‘Giorno dell’unità degli ebrei’… ma non tutti
Commento di Deborah Fait
Oggi, mercoledì 3 giugno, gli ebrei d’Israele e del mondo ricorderanno il rapimento e la morte dei tre ragazzi che un anno fa furono massacrati dai terroristi palestinesi mentre aspettavano l’autobus per tornare a casa dopo una giornata di studio. Eyal, 19 anni; Naftali, 16 anni; Gilad, 16 anni verranno ricordati secondo la data ebraica che corrisponde al 12 giugno, giorno della tragedia.
Il sindaco di Gerusalemme Nir Barkat, insieme con le famiglie dei ragazzi, ha organizzato e sponsorizzato il “Giorno dell’Unità degli ebrei nel ricordo”. La mamma di Eyal racconta che dopo il massacro, durante il periodo di lutto, decine e decine di ebrei da tutto il mondo volarono in Israele, in rappresentanza delle loro comunità, per stare vicini alle famiglie e partecipare al loro dolore. L’unità ebraica! Non sono soltanto parole, quando questi tre ragazzi sono stati uccisi e i loro spiriti hanno raggiunto le migliaia di giovani ebrei ammazzati prima di loro, Israele è sprofondato nel lutto, tutta la nazione è stata percorsa da un urlo di pianto irrefrenabile, una disperazione profonda, eravamo tutti insieme, una famiglia unica stretta in un abbraccio pieno di desolazione.
“Sto tornando a casa” aveva telefonato Eyal alla mamma dopo essere andato, finita la giornata di studi alla Yeshivà, a far visita alla nonna, non poteva sapere che dei mostri fossero già in agguato, che li avrebbero strappati dal luogo dove aspettavano l’autobus per portarli in una pietraia, maciullarli e lasciarli là perché gli animali selvatici completassero l’opera. Erano tre bravi ragazzi, studiavano, facevano musica, erano tre adolescenti pieni di sogni che dei mostri poco più grandi di loro hanno voluto distruggere in nome dell’odio che anima le generazioni di arabi avvelenati dalla propaganda della loro classe dirigente, degli “angeli della pace” che il Papa ha accolto con baci e abbracci in Vaticano.
I palestinesi sono devastati dall’odio con cui “gli angeli della pace” (prima Arafat e i suoi scagnozzi, dopo Abu Mazen e i suoi scagnozzi), hanno provveduto a nutrirli dalla nascita; un odio talmente grande che li porta a riempire di botte altri palestinesi che, ingenuamente, vorrebbero partecipare a qualche festa organizzata per le due etnie in Israele, che tenta sempre di promuovere la convivenza. Non si gioca con gli ebrei, non si fa sport con gli ebrei, non ci si tiene per mano con gli ebrei, non si fa niente con gli ebrei e chi tenta un approccio viene ridotto come questo ragazzino palestinese, pestato a sangue da altri palestinesi. https://www.facebook.com/ProgettoDreyfus/photos/a.387495981326769.85422.386438174765883/817897038286659/?type=1&fref=nf&pnref=story
Questo succede perché i palestinesi devono essere così, come vuole l’angelo della pace Abu Mazen e la sua televisione di stato: http://www.timesofisrael.com/palestinian-tv-calls-jews-and-israelis-evil-filth
Chissà se Papa Bergoglio lo sa. Il 1° Giugno del 1941 altri arabi, precursori dei palestinesi all’epoca ancora inesistenti, a Baghdad, in due giorni uccisero 180 ebrei, ne ferirono 600, distrussero 1500 negozi e 2000 case in quel pogrom conosciuto come Farhud che diede inizio all’alleanza arabo-nazista per portare a termine la Shoà sia in Europa sia in Medio oriente. Il Farhud fu un massacro ispirato dai nazisti e dai capi arabi, in testa a tutti Haj Amin al-Husseini arrivato in Iraq nel 1939, scappando dagli inglesi del Mandato britannico di Palestina.
Chi parla del Farhud? Chi ricorda gli ebrei dei paesi arabi, massacrati e costretti a fuggire? Da 850.000 a 900.000 ebrei dovettero lasciare le loro case, le loro propietà, la loro vita tra il 1941 e il 1970 ma nessuno li nomina, troppo occupati, tutti, a parlare della nakba palestinese. Troppo occupati, tutti, a odiare Israele, a boicottare Israele, a delegittimare Israele, a demonizzare Israele che accolse gli ebrei in fuga dai loro aguzzini arabi e diede loro finalmente una patria dove sentirsi finalmente a casa.
