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[b]Eccola la democrazia d'Israele nel racconto di Davide Frattini
Dal CORRIERE della SERA del 25 maggio 2007:
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ASHKELON (Israele) — Le parole sulla cartella clinica sono in ebraico, dal telefonino la cantante gracchia in arabo. Ahmed vorrebbe una radiolina vera. La musica è l'unica distrazione dal dolore, mentre la macchina allena la sua gamba. Avanti e indietro, in una lenta oscillazione

che non gli restituirà il passato: la pallottola ha ridotto in frantumi le ossa, dovrà camminare con un bastone per tutta la vita. Una pallottola palestinese. Una pallottola di Hamas.
Ahmed stava di guardia al palazzo dei giornalisti a Gaza, quando i militanti fondamentalisti lo hanno assaltato. In questi giorni di scontri fratricidi, il nemico è lui. Perché è del Fatah. Non importa se indossa la divisa verde per avere un lavoro e non per fede politica. «Essere nelle forze di sicurezza controllate dal presidente — spiega il padre, che non vuol dare il nome — è l'unico modo per portare uno stipendio a casa».
La stanza è al piano terra, ospedale Barzilai ad Ashkelon, una ventina di chilometri dal confine con la Striscia. Qui vengono trasportate le vittime israeliane dei razzi Qassam. Qui arrivano in elicottero i militari feriti nelle operazioni delle unità speciali di Tsahal. Qui vengono mandate le vittime palestinesi della guerra tra milizie. L'ospedale è in prima linea e dalla prima linea accetta chiunque.
In due settimane, sono stati ricoverati 14 soldati. Tutti del Fatah, tutti della fazione che combatte Hamas. «Non è una scelta politica — spiega la portavoce Lea Malul —, noi non facciamo selezioni. La lista con i nomi ci viene inviata da Gaza, da un funzionario del ministero della Sanità». Un ospedale — ribadisce — è neutrale, non sceglie da che parte stare.
Anche il governo di Ehud Olmert considera gli scontri una questione interna e ripete di non parteggiare. Gli aiuti alla Guardia di Abu Mazen sono comunque cresciuti: le truppe potranno addestrarsi in una base allestita a Gerico, in Cisgiordania, e il ministero della Difesa ha autorizzato il trasferimento di armi agli uomini del presidente.
Al Barzilai, arrivano dalla Striscia di Gaza i casi più difficili o urgenti. «Quest'anno abbiamo già curato 204 palestinesi, tra civili e militari. A volte, le condizioni sono così disperate che siamo costretti a rinviare interventi programmati per i pazienti israeliani», continua Lea. I soldi per i trattamenti vengono trattenuti dalle tasse che Israele raccoglie per l'Autorità palestinese. I pazienti possono essere accompagnati da un parente, che non lascia l'edificio senza una scorta della sicurezza. Dalle 7 del mattino alle 7 di sera in corsia, poi in furgoncino per raggiungere l'albergo.
Un gruppo di padri palestinesi si muove verso la sala operatoria. In ospedale sono ricoverati gli unici tre sopravvissuti dell'assalto alla casa di Rashid Abu Shbak, l'ufficiale più odiato da Hamas, il plenipotenziario di Mohammed Dahlan. «Siamo stati attaccati con i mortai — ricorda uno di loro — . Quando i miliziani sono entrati nel palazzo per finirci, ci siamo salvati fingendo di essere morti, tra il sangue e i corpi dei nostri commilitoni».
Due piani sopra, Ludmilla prova per la prima volta a stare seduta sul letto. Dieci giorni fa, un razzo ha colpito la sua casa a Sderot, i frammenti dell'esplosione le hanno centrato le gambe. Non riesce a trovare parole di solidarietà per i palestinesi da basso («Se non sparassero i Qassam contro di noi, anche la loro situazione sarebbe migliore»). Una scheggia di ferro è entrata e uscita da un fianco. Quel che resta dentro è la paura. «Non voglio più tornare a casa. Chi la comprerà mai? La gente fugge da Sderot».

http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=2&sez=120&id=20634

www.corriere.it

 

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