Verrebbe quasi voglia di non raccontarlo a nessuno, per paura di interrompere il miracolo che si sta compiendo a Allan, anonima cittadina a trenta km dalla capitale giordana Amman. Qui, scienziati provenienti da paesi generalmente noti per i conflitti che li dividono come Israele, Palestina, Iran, Egitto, Turchia, Pakistan, Bahrain, Cipro e ovviamente Giordania, stanno realizzando il primo grande centro di ricerca scientifica mediorientale. Si chiama Sesame, sigla diSynctrotron-light for Experimental Science and Applications in Middle East. Si tratta cioè di un «sincrotrone», un acceleratore di particelle simile a quello più celebre del Cern: un anello lungo 133 metri in cui gli elettroni verranno accelerati fin quasi alla velocità della luce. Invece di scontrarsi come a Ginevra, le particelle emetteranno radiazione di frequenza variabile tra l’infrarosso e i raggi X con cui esplorare la materia nei minimi dettagli, fino alla scala atomica.
Questa «luce di sincrotrone» viene usata in moltissimi campi di ricerca, dalla fisica alla medicina fino all’archeologia.
Un convegno nel deserto
Sesame dovrebbe iniziare a far girare i primi elettroni entro la fine di quest’anno, coronando uno straordinario esperimento di collaborazione internazionale ormai ventennale. Tra i fondatori del progetto c’è Eliezer Rabinovici, fisico israeliano settantenne oggi vice-presidente del consiglio direttivo. La sigla Sesame, invece, l’ha scelta un palestinese, il biochimico Said Assaf. La formula magica «Apriti sesamo», nella traduzione inglese – open Sesame – significa anche «Sesame aperto».
Il racconto di questa storia di ricerca e cooperazione sarà il contenuto della lezione di Rabinovici di domenica 22 maggio al Festival delle Scienze di Roma. Ha voluto regalarne qualche anteprima a il manifesto, di cui conosce poche cose ma buone. «So che lottate duramente per mantenere l’indipendenza della vostra informazione», dice. Anche Sesame, però non avrà avuto vita facile… «Abbiamo superato diverse prove sin dall’inizio – spiega Rabinovici – L’idea del sincrotrone ci venne durante un convegno nel deserto egiziano del Sinai nel novembre del 1995, due anni dopo gli accordi di Oslo. La riunione si teneva sotto una tenda beduina. C’era un clima particolare: erano passate poche settimane dall’assassinio di Rabin. Durante il convegno si verificò anche un terremoto di magnitudo 6,9 ma non ci fermò. Il ministro egiziano Venice Gouda e io firmammo una dichiarazione ufficiale di sostegno alla cooperazione scientifica arabo-israeliana. Era solo una dichiarazione di intenti. Ma fu l’atto di nascita di Sesame».
Un centro di ricerca comune tra paesi in guerra fra loro dovette sembrare una pazzia. Anche individuare il sito deve essere stata un’impresa. «Sicuramente, realizzare un acceleratore di particelle in Israele sarebbe stato più facile – continua il fisico -. Ma non lo proponemmo neppure: molti scienziati avrebbero avuto difficoltà a svolgere le loro ricerche lì. La Giordania è stata scelta per ragioni geopolitiche: era facile da raggiungere e poteva garantire l’accesso da tutti i paesi membri».
L’Europa ha dato una mano sin dall’inizio. La Germania, ad esempio, ha donato tutte le attrezzature di un loro sincrotrone destinato allo smantellamento. I magneti, invece, sono stati costruiti al Cern. «L’Italia in particolare ha svolto un ruolo importante in Sesame. Il fisico Sergio Fubini, uno dei pionieri della teoria delle stringhe, fondò e diresse la Commissione scientifica per il Medio Oriente che accompagnò i primi passi di Sesame. L’idea del convegno nel Sinai fu anche sua. E oggi l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) è uno dei nostri partner principali». Eliezer Rabinovici si riferisce ai soldi: l’Unione europea ha destinato a Sesame otto milioni di euro; l’Infn, da solo, ne ha già messi due. Il presidente Nando Ferroni ha promesso che, a breve, diventeranno cinque.
L’impegno dei paesi «osservatori» come l’Italia ha aiutato anche la cooperazione tra gli stati membri. «Nonostante i discorsi ufficiali, è sempre difficile far rispettare gli impegni ai governi. Ma agli scienziati interessa solo che l’acceleratore funzioni e permetta di svolgere ricerca di alta qualità. E per questo servono investimenti». Finora, lo sviluppo di Sesame è costato sessantacinque milioni di euro. È una cifra non elevatissima, ma difficile da reperire per paesi colpiti da gravi calamità naturali come il Pakistan o crisi umanitarie come la stessa Giordania, che ospita da sola due milioni di rifugiati (quasi quanto l’intera Unione europea).
Una difficile convivenza
Il Cern non è solo un punto di riferimento tecno-scientifico. Anche il centro ginevrino nacque nel 1954 per far collaborare scienziati di Paesi, come Germania, Francia, Inghilterra e Italia, che avevano appena finito di combattersi. «Il Cern doveva curare le ferite della seconda guerra mondiale, e ha funzionato. È una grande fonte di ispirazione per noi – concorda Rabinovici – Ma ci sono anche delle differenze importanti. Quando nacque il Cern, era chiaro a tutti chi avesse vinto la seconda guerra mondiale e chi l’avesse persa. In Medio Oriente, invece, la guerra è ancora in corso».