http://www.kolot.it/wp-content/uploads/2015/05/Guido_Ortona.jpg
Guido Ortona
L’Unità ebraica! E’ una realtà per molti ma non per tutti. Mi è capitato fra le mani un lungo articolo, pubblicato da Kolot, di Guido Ortona che non conosco e che spero di non conoscere mai, ma che dal cognome dovrebbe essere parte, ahime e ahilui, del popolo ebraico. Dopo un’ analisi spietata su Benjamin Netanyahu e la sua dichiarazione “Non ci sarà mai uno stato palestinese”, senza neppure cercare di capire che alla luce della realtà attuale, della violenza della società palestinese, del terrorismo che la anima, uno stato palestinese sarebbe un pericolo per tutto il Medio Oriente, non solo per Israele. Uno stato palestinese oggi sarebbe una dependance dell’ISIS. Questo il signor Ortona non lo mette in conto, non solo, non ha nemmeno una parola né una critica per tutto il male demoniaco che i palestinesi hanno fatto in decenni comportandosi come i peggiori tra i barbari, ammazzando gente innocente e rifiutando ogni dialogo, ogni soluzione, ogni offerta, anche le più generose di Israele. Non solo, il signor Ortona accusa tutti gli israeliani di volere l’apartheid per aver votato Netanyahu. “Si potrebbe obbiettare che l’affermazione di Netanyahu è stata solo propaganda: ma se sono questi gli argomenti che creano consenso, allora è ovvio che questa opinione è diffusa e solida, il che evidentemente contrasta con l’idea di un Israele che vuole una pace giusta ma sono i palestinesi che si oppongono. E’ chiaro che la maggioranza relativa di elettori che ha votato per Netanyahu non vuole una pace giusta, nel senso che garantisca i diritti fondamentali anche ai palestinesi… In altri termini: chi afferma di volere una pace giusta ma non fa nulla per propiziarla in realtà non la vuole. E che Israele non faccia nulla è il meno che si possa dire. Ora, è ovvio che una pace non giusta implica o apartheid per i palestinesi o la loro espulsione: come scriveva Tacito, ubi desertum faciunt pacem appellant. Se una parte molto consistente (come minimo) degli israeliani vuole dichiaratamente una soluzione di questo tipo, è chiaro che la nostra solidarietà verso Israele deve tenere conto di questo fatto… In quanto segue sosterrò la tesi che essere solidali con il presunto diritto di Israele a una pace basata sull’apartheid o sulla pulizia etnica implica il rifiuto dei valori fondamentali dell’ebraismo. In altri termini: un ebreo della diaspora non può sostenere quella politica, se vuole essere coerente; anche se purtroppo sappiamo bene che un integralista accetta l’incoerenza senza porsi troppi problemi, quale che sia la sua religione.”
Ecco il punto cruciale per certi ebrei, essere fedeli a Israele o mettersi dalla parte degli odiatori e gettarlo giù dalla rupe? Dare solidarietà a Israele o demonizzarlo? Pare che la scelta di Ortona sia chiara, Israele vuole esistere, Israele vuole vivere e non lo merita quindi Israele è out, via, cancellato dal consesso civile! Ma adesso tenetevi forte che arriva la parte peggiore dell’articolo: “Quale atteggiamento si deve allora avere verso Israele? Mi pare che la risposta sia chiara: si deve affermare con fermezza, anche a livello di comunità, che la nostra solidarietà con Israele è subordinata al suo rispetto per tutti dei diritti umani fondamentali. Se questo potrà essere ottenuto con la soluzione “due popoli due stati” tanto meglio. Ma se questo implica, come mi pare sia inevitabile, che lo stato di Israele deve essere uno stato con parità di diritti per tutte le confessioni religiose e tutte le etnie, e quindi laico, allora dobbiamo chiarire che la nostra solidarietà è condizionata all’accettazione di questa opzione. So che molti ebrei hanno un legame affettivo molto forte con Israele. Vorrei dire che lo capisco, ma non è vero. Io ho avuto un’educazione laica e non ho parenti stretti che siano morti in lager; ciò che posso capire è solo che per molti ebrei accettare che Israele rischia di tradire gli ideali propri dell’ebraismo, o più probabilmente li ha già traditi, è doloroso. Ma questo dolore non evita il dilemma che ho illustrato in questo articolo, e che porta inevitabilmente a concludere che una persona fedele agli ideali di democrazia e universalismo non può auspicare uno stato ebraico in Israele”.
Bene, lo ha detto: Israele non ha diritto di esistere a meno di non consegnare ai palestinesi tutto quello che vogliono e diventare Israele stesso un non-stato, peggio, diventare un popolo di dhimmi sotto il giogo arabo esattamente come quegli ebrei ammazzati a Baghdad durante il Farhud, come gli ebrei che per secