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[b]martedì 11 settembre 2007
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[b]A cura di ANNA ROLLI [/b]

Una mattina sono partita per incontrare la madre di Ehud Goldwasser, nel salotto di casa sua, a Naharia. E ora penso: "Che cosa raccontare?".

Che cosa dovrebbe raccontare chi scrive di un incontro come questo? Della casa dove Ehud è cresciuto che è una villetta a schiera lungo una stradina dove i bambini giocano e corrono in bicicletta e delle dune e del mare verde-azzurro della Galilea che si intravedono in fondo alla stradina?

Dell'uscio socchiuso e dei mobili inverosimilmente semplici e alla buona con cui gli israeliani arredano le loro casette che pure risultano quasi sempre confortevoli e accoglienti? O forse è meglio raccontare che, nel salotto, quando sono entrata, c'erano un paio di amici e pochi minuti dopo hanno sorriso e sono andati via per non disturbare l'intervista e c'era anche una fanciullina minuta, pallida e bruna, con una lunga gonna blu, e mentre si alzava mi ha detto qualcosa in ebraico che io non ho capito e aveva un'espressione così triste negli occhi e sul viso e io ho preso la mano che mi porgeva e gliel'ho stretta a lungo con tutte e due le mie e mi sentivo addolorata per lei mentre la guardavo stupita e non sapevo il perché.

E appena è uscita Miki mi ha detto "E' una ragazza drusa e quella notte suo marito era di guardia insieme a Ehud ed è stato ucciso dagli Hezbollah e le hanno riportato il cadavere. Erano sposati da poco e lei era incinta del primo figlio*".

O forse è meglio descrivere Miki, la mamma di Ehud, che mi ha offerto Coca cola e pasticcini, ed è una donna di mezza età, magrolina, semplice, schietta, che si vede che vuole mostrarsi coraggiosa con la giornalista che viene dall'Europa e risponde alle domande in inglese cercando le parole giuste e tu la ascolti e intanto pensi alle cose da scrivere e da proporre e cerchi nella mente parole di speranza da dirle, ma in realtà, sul quel divano, avresti voglia soprattutto di prenderle le mani e metterti a piangere con lei.

Nel nord della Galilea tutti noi, ebrei, musulmani, drusi e cristiani viviamo insieme meravigliosamente bene e senza alcun problema.

Voglio raccontarti una cosa, davvero, perché è accaduta poco tempo fa. Cinque artisti provenienti dall'Europa, uno spagnolo, due francesi, un tedesco e un marocchino, sono venuti qui in parte per divertirsi e in parte per lavoro e per studiare cosa accade in Medio Oriente. Prima sono andati in Libano, dopo sono venuti in Israele e infine sono andati a Gaza.

Voglio dirti una cosa, avevano subito un tale lavaggio del cervello, un tale lavaggio del cervello…odiavano Israele prima ancora di averla mai vista. Sono venuti dal Libano dove impediscono alla gente di lasciare i campi profughi e di costruirsi una vita per poterli mostrare a tutto il mondo e poter dire "Guardate come siamo miseri e quanto abbiamo bisogno di soldi!"… Insomma sono arrivati dal Libano e noi li abbiamo ospitati qui insieme a quattro artisti israeliani: due musulmani, un druso e un ebreo. Questi ultimi, per prima cosa, hanno portato i cinque in giro per la Galilea per mostrare loro come abbiamo ricostruito tutto ciò che gli Hezbollah avevano colpito durante il tempo di guerra. Tutte le case bombardate e danneggiate sono state completamente riparate, così oggi non si può vedere più nulla delle rovine.

