Le calunnie su Al-Aqsa che fomentano il terrorismo antiebraico
Emanuel Baroz
11 ottobre 2016
Quella calunnia che fomenta il terrorismo
Come le calunnie anti-ebraiche medievali, il falso slogan “al-Aqsa è in pericolo” genera violenze e spargimenti di sangue
di Nadav Shragai
Quanto sangue ebraico deve ancora scorrere perché si dichiari reato la calunnia secondo cui “la moschea di Al-Aqsa è in pericolo”? A quanti terroristi verrà permesso di andarsene in giro a uccidere ebrei brandendo questa moderna versione delle calunnie anti-ebraiche medievali, prima che si giudichi oltrepassata la soglia legale dell’”istigazione” all’omicidio?
L’accusa secondo cui lo stato di Israele starebbe tramando per distruggere la moschea di Al-Aqsa o cospirando per alterare lo status quo nel luogo sacro venerato da ebrei e musulmani è una spudorata menzogna. Israele non ha alcuna intenzione di danneggiare la al-Aqsa, e per quanto riguarda lo status quo, se è cambiato negli ultimi tempi è stato a tutto detrimento degli ebrei e dei loro diritti sulla spianata del Monte del Tempio.
Fino a pochi anni fa lo slogan la “al-Aqsa è in pericolo” suonava come una minaccia abbastanza astratta, agitata solo sporadicamente. Ma gli ultimi due anni l’hanno visto diventare una forza trainante che si è tradotta fin troppo spesso in violenza e spargimento di sangue. Decine di terroristi della recente ondata di terrorismo sono scesi per le strade in nome di questa leggenda. Hanno sparato, accoltellato, investito, lanciato pietre e bombe molotov contro gli ebrei perché erano stati indotti a credere, come moltissimi palestinesi, che Israele – che in realtà vieta agli ebrei qualunque minima forma di preghiera sul Monte del Tempio e limita severamente le loro visite al luogo sacro – minacci in qualche modo la moschea di al-Aqsa. L’attentato di domenica nella capitale è stato una diretta conseguenza di questo incitamento all’assassinio, ed è stato preceduto da decine di truci attacchi nella città di Gerusalemme e altrove.
Israele si trova ad affrontare una doppia sfida. In primo luogo, la popolazione palestinese crede davvero a questa calunnia. In secondo luogo, la calunnia va ben al di là dell’istigazione sui social network: dilaga nelle moschee, nelle scuole, nei centri giovanili e domina nei mass-media palestinesi e nelle dichiarazioni dei politici palestinesi, compreso il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che esorta il suo popolo a “difendere” Gerusalemme e la al-Aqsa dagli ebrei che vogliono “profanarla” e “contaminarla”.
Monitorare l’istigazione on-line è importante, ma non basta. Israele dovrebbe affrontare di petto la questione con una campagna di diplomazia pubblica volta a spiegare la realtà sul Monte del Tempio, e la natura e gli effetti della calunnia palestinese. E dovrebbe aggiornare il diritto penale per generare una vera deterrenza. L’azione dovrebbe essere portata su più fronti: Cisgiordania e paesi arabi, ma soprattutto nella zona est di Gerusalemme dove, contrariamente a quanto credono in molti, la maggior parte degli abitanti vuole solo vivere la propria vita in pace sotto il governo israeliano.
La calunnia circa la al-Aqsa rappresenta un’autentica minaccia terroristica, simile a quella posta da razzi e ordigni esplosivi, e dovrebbe essere trattata come tale.
(Fonte: Israel HaYom, 10 Ottobre 2016)
Emanuel Baroz, 11 ottobre 2016
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