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[b]Un articolo di Magdi Alam sul Corriere della Sera del 04 Settembre 2007[/b]

[b]Come una fatwa
Quei predicatori d'odio sono arrivati in Italia
Hanno condannato a morte Dounia Ettaib, definendola una «infedele» e hanno esteso la minaccia a Daniela Santanché[/b]

Ci preoccupiamo di sanzionare i lavavetri e le lucciole, che non hanno ammazzato nessuno, mentre assistiamo inerti ai predicatori d'odio islamici che anche ieri hanno condannato a morte Dounia Ettaib, definendola una «infedele» ed estendendo la minaccia all'onorevole Daniela Santanché. Tutto ciò avviene sotto i nostri occhi, ha come teatro di operazione il territorio italiano, i protagonisti sono professionisti dell'islam che hanno messo le mani sulle moschee che proliferano al ritmo di una ogni quattro giorni. Mentre le vittime siamo tutti noi italiani, inconsapevoli o irresponsabili, pavidi o ideologicamente collusi, che non vogliamo guardare in faccia alla realtà, che la temiamo al punto da esserci sottomessi all'arbitrio e alla violenza di chi sta imponendo uno stato islamico all'interno del nostro traballante stato sovrano.
Come è possibile che persone che potrebbero rivelarsi terroristi islamici siano potuti entrare nella sede della Provincia di Milano e abbiano avuto l'ardire di depositare la loro sentenza capitale sulla scrivania di una neocittadina italiana che ha da poco subito un'aggressione fisica nei pressi della moschea di viale Jenner a Milano, associandola a una parlamentare che ha subito più di una intimidazione anche da parte del sedicente imam della moschea di Segrate Ali Abu Shwaima? La verità è che sappiamo tutto e di più sull'attività dei predicatori d'odio islamici nostrani ma preferiamo seppellire la testa sottoterra, non rendendoci conto che a differenza dello struzzo non riemergeremo ma finiremo per suicidarci.
Possibile che gli addetti alla sicurezza non abbiano visto la «fatwa», il responso giuridico islamico, pubblicata negli scorsi giorni sul sito http://www.islam-online.it/fatwa_2.htm, gestito dal convertito Hamza Roberto Piccardo, ex segretario nazionale dell'Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia), in cui si legittima la condanna a morte dell'apostata: «Un considerevole numero di nostri predecessori (Salaf) sono concordi nel dire che non tutti quelli che abbandonano l'Islam debbano essere giustiziati, ma piuttosto quelli che in pubblico dichiarano la loro azione e possono causare Fitna (sedizione, ndr) denigrando il nome di Allah l'Altissimo, il Suo Profeta (pbsl) o i musulmani. La punizione dell'esecuzione in questo caso serve a proteggere e preservare l'intera nazione dal male che questo individuo indubbiamente porterebbe, e non si tratta di privarlo della sua libertà di credo e opinione. Effettivamente, commettendo un simile atto, l'individuo ha trasgredito violando i diritti di altre persone e dell'intera nazione, che viene prima dei diritti del singolo.
La legislazione moderna usa il termine di "Tradimento Supremo" per crimini simili all'atto di abbandonare l'Islam e quindi annunciarlo pubblicamente e condurre una campagna contro l'Islam e l'intera nazione». La condanna a morte è contenuta nelle «Risoluzioni del Consiglio Europeo di Fatwa e Ricerche», capeggiato da Youssef Qaradawi, l'apologeta del terrorismo suicida islamico, accreditato dall'Ucoii come proprio referente spirituale. A tradurla in italiano ci ha pensato un altro convertito, Abu Yasin Andrea Merighi, responsabile della moschea El Nour di Bologna e a cui il sindaco Cofferati intende regalare una nuova e ben più grande moschea. Al momento non sappiamo chi ha materialmente consegnato la condanna a morte a Dounia associandola alla Santanché, ma non abbiamo alcun dubbio che nelle moschee e nei siti islamici dell'Ucoii e di altri gruppi radicali islamici si legittima la condanna a morte degli apostati, degli infedeli e dei nemici dell'islam. Continueremo a imitare lo struzzo votati al suicidio nell'attesa che i terroristi islamici attuino la loro giustizia qui a casa nostra?

[b]Magdi Allam
www.corriere.it/allam
04 settembre 2007
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