Non amo i memorial, neppure quello che probabilmente costruiranno al posto delle Twin Towers. Il modo migliore di ricordare è andare avanti».
Così, a 65 anni suonati, si è rimesso sotto a progettare: ha vinto il bando per l¹edificazione di un villaggio a energia solare nel deserto del Negev, un sistema che sfrutta il calore accumulato in quattro giorni per alimentare in maniera ecologica un mese intero di riscaldamento, frigorifero, lavastoviglie e lavatrice.
Tra un paio di settimane, una volta tornato in Israele, metterà mano alle carte: «L¹unica arma efficace contro chi distrugge è costruire».
Madonna compra un 'sexy toy'
poi va in pellegrinaggio in Israele
Il Sun riporta una foto della rockstar con una scatola dal titolo inequivocabile, proprio pochi giorni dopo la visita dell'ufficiale del governo del Malawi che l'ha definita 'perfetta come Mary Poppins'. Per Madonna, Demi Moore e Donna Karan visita in Israele in occasione del Capodanno ebraico
Londra, 12 settembre 2007 – Like a virgin? Perfetta come Mary Poppins? Non proprio. L'ultima foto di Madonna, riportata dal Sun, mostra la rockstar mentre esce da un elegante hotel di Londra insieme al marito Guy Ritchie.
Viso scavato e tutta vestita di nero, lei tiene in mano un sacchetto trasparente, da cui si vede una scatola colorata dal titolo chiarissimo: 'Purple penetrator': nient'altro che un giocattolo erotico, dal costo di circa 30 sterline.
Il 'sex toy' e' particolarmente trasgressivo: si tratta di uno slip per donna con davanti un fallo in plastica. Neanche a dirlo, sui tabloid si scatenano le ipotesi: visto che si festeggiava il 39mo compleanno di Guy, si tratterebbe di un regalo a luci rosse della moglie.
Poco, confronto agli scandali a cui Maria Louise Veronica Ciccone ci aveva abituati fra gli anni '80 e '90, ma abbastanza per risollevare i dubbi, perlomeno della stampa scandalistica inglese, sulla adozione di David. Qualche giorno fa, dopo la visita nella casa londinese, l'ufficiale del governo del Malawi che deve dare il via libera definitivo all'adozione del bambino, ha iniziato il suo rapporto definendo la rockstar 'perfetta come Mary Poppins'. L'approvazione definitiva dell'azione arriverà a febbraio, ma secondo indiscrezioni non ci saranno problemi.
Nel frattempo, oggi Madonna (col marito e i tre figli), l'attrice Demi Moore col marito Ashton Kutcher, e la stilista Donna Karan sono attesi in Israele assieme con oltre duemila sostenitori del Centro per Cabbala provenienti da numerosi Paesi in occasione del Capodanno ebraico, che inizia stasera.
Le star avranno occasione di partecipare ad un seminario e di visitare localita' di interesse storico e religioso. Sono previste fra l'altro tappe a Gerusalemme, Tiberiade e nella localita' di Safed (Galilea) indicata come la capitale del misticismo ebraico e della Cabbala. Madonna, che ha assunto il nome ebraico di Esther, ha gia' compiuto visite del genere in passato.
http://qn.quotidiano.net/gossip/2007/09/12/35779-madonna_compra_sexy.shtml
Africa: i movimenti migratori verso Israele
Dopo aver costruito la propria affermazione economica e politica sul ritorno del popolo ebraico nella terra natale, il paese si sta confrontando per la prima volta con un problema che caratterizza la maggior parte dei paesi avanzati, ovvero l’immigrazione clandestina. Dopo la seconda guerra mondiale ed il dramma dell’Olocausto lo Stato d’Israele è diventato il rifugio per tutta la “aliya†(immigrazione ebraica) ma negli ultimi anni l’arrivo, illegale e non, di persone di diversa nazionalità ed estrazione culturale – in parte provenienti dal continente africano – sta inesorabilmente modificando la composizione demografica del paese, creando inoltre incognite sulla possibile integrazione.
