È passato un po’ inosservato l’ingresso di Israele nella prestigiosa agenzia ONU incaricata di promuovere la cooperazione internazionale per l’impiego pacifico dello spazio extraterrestre: la United Nations Office for Outer Space Affairs (UNOOSA). Al di là dei compiti di questa agenzia del Palazzo di Vetro, e del significativo apporto tecnologico che il piccolo stato ebraico potrà ora fornire, ciò che colpisce di questa cooptazione è il voto con cui è stata approvata alle Nazioni Unite: dove diversi stati arabi e musulmani – Qatar, Tunisia, Siria, Arabia Saudita, Yemen, Kuwait, Iraq e Algeria – si sono astenuti; e dove addirittura l’Egitto ha votato a favore dell’ingresso di Gerusalemme nell’organismo internazionale.
Il voto di venerdì da parte del Cairo costituisce un precedente assoluto, sin dalla creazione del moderno stato di Israele del 1948. Prima del voto, il portavoce del ministro degli Esteri egiziano si è rifiutato di rilasciare dichiarazioni. In seguito all’ingresso di Israele nell’UNOOSA, ha minimizzato rilevando che la decisione si rendeva necessaria per favorire il contestuale ingresso di altri stati arabi nell’Agenzia. Diversi politici in Egitto hanno aspramente contestato la decisione, presumibilmente benedetta invece dal presidente al-Sisi.
È il caso di ricordare che, benché nel 1979 sia stato sottoscritto un trattato di pace fra Israele ed Egitto, che tra l’altro ha comportato il ritorno a quest’ultimo dell’intero Sinai, con tutti i suoi fruttiferi giacimenti petroliferi, fra Gerusalemme e Il Cairo i rapporti non sono mai stati idilliaci; e hanno conosciuto una esasperazione con la breve quanto infelice parentesi governativa da parte dei Fratelli Musulmani, a più riprese sollecitati a disconoscere il gli Accordi sottoscritti fra Begin e Sadat.