Israele è negli occhi di chi guarda
Ho visto i moderni grattacieli di Tel Aviv che compaiono all’improvviso, tra le nuvole e il mare, la città bianca subito dietro, le case ordinate dei sobborghi, le spiagge, il verde che poco più di un secolo fa era deserto, larghe arterie che pulsano automobili senza soluzione di continuità, le colline a pochi chilometri dal mare, quelle colline sopra le quali l’aereo, costretto ad una virata prima di atterrare, non vola, perché quella è la Giudea.
Ho visto la notte illuminata a giorno nei locali della città che non dorme mai, il cielo terso e pieno di stelle del deserto, l’alba fiera e indomabile di Masada, il tramonto su una spiaggia piena di giovani con il sole che va a nascondersi sotto il mare, l’orizzonte del Mar Morto che a mezzogiorno trema dal caldo, le luci dello shopping, il buio impenetrabile dei bunker sul Monte Bental, le candele dei bambini di Yad Vashem.
Ho visto il Centro Mondiale della religione Bahai, con giardini che coprono un intero monte, ad Haifa. A Gerusalemme ho visto, il venerdì pomeriggio, musulmani con il tappeto da preghiera sulle spalle incrociare la strada degli ebrei diretti al Kotel per l’entrata dello Shabbat. Ho visto pellegrini cristiani immergersi nel Giordano, pregare nella Basilica del Santo Sepolcro, li ho visti inginocchiarsi e piangere e cantare in molti luoghi.
Ho visto la nera roccia vulcanica delle alture del Golan, la pietra bianca di Gerusalemme che diventa rosa la sera, la terra rossa del deserto, il verde dei boschi e delle riserve naturali, il giallo delle colline estive della Galilea, il blu del Kinneret e del Mediterraneo, la schiuma delle cascate, i fanghi del Mar Morto, l’arcobaleno dei banchi di frutta, verdura e spezie, i tanti colori delle divise dei soldati e delle forze dell’ordine.
Ho visto bancarelle con libri da prendere, leggere e riporre nei parchi, lungo i viali alberati, sulle spiagge; birra, falafel, hummus e tante altre prelibatezze dai nomi strani; i cani di Tel Aviv, i gatti di Gerusalemme, i cammelli del Mar Morto. E biciclette, coppie di innamorati di ogni genere, musei quasi ad ogni angolo. Ho visto la storia e l’archeologia di una terra millenaria fondersi con la modernità e la tecnologia di uno Stato giovane.
Ho visto persone di tutte le età e di tutti i colori, li ho sentiti parlare in ebraico, arabo, inglese, russo, francese e in tante altre lingue. Ho visto ragazzi in maglietta, pantaloni corti e infradito con il fucile a tracolla, soldati che sembravano averne viste troppe, altri che sembravano averne viste troppo poche, soldatesse arrossire al sorriso di un turista, altre impartire ordini a ragazzi più grandi di loro. Ho visto bambini correre ovunque, tanti bambini.
Ho visto persone chiedere l’elemosina e persone farla, arabi ed ebrei litigare pesantemente di giorno e fumare il narghilè insieme la sera. Ho visto persone rilassarsi su una panchina al parco e persone scattare in piedi al solo sentire la sirena di un’ambulanza. Ho visto persone ridere e scherzare nei vicoli della città vecchia di Gerusalemme e persone scappare di fronte ad un turista che tira fuori l’accendino dalla tasca dei pantaloni.
Non ho visto il Monte del Tempio a Gerusalemme, se non dal Monte degli Ulivi, perché era Ramadan e l’accesso era vietato ai non-musulmani. Ma ho visto il tram che percorre ed unisce tutta la città da ovest ad est, donne ebree con il tichel spingere il passeggino in Jaffa Street a fianco a donne con il velo islamico. Ho visto ragazze e donne bellissime e ho capito che soprattutto qui la bellezza non ha né religione né colore della pelle.
Non ho visto la tomba spartana di David Ben Gurion, padre fondatore di Israele, sepolto a fianco della moglie Paula nei pressi del kibbutz di Sde Boker, nel deserto del Negev. Ho visto il mausoleo luccicante del criminale Arafat a Muqata’a, all’interno di un complesso che include moschea, piscina e giardini, nel centro del deserto urbano di Ramallah, nella parte dei territori contesi oggi amministrata dall’ANP.
Non ho visto uno stato palestinese perché non esiste. Ho visitato la zona A dei territori contesi oggi amministrata interamente dall’ANP. Ho visto persone normali per strada e nei locali e gigantografie di pluri-ergastolani appese ai palazzi. Monumenti, manifesti, striscioni, poster di assassini e cartine in cui non compare Israele su tanti, troppi muri. Non ho visto mai un simbolo, in alcuna forma, che rendesse in forma concreta il concetto astratto duepopoliduestati. Ho visto centinaia, migliaia di edifici e case, pronti per essere abitati, ma vuoti. Sono stato portato a visitare campi profughi, ma non ho visto né campi né profughi. Ho visto qualche donna indossare il burqa. Non ho visto povertà e sofferenza, solo la disordinata normalità araba. Ho visto situazioni complicate e migliorabili. Ho avuto una triste conferma: qualunque cosa accada da queste parti la colpa è sempre di Israele.