Alberto Grossetti
Equilibri.net (17 settembre 2007)
La bilancia demografica
Israele è uno tra i pochi paesi in cui gli immigrati rappresentano la maggioranza della sua popolazione originaria, ma in tempi recenti però la tendenza si è invertita ed il numero delle persone che lasciano il paese ha superato quello di coloro che vi ci entrano. Nel 2006, ad esempio, gli immigrati arrivati in Israele erano 19.000, contro una media annuale compresa tra 21.000 e 22.000. Le previsioni per il 2007 prevedono l’arrivo di 14.000 immigrati e la partenza di 20.000. Secondo il ministro per l’immigrazione e l’assimilazione Zeev Boim, tale situazione è una conseguenza naturale delle condizioni di vita degli ebrei nel mondo: la maggioranza di essi vive in paesi sviluppati, democratici ed impegnati nella lotta all’antisemitismo e quindi vengono meno le motivazioni che lo scorso secolo hanno dato inizio alla “Aliyaâ€. La popolazione complessiva dello Stato d’Israele conta 7.2 milioni di cittadini dei quali il 76% è costituito da ebrei mentre il 19% da arabi; mentre la popolazione araba cresce con un tasso annuale del 2.8%, quella ebrea sperimenta un tasso dell’1.3%. Si teme inoltre che l’immigrazione dagli Stati Uniti, principale bacino d’utenza con i suoi 5.2 milioni di ebrei, registri con il passare degli anni un significativo rallentamento.
Attualmente Israele registra sul suo territorio la presenza di 300.000 immigrati, arrivati negli anni grazie alla “Legge del Ritorno†che permette l’immigrazione di qualsiasi persona avente un legame familiare con un cittadino israeliano o anche solo di fede ebraica. Ogni anno circa 6.000 immigrati non ebrei intraprendono il processo di conversione, ma si stima che solo un terzo lo porta a compimento e diventa ebreo a tutti gli effetti. Boim ha recentemente ribadito come la conversione dei non ebrei è vitale per la sopravvivenza dello Stato d’Israele e la necessita di promuovere una piena integrazione con la società israeliana a coloro che ne sentono l’esigenza. Da qui l’impegno a semplificare e snellire la parte burocratica ed evitare l’abbandono del processo di conversione (circa il 30-50% degli aspiranti) già alla fase preliminare. I leader religiosi, e parte della destra parlamentare, affermano inoltre l’esigenza di una revisione della “Legge del Ritornoâ€, che ha contribito al progressivo mutamento della società portando Israele a non essere più uno stato esclusivamente ebraico. Essi ritengono che la forza e legittimità politica del proprio paese si è sempre fondata e si fonda tuttora sulla condivisione da parte della sua popolazione dei precetti religiosi. La mescolanza con gruppi di diversa provenienza ha portato grandi benefici al paese, come per quanto riguarda l’immigrazione “colta†americana e sovietica, ma i recenti cambiamenti nella composizione dei flussi migratori indirizzati verso Israele, hanno da più parti sollevato la volontà di tenere le porte aperte solo a chi può costituire un valore aggiunto e non una fonte di problemi.
Le diversità tra le popolazioni immigrate
L’immigrazione ha contribuito alla peculiarità culturale della popolazione israeliana, che durante gli anni si è configurata in modo multi-etnico accogliendo persone di diversa provenienza geografica. Sul processo di integrazione grava però il problema delle differenze nel background culturale dei diversi gruppi: gli immigrati provenienti dall’Africa si muovono in gruppi familiari allargati e hanno livelli educativi più bassi rispetto a quelli europei e nordamericani. Lo Stato si trova così nella difficoltà e nella necessità di dare vita a politiche differenziate per promuovere il successo economico e l’integrazione sociale di quelle persone che manifestano condizioni di partenza più sfavorevoli. In particolare si è notato come il paese d’origine influisca in maniera determinante sul nuovo stato socio-economico (lavoro, reddito, luogo di residenza, rapporti interpersonali con la popolazione già residente) degli immigrati.
Accanto al calo dell’immigrazione statunitense e russa, in crescita vi è quella proveniente dall’Africa. Israele è l’unico paese occidentale che ha un confine territoriale con l’Africa, quindi più facilmente raggiungibile rispetto all’Europa e meta favorita per numerosi africani spinti all’emigrazione dalla povertà o da situazioni di guerra.
L’immigrazione dall’Etiopia
L’inizio dell’esodo degli appartenenti al gruppo dei “Falasha Muraâ€, discendenti degli ebrei etiopi costretti con la forza a convertirsi al Cristianesimo tra il 18esimo e il 19esimo secolo, risale al 1974, quando, in seguito al colpo di stato messo in atto dal Colonnello Mengistu Haile Mariam che sostituì l’imperatore Haile Selassie, furono oggetto di una violenta ondata antisemita che ne portò alla morte 2.500 e all’esilio 7.000. Secondo la Legge del Ritorno essi avrebbero la possibilità di entrare in Israele, ma la mancanza di documenti che ne certifichino l’effettiva ebraicità e la loro lontananza generazionale dalle tradizioni ebraiche, ha sollevato dubbi sulla legittimità , nonché la convenienza, di estendere i diritti dell’immigrazione ai Falasha Mura. Attualmente nel paese 110.000 israeliani sono di discendenza etiope e molti hanno lasciato il proprio villaggio per raggiungere Addis Abeba e l’ambasciata israeliana nella speranza che gli venga loro riconosciuta la possibilità di essere accolti in Israele e il diritto al ricongiungimento familiare. Stipati in spazi comuni che ricordano molto i campi profughi (condizioni igieniche pessime, mancanza di acqua potabile, sviluppo di malattie quali tubercolosi e malaria), parecchi attendono in queste condizioni una risposta positiva da Israele ormai da anni, creando le premesse, secondo ONG operanti sul campo, per una vera crisi umanitaria.