Qui a Naharia, per es., hanno ricostruito quattro edifici che erano stati ridotti in macerie e anche nei boschi bruciati sono stati piantati nuovi alberi e molti volontari israeliani hanno dedicato i fine settimana di tutto l'anno passato a questo lavoro. Gli arabi invece lasciano lì le loro rovine per anni, per far vedere che sono povera gente e povere vittime e ogni milione di euro che arriva dall'Europa non viene utilizzato per ricostruire ma per comperare fucili. I cinque artisti hanno viaggiato per tutta la regione, hanno incontrato molta gente: musulmani, drusi, cristiani, ebrei, e tutti hanno detto loro che qui in Israele viviamo insieme in pace, ognuno con la propria religione, che vivere in pace è una scelta della gente e che non c'è alcuna ragione di non farlo, che tutti i problemi ci sono venuti dal Libano e che i missili libanesi colpivano e uccidevano non soltanto gli ebrei ma anche gli arabi e che gli Hezbollah non odiano soltanto gli ebrei ma odiano anche i drusi, i cristiani e i circassi…

Però noi oramai abbiamo ricostruito ogni cosa e oggi viviamo di nuovo in pace, tra di noi. Pensi che abbiano cambiato idea? Nulla è servito a fargli cambiare idea. Quei cinque artisti ci odiavano. Il loro lavaggio del cervello era così profondo, così inamovibile, noi siamo rimasti scioccati dal loro atteggiamento, scioccati! Riuscite a vedere la verità o riuscite a vedere soltanto quello che volete vedere? Perché la verità si vede. La verità è che noi viviamo in pace e questo si vede. No, non voglio pubblicare i loro nomi senza permesso, pubblicare i nomi senza permesso non andrebbe bene.

Tu mi fai molte domande sulla situazione politica ma io sono soltanto una massaia e non mi intendo di politica e qualsiasi cosa posso dire è soltanto dal mio punto di vista. La politica è così complicata e come hai detto prima che l'economia italiana ha bisogno del petrolio e degli scambi commerciali con l'Iran…. Questi poteri sono così grandi, come il potere dei soldi che è più forte di quello della politica e io sono una creatura così insignificante, cosa posso rispondere?

Certo i politici potrebbero aiutarci molto di più. Finora le tre persone incaricate dei negoziati, un israeliano, uno nominato dall'ONU e un terzo degli Hezbollah non sono arrivati a nulla, perché gli Hezbollah sono stati occupati in altre faccende in Libano, e non hanno prestato attenzione al negoziato per i due soldati. Gli italiani di cui mi parli erano stati rapiti per ottenere denaro ma con Hezbollah è differente, non si può comprarli con il denaro, non ne hanno bisogno perché hanno le loro entrate dalla Siria e dall'Iran. Hanno rapito i soldati probabilmente per ottenere il numero più alto possibile di criminali in prigione in Israele e un'offerta di denaro non servirà a nulla.

Il fatto è che è passato più di un anno e mio figlio ancora non è tornato a casa ma ricorda che il tempo per loro non conta nulla. Per me è terribile ogni istante che mio figlio passa nelle loro mani, per Hezbollah due o tre anni in più o in meno non contano nulla, loro non hanno fretta.

Seniora l'anno scorso, alla televisione italiana, diceva che se gli israeliani avessero interrotto le operazioni militari la sera stessa sarebbero iniziate le trattative per liberare i soldati ma era completamente falso, lui non aveva e non ha alcun potere su Hezbollah. Seniora poteva solo mostrarsi molto triste e ottenere pietà per il suo povero popolo e dire "Guardate come siamo ridotti!". Soltanto ora sta iniziando a mettersi in piedi, soltanto ora sta iniziando a combattere un po' e io spero che vinca, che abbia successo, ma come poteva promettere una cosa del genere se mio figlio non era nelle sue mani ma in quelle di Nasrallah? Come poteva se lui stesso non parla con Nasrallah?

Il problema è che la Croce Rossa non può visitare i prigionieri e l'Europa dovrebbe vergognarsi perché la Croce Rossa è una organizzazione umanitaria, internazionale, finanziata da tutti i paesi del mondo e il suo dovere è di agire. I casi sono due o la Croce Rossa non osa parlare ad alta voce o gli Hezbollah si fanno beffe e ridono di tutti e l'Europa accetta questa situazione.