Ho visto Hebron, città divisa in due tra Israele e ANP. Ho visto ebrei – madri, padri, bambini, ragazzi, anziani – vivere la loro vita in case di loro proprietà. Li ho guardati bene e a lungo ma non sono riuscito a capire perché vengano chiamati coloni. Ho visto arabi vivere in case sottratte ad ebrei dopo il pogrom del 1929. Li ho guardati bene e a lungo ma non sono riuscito a capire perché vengano definiti vittime. Non ho visto occupazione perché non esiste territorio occupato. Ho visto soldati israeliani difendere la zona in cui vivono gli ebrei per prevenire un nuovo massacro. Ho visto arabi a Nazareth e Gerusalemme e ho visto arabi a Ramallah e Nablus e ancora non capisco perché ai secondi vengano regalati ogni anno dall’Unione Europea vagonate di soldi per insegnare ai propri figli che uccidere ebrei è cosa buona e giusta. Ho visto alcuni dei tanti luoghi degli attentati del terrorismo palestinese e ancora non capisco cosa ci sia di nobile e giusto nel calpestare tutto, la storia, la verità, la dignità, l’onestà, le persone e persino la memoria delle persone uccise. Non ho visto ebrei, nei territori amministrati dall’ANP, né avrei potuto in quanto banditi per legge, ma ho sempre letto che, in cambio della promessa di una pace mai desiderata dagli arabi, sia normale che gli ebrei rinuncino al diritto di esistere su parte della propria patria ancestrale.
Ho visto palloni bianchi in cielo che osservano i territori palestinesi. Ho visto osservatori dell’ONU disarmati sul Golan controllare la zona demilitarizzata tra Israele e Siria, nell’era dei satelliti, con un binocolo in mano. Ho visto convogli dell’ONU transitare attraverso il confine di Rosh Hanikra tra Israele e Libano, ma non ho mai sentito una denuncia circa i 120.000 tra razzi e missili in mano ad Hezbollah. Ho visto l’acqua sporca del Giordano, al confine tra Israele e Giordania, non più larga di 5-6 metri e il solo pensiero che possa finire completamente in mano araba mette i brividi. Ho visto gli osservatori del TIPH disarmati ad Hebron circolare nella parte di città araba per raccogliere testimonianze e lamentele, non ne ho visto nemmeno uno nella parte ebraica. Ho visto un’azienda vinicola sulle alture del Golan in crisi per colpa del boicottaggio del BDS. Ho visto guide turistiche palestinesi raccontare una storia inventata a turisti di tutti i tipi. Ho visto molte persone scuotere la testa di fronte ad una narrazione il cui scopo non è costruire uno stato, ma distruggere uno stato. Ho visto cartoline, magliette, borse e ogni tipo di souvenir con messaggi e slogan che inneggiano al terrorismo e all’antisemitismo in vendita nei negozi di Betlemme, la città della Natività. Ho visto molti turisti comprare quei souvenir.
Ho visto Israele, una nazione con pregi e difetti come molte altre, una nazione viva e giovane e allegra come poche altre al mondo. Accogliente come una seconda casa. Ho parlato con molti israeliani, di tutte le età, e mi sono abituato in fretta al fatto che quello che non aveva risposte ero quasi sempre io – cosa rispondere a chi ti chiede “Cosa si prova ad andare all’estero guidando la tua macchina?”. Ho visto una nazione orgogliosa, forte e impegnata a migliorarsi, con cantieri aperti in ogni città, che spicca per innovazione e genialità. Ho visto Gerusalemme, la capitale e il bastione dell’Occidente.
Ho visto Israele, una nazione unica al mondo che, se l’Occidente continuerà a cavalcare l’onda della narrazione antisemita del palestinismo, sarà spazzata via. Questo perlomeno è ciò che pensano coloro che non vedono come possa un granello di sabbia opporsi ad una tempesta di menzogne, odio, indottrinamento e barbarie, questo perlomeno è ciò che pensano coloro che non vedonocome possa resistere ancora a lungo. David Ben Gurion una volta disse: “In Israele, per poter essere un realista devi credere nei miracoli”. Io ho visto il più bello tra i miracoli.
Roberto Giovannini, L’Informale, 15/07/2016
2 Responses to Israele è negli occhi di chi guarda
Articoli recenti
- L’Associazione amici di Israele augura a tutti i suoi soci e sostenitori un buon natale e felice 2022
- Associazione Beth Shlomo organizza questa raccolta fondi
- Gli auguri dell’Ambasciatore Dror Eydar per Rosh Hashana 5782 (2021)
- Frosinone, consiglio adotta strumento contro l’antisemitismo.
- Rinnovo iscrizione ADI 2021
Cloud Articoli
A guardare le fotografie dei luoghi israeliani fa veramente meraviglia vedere quanto è forte il contrasto con i decadenti stati arabi circostanti. Un piccolo prodigio di intraprendenza. Da certe bellissime fotografie sembra proprio il Paese dove scorre latte e miele.
Israele è e sarà per sempre !!