Dal 1995 a oggi, in Medio Oriente è successo davvero di tutto. La stretta di mano tra Arafat e Rabin a Oslo sembra preistoria. Sono mutati equilibri, stati amici e canaglie si sono spesso scambiati di ruolo, le primavere arabe hanno attraversato la regione, regalando speranze ma anche instabilità. Eppure Sesame non si è mai fermato.
Una convivenza così delicata può preservarsi solo in due modi. Sesame avrebbe potuto trasformarsi in un centro di elaborazione politica, in cui far incontrare leadership e culture che altrove si stavano combattendo. Oppure, com’è successo al team di Allan, si poteva scegliere di lavorare fianco a fianco isolandosi dalla politica. È una strategia meno appariscente, ma più resistente sul lungo periodo.Rabinovici invoca la teoria fisica del «multiverso» secondo la quale esistono vari universi che non comunicano tra loro. «Considero Sesame un’universo parallelo. Le tensioni politiche lo hanno senza dubbio attraversato e siamo sempre riusciti a cacciarle fuori». E dal 1995 nessun governo ha minacciato passi indietro? «Al contrario: nuovi membri come Iran e Pakistan si sono aggiunti nel corso del tempo. Certo, ci sono stati momenti difficili soprattutto nel reperimento dei fondi. Ma non ho mai avuto la sensazione che il progetto potesse andare in fumo».
Ruoli scomodi
La posizione di Rabinovici e dei suoi colleghi non è semplice. L’idea che paesi ufficialmente nemici e dotati di armi nucleari possano cooperare nella fisica delle alte energie genera paura. Tra l’accusa di «intelligenza col nemico» e l’inevitabile collaborazione con gli apparati militari, gli scienziati in Medio Oriente sono spesso esposti a rischi. Quando i fisici iraniani Masoud Alimohammadi e Majid Shahriari furono assassinati nel 2010, il regime addossò le colpe al Mossad israeliano, interessato a bloccare i progetti nucleari dell’Iran a cui partecipavano gli scienziati. Ma qualcuno pensò a una possibile punizione per la collaborazione con Israele: Alimohammadi e Shahriari facevano parte del board di Sesame.
Pure gli scienziati israeliani sono stati oggetto di boicottaggi e denunce per i legami tra ricerca pubblica e esercito. Rabinovici preferisce non parlare di politica interna. «Ho le mie idee e se fossi primo ministro mi piacerebbe esporle in dettaglio. Ma dirigo Sesame: dimostra che la cooperazione in Medio Oriente è possibile. Su questo penso di avere voce in capitolo».
D’accordo, non divaghiamo dunque e parliamo di scienza. Cosa succederà all’accensione del sincrotrone? «Il sincrotrone produrrà diversi tipi di radiazione contemporaneamente. Dunque, sin dal primo giorno diversi gruppi di ricerca lavoreranno fianco a fianco. Nella regione c’è molta attesa. Nel mondo i laboratori di questo tipo sono una sessantina, e sono concentrati soprattutto in Usa, Europa e Estremo Oriente. Il nostro sincrotrone è l’unico a disposizione in Medio Oriente per queste ricerche». Molti ricercatori attendono dunque l’avvio delle operazioni e hanno già presentato richieste di utilizzo. L’idea è che i team di ricerca si alternino spesso per brevi periodi: qualche settimana due o tre volte all’anno.Tra i proponenti, l’alta percentuale di donne colpisce anche un osservatore occidentale. La turca Zehra Sayers, ad esempio, userà i raggi X per esplorare il comportamento delle proteine nei tessuti biologici. Da Islamabad, Pakistan, Sumera Javeed ha bisogno della luce di sincrotrone di Sesame per esaminare la crescita di nanoparticelle di carbonio. Azadeh Shasavar è una giovane post-doc iraniana, emigrata in Danimarca dove i laboratori a disposizione sono di primo livello, e non vede l’ora di riavvicinarsi a casa senza rinunciare ai suoi studi di biologia strutturale. È uno schiaffo ai luoghi comuni sul Medio Oriente e alle nostre «pari» opportunità. Un raggio di luce che servirebbe anche a noi.
SCHEDA
«Relatività» è il tema scelto quest’anno dal Festival delle Scienze di Roma, in programma da oggi al 22 maggio all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Dopo le celebrazioni del 2015, il prolungato interesse si deve soprattutto alla scoperta delle onde gravitazionali previste da Einstein. Proprio Fulvio Ricci, responsabile del laboratorio italiano che ha contribuito al risultato storico, aprirà la kermesse. Il cosmologo João Magueijo parlerà delle prossime frontiere della fisica in «Oltre Einstein» (ore 16). Cosa ci sia «oltre Einstein» non è chiaro a nessuno. Uno dei misteri riguarda la materia oscura cui è dedicata la lezione di Elena Aprile alle 17.30. Tra conferenze del sabato, segnaliamo quella di Seth Loyd del Mit di Boston, che alle 16 illustrerà le potenzialità dei computer quantistici e di Ned Markosian, sull’idea del tempo dopo la relatività. Concluderà la giornata Giovanni Bignami alle 19 raccontando come coltivare asparagi su Marte. Il 22, il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Roberto Battiston parlerà di cinema e scienza (ore 17) e Eliezer Rabinovici, alle 19, chiuderà il festival con il progetto Sesame (vedi intervista). Oltre alle conferenze, spettacoli e laboratori accompagneranno i visitatori di ogni età e preparazione. Info: www.auditorium.it.
L’altra intervista uscita sul manifesto è a Roberto Battiston:http://ilmanifesto.info/2001-odissea-fra-le-comete/