Quello che so dalla mia esperienza con i membri del parlamento, con i senatori, con tutte le persone importanti con le quali ho parlato e che molti musulmani sono contro le organizzazioni terroristiche: Hamas, al Kaida ed Hezbollah. Queste spiegano il Corano e le leggi del Corano a modo loro, li alterano per i loro scopi, è sono molto pericolosi. I musulmani sono come gli ebrei, come i cristiani, come gli indù, hanno solo un'altra religione e non c'è alcun problema con loro, il problema è con queste organizzazioni di fanatici che stanno crescendo di numero, in tutto il mondo.

Mio figlio era anche un fotografo così, alcuni mesi fa, ho organizzato una mostra delle sue fotografie in una galleria molto bella di Haifa, poi un giorno ho incontrato Rimon Lee** nel suo studio e le ho detto perché non portiamo la mostra a Naharia che è il posto dove mio figlio è nato ed è vissuto?Ma lei ha avuto un'idea migliore, di fare una mostra con tutti i fotografi israeliani che volessero partecipare allo scopo di spingere i politici ad impegnarsi di più per la liberazione dei soldati rapiti. Così ha mandato delle e-mail e in 2 o 3 giorni ci hanno risposto 30 fotografi.

Io però le ho detto "Guarda Lee che la maggioranza dei fotografi sono di sinistra e ci faranno vedere la guerra e il fuoco e molti poveri bambini palestinesi e io non voglio niente del genere. Io sono molto debole ma questa è la mia condizione, nulla connesso con la guerra!". E Lee rifletteva "Ora siamo nei guai, gli artisti sono gente molto snob e parlare con loro di ciò che debbono o non debbono mostrare è impossibile".

E, invece, al primo incontro ha riportato le mie parole e tutti hanno concordato di rispettare la mia opinione e di fare ciò che avevo chiesto. E dopo due giorni avevamo 72 artisti e abbiamo iniziato ad organizzare tutto nello studio di Lee. E abbiamo anche scelto una foto scattata da Ehud per rappresentarlo, e una per rappresentare Eldad e una per Gilad.

La mostra girerà il paese. E' stata inaugurata a Naharia, poi è andata a Tivon, poi è stata installata alla knesset***, poi è tornata ad Haifa, poi è andata a Rishon le Tsion e ora sta andando a Masada per tre mesi.

La vita è cosi strana. Hai un figlio ma non sai tutto di tuo figlio e ora io sto scoprendo tante cose su di lui, tante cose che prima ignoravo. Soltanto ora so quanto fosse conosciuto in Israele tra le associazioni. Era inserito in un gruppo per il ciclismo, in uno per le corse in motocicletta, in uno per le fotografie, in uno per parlare tramite internet… Spesso incontro persone che non conosco e mi parlano e mi dicono "Lui è fatto così e così" e mi raccontano tante cose riguardo al mio Ehud. Così tante cose e io non le sapevo! Non sapevo per es. quanto fosse bravo nella fotografia. Lui aveva vissuto in Sud Africa per due anni e comunicavamo per computer e un giorno mi ha scritto " Mamma, le mie foto hanno vinto un premio" e io ho pensato " Le tue foto?!? Ma sei così bravo??" Io non lo avrei mai immaginato.

Vorrei raccontarti una storia, alcuni giorni fa sono andata con l'aeroplano a Masada per vedere dove avrebbero allestito la mostra. Dopo l'atterraggio una donna che non ci conosceva si è messa a parlare con noi e noi le abbiamo detto che andavamo lì per la mostra sui tre soldati rapiti e lei, che non sapeva chi fossi, ci ha detto che c'era un sito internet su Ehud e allora, ieri, sono andata per la prima volta della mia vita a visitare quel sito per vedere come la gente ne ha parlato e ha reagito e sono rimasta scioccata, scioccata. Sapevo che aveva molti amici, ma mai avrei immaginato che tanta gente lo conoscesse e gli volesse bene, sembrava un mondo intero. Ehud era una persona che se qualcuno lo conosceva lo adottava e non lo dimenticava più. Era così bravo e generoso e dava sempre così tanto. Quando lo hanno rapito stava studiando per prendere il master, era un ingegnere dell'ambiente, un uomo che lavorava per fare del mondo un posto migliore dove vivere e per salvare la natura e la vita.

