Teheran apre il mercato ai capitali occidentali. Italia in pole position nel settore petrolchimico in Iran. E non solo
Inviato da Gloria Valdonio il Gio, 06/08/2015 – 14:56
Barclays prevede un aumento della produzione di 200 kb/d (200mila barili al giorno) dal secondo al quarto trimestre del 2015, e di altri 400 kb/d (400mila barili al giorno) entro il quarto trimestre 2016
Da nemico pubblico numero uno a partner privilegiato dell’area mediorientale. Il ministro degli esteri Paolo Gentiloni nella sua lunga missione a Teheran non ha lesinato i toni enfatici e ha dichiarato ieri che l’Italia punta a diventare il primo partner commerciale dell’area Ue e a raddoppiare in breve tempo gli scambi con la Repubblica islamica dell’Iran, pari a 1,6 miliardi di euro nel 2014. Sdoganata dalla lista dei “Paesi canaglia” dopo la firma dell’accordo di Vienna sul nucleare, che rimuove progressivamente le pesanti sanzioni economiche inflitte a Teheran, l’Italia vuole assicurarsi un posto in prima fila nella ricostruzione di un Paese che abbonda di pozzi, che conta 80 milioni di abitanti (100 milioni nel 2050) e con la quale ha sempre ha avuto ottimi rapporti commerciali.
Da parte dell’Iran guidato dal presidente riformista Hassan Rohani, l’apertura ai capitali e alle partnership con l’occidente è totale. Il ministro del Petrolio Bijan Zanganeh, ha annunciato che saranno presentati a dicembre a Londra i nuovi contratti iraniani per lo sfruttamento petrolifero. “Si tratta di nuovi modelli contrattuali molto più attraenti per le major petrolifere”, ha detto il ministro. Che ha aggiunto, “Abbiamo invitato le aziende italiane a una presenza nel settore petrolchimico, inteso come petrolio e gas. L’obiettivo sono gli investimenti congiunti. I prodotti estratti non saranno destinati solo al mercato iraniano, ma anche a Paesi terzi”.
Eni riparte da Darquain
Semaforo verde quindi per Eni, che vanta crediti commerciali con l’Iran per circa 800 milioni di euro e ha raggiunto un accordo suicrediti relativi ai contratti di buy back sui campi di Darquain. Oltre all’oil, la presenza a Teheran in questi giorni di rappresentanti di gruppi come Ansaldo Energia, Fincantieri, Tecnimont (nonché Cdp, Fondo Strategico, Sace, Abi) significa che per le imprese italiane si aprono opportunità in molti settori, a partire da automotive, tecnologia, macchine agricole, aeronautica e costruzioni di navi, alimentare e design.
Oil sotto pressione
Naturalmente l’elemento più sensibile al nuovo corso dell’Iran, promossa sul campo sentinella del terrorismo jihadista, è rappresentato dal prezzo del petrolio. Quali sono gli impatti sul mercato petrolifero a breve termine? “Il greggio è scivolato sull’annuncio dell’accordo – spiegano gli analisti di Barclays Michael Cohen e Warren Russell in un report redatto all’indomani dell’accordo – Entrambe le curve dei future si sono leggermente appiattite, nella parte finale della curva”. In altri termini, per gli analisti assisteremo a un’accelerazione della produzione di oil. “La produzione – spiegano in Barclays – è destinata ad aumentare di 200 kb/d (200mila barili al giorno) dal secondo al quarto trimestre del 2015, e di altri 400 kb/d (400mila barili al giorno) entro il quarto trimestre 2016”. “Non siamo soli a pensarla in questo modo. Richard Nephew, ex funzionario specializzato in sanzioni del Dipartimento di Stato americano, stima in 300-500 kb/d (300mila-500mila) l’emissione di nuovi barili di petrolio sul mercato entro 6-12 mesi dall’attuazione dell’accordo. Mentre WoodMacKenzie prevede 600mila barili di petrolio di nuova produzione entro la fine del 2017”, concludono Cohen e Russell.
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