Il governo israeliano ha affermato di aver elaborato una lista delle persone oggetto di Aliya che raggiungeranno Israele entro la fine dell’anno, ma è stato accusato di razzismo dai rappresentanti della comunità Falasha Mura che hanno denunciato la disparità di trattamento rispetto agli americani o ai russi, che sono invece incentivati ad emigrare nel paese. Essi affermano che la storia del popolo ebraico è stata caratterizzata dalla discriminazione e dalla sofferenza, e quindi lo Stato d’Israele non dovrebbe a sua volta adottare politiche discriminanti verso una popolazione costretta alla povertà .
I profughi sudanesi
Nelle ultimi mesi circa 1.400 rifugiati sudanesi sono entrati illegalmente in Israele attraverso il poroso confine con l’Egitto. Per il governo israeliano il Sudan fa parte degli stati nemici, e l’ingresso nel proprio paese di gruppi provenienti dal conflitto in Darfur è visto come potenziale pericolo. Molti dei profughi sudanesi, prima di entrare in Israele e chiedere asilo politico, hanno soggiornato anni in Egitto, e secondo alcuni giornalisti l’idea che tra essi si siano potuti nascondere terroristi islamici non è da escludere a priori. Le difficoltà economiche e gli abusi subiti sembrano la principale ragione per cui tali profughi abbiano voluto lasciare l’Egitto: secondo le rivelazioni dei sudanesi presenti ora in Israele, il 71% afferma infatti di aver subito in Egitto violenze verbali e fisiche e di avere incontrato notevoli difficoltà d’integrazione con la popolazione egiziana. Essi hanno iniziato ad oltrepassare il confine dopo che la polizia egiziana nel 2005 ha ucciso 27 dimostranti. Inoltre militari israeliani hanno riportato agli organi di stampa di avere visto la polizia egiziana colpire a morte alcuni sudanesi che cercavano di lasciare il paese.
Dall’altra parte la risposta di Israele non è stata molto chiara: l’accoglienza dei profughi è passata attraverso vari organi non coordinati tra loro (polizia, esercito, amministrazioni locali), molti hanno dovuto cercare rifugio in strada ed altri sono stati messi in prigione. Nonostante Israele abbia firmato nel 1951 la convenzione sui rifugiati, tuttora si rileva la presenza di un vuoto legislativo in materia di asilo politico. I richiedenti, a meno che non siano ebrei, devono così rivolgere le proprie richieste direttamente all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Israele, che secondo alcune ONG commentatori locali, non è imparziale e soggetto alle indicazioni del governo israeliano che si riserva il diritto di rifiutare persone provenienti da stati nemici. Dopo aver affermato l’impossibilità di concedere asilo politico ai rifugiati, il governo ha dato disposizione precise alle forze di sicurezza che provvederanno all’arresto e al ritorno di essi in Egitto
Alcuni studenti universitari hanno però firmato una petizione, sottoscritta anche da parte del parlamento israeliano, per scongiurare il rimpatrio dei profughi sudanesi che ne minaccerebbe e attenterebbe alla loro vita sia in Sudan sia in Egitto.
Conclusioni
Il mutamento della composizione dei flussi migratori in entrata, stanno creando preoccupazioni negli ambiti governativi e religiosi. Al recente calo dell’immigrazione proveniente dal nord america, si è accompagnato un aumento dell’immigrazione africana, clandestina e non. La risposta del governo sembra articolarsi su due fronti: da una parte stimolare e sostenere l’arrivo di ebrei provenienti dal mondo occidentale, che porterebbe benefici economici in termini di conoscenze e rafforzerebbe la natura ebraica dello Stato, dall’altra contrastare l’immigrazione proveniente da zone diverse per cultura e livello di sviluppo, che porrebbe problemi di integrazionee potenzialmente di sicurezza.
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Mercoledì 19 settembre
Ore 20.30 – via Guastalla 19
Il Rabbinato Centrale, in collaborazione con Kesher,
invita la Comunità al secondo incontro con il Rabbino Capo Arbib:
La famiglia ebraica come progetto di continuità .
Introduce rav Colombo.
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