Sentiamo così tanto la sua mancanza. Ogni venerdì sera è spaventoso. Eravamo così abituati alla sua presenza, tutta la famiglia riunita e lui con le sue risate. Ci divertivamo così tanto, avevamo così tante risate durante la cena di shabbat e ora ci manca in una maniera così straziante.

Io ho tre figli, Ehud aveva 32 anni e il suo compleanno cadeva esattamente una settimana dopo il rapimento, Iair ha 28 anni e Gadi ne ha 24. Gadi guardava Ehud come ad un guru, davvero, seguiva le sue orme passo dopo passo, e voleva sempre fare le stesse cose che faceva Ehud. Iair il secondo ha un fisico robusto, fa body building, è un lottatore e ora lavora nella polizia investigativa, era diverso da loro. Ma Ehud e Gadi erano simili nel fisico, nel carattere, e negli hobbies. Gadi adorava Ehud.

La notizia lo ha raggiunto durante un viaggio in India. Una settimana prima del rapimento ci aveva inviato una a-mail "Mamma, papà sono al vertice della felicità" Era così contento di viaggiare in India, così contento, e una settimana dopo era sottoterra. Io ho provato a dirgli che non c'era niente da fare per il momento e che continuasse pure il suo viaggio, ma lui non ha potuto ed è tornato immediatamente a casa ed era a pezzi, a pezzi…

Allora abbiamo iniziato a lavorare fuori, nelle comunità e all'estero per parlare con la gente, e lui è venuto con noi in Francia e negli Stati Uniti, per raccontare a tutti ciò che ci era accaduto. Quando siamo tornati indietro gli hanno chiesto di andare in Sud Africa e lui è andato e ha parlato ancora e quando è tornato ho capito che l'avevo perso, che era spezzato in un milione di pezzi. Allora gli ho detto "Non più, non più! Adesso devi pensare solo a te stesso", ma lui non sapeva cosa fare ed è andato in un kibbutz per lavorare, per avere degli amici e per cercare un po' di pace ma non ha potuto trovare un posto che gli desse pace e dopo pochi mesi ho visto che era così confuso, così stressato… E' venuto e mi ha detto "Mamma forse torno in India".

Tutti mi dicevano "Sbagli a lasciarlo andare, c'è la droga!" E nelle sue condizioni si trattava davvero di un pericolo grave ma io ho risposto che avevo fiducia in mio figlio e che se sentiva il bisogno di andare allora doveva andare. Le mamme hanno sempre paura e anch'io stavo male ad avere un altro figlio così lontano, prima che partisse gli ho detto soltanto "La droga non ti aiuterà, se tu prendi della droga e ti senti molto felice sul momento il giorno seguente ti ritroverai esattamente nella stessa situazione di prima. Renditi conto che la droga non è una soluzione. Cerca di stare bene, di guardare i luoghi, di incontrare gente, di parlare con loro non di te stesso ma per capire culture differenti, per vedere un mondo differente e forse questo ti darà un po' di pace."

Ora è tornato, è a Tel Aviv e sta lavorando e probabilmente ricomincerà a studiare.

Quello che ho fatto, all'inizio, è stato di cercare di raggiungere le madri, ho cercato di chiedere alle madri di unirsi a me per combattere i rapimenti, perché i rapimenti avvengono in tutto il mondo. Penso che la voce delle donne potrebbe essere forte. Ho spedito lettere alle donne libanesi e sui giornali libanesi ma non ho mai avuto risposta. Sfortunatamente, in Libano, alla gente non è permesso di dire ciò che pensa, se qualche madre mi rispondesse loro la ucciderebbero o ucciderebbero qualcuno della sua famiglia. Oggi Hezzollah comanda con il potere della paura, persino gli sciiti sono contro di loro e contro Nashrallah però debbono tenere la bocca chiusa.

Ho provato a contattare anche gli emigrati che si sono rifugiati in Francia, in Italia o in Inghilterra ma loro hanno rifiutato di parlarmi, erano molto spaventati, perché sapevano che Hezbollah ha un braccio lungo e che colpirebbe chiunque mi aiutasse.

Vorrei dirti anche che, da quello che mi hanno detto, Nasrallah è molto soddisfatto quando il suo nome appare sui giornali del mondo perché può farsi pubblicità, anche se è pubblicità negativa va bene purché si parli di lui.

E' una vergogna per tutti i paesi europei che non siano capaci di cambiare il comportamento disumano di Hezbollah.

E' passato più di un anno da allora e non sappiamo neppure se sono vivi o morti. Hanno trovato del sangue sul luogo del rapimento e si sa con certezza quello che è avvenuto perché abbiamo dei veri professionisti nel ricostruire gli avvenimenti in base alle tracce. Così sappiamo che quando furono rapiti erano feriti. Il Corano dice che bisogna essere umani nel trattare i prigionieri, Nasralla è un uomo credente e io spero che, almeno, segua la sua religione. Io non so come vengono trattati, ma se erano feriti qualcuno si sarà dovuto occupare di loro per nutrirli, per lavarli, per curarli. E come si sarà comportato ? Si sarà disinteressato se non volevano mangiare, li avrà lasciati nel sudiciume magari per ore o per giorni e loro magari non potevano mangiare da soli o lavarsi da soli? In Libano, in alcuni posti, fa molto freddo e se la coperta è caduta c'è stato qualcuno a raccoglierla?

E la Croce Rossa non può visitarli e non può controllare come vengono trattati. La Croce Rossa normalmente visita i prigionieri e controlla se ricevono ciò di cui hanno bisogno e invece io non so nulla, e quando mangio non riesco ad ingoiare perché non so neppure se mio figlio ha qualcosa da mangiare. Non si può vivere così e io ho vissuto così ogni giorno, per mesi e per più di un anno. Ogni giorno e ogni secondo del giorno io penso a che cosa gli sta succedendo.

La gente non capisce tutto questo, non si può capire una tale crudeltà, qualcuno della strada in Italia penserà " Va bene, ma sono soltanto prigionieri!" e non si rendono conto di ciò che vuol dire. Se soltanto io sapessi che la Croce Rossa li ha visitati, anche se ci volesse un altro anno per stabilire i negoziati per me andrebbe bene perché saprei che li stanno controllando. Ma non avere un solo segno di vita? Questo è contro qualsiasi umanità in qualsiasi paese del mondo. Tutte le leggi prevedono il rispetto della convenzione di Ginevra ma a loro non interessa, si fanno beffe di tutti e i paesi europei ancora continuano ad aiutarli.

In Israele la gente non dimenticherà, questo è sicuro, e io spero che tu abbia ragione e che i governi europei faranno delle pressioni. Spero che la Francia, la Svizzera, l'Italia e tutti i paesi europei facciano maggiori pressioni su Hezbollah. Io ogni volta che ho parlato con i politici dei paesi europei ho detto:" Ascoltatemi, voi state donando migliaia di euro per ricostruire il Libano, è una cosa meravigliosa, ma in cambio degli aiuti chiedete un segno di vita, soltanto un segno di vita da parte dei soldati rapiti…". Sono stata dovunque, negli Stati Uniti, in Francia, alla televisione, sono stata in Italia, a Roma, ho parlato con il papa…

* Akmal Nesal, ventun anni, sposata da sei mesi quando il marito è stato ucciso.

** Parlamento israeliano

*** Scultrice israeliana, molto impegnata socialmente e molto conosciuta in Israele.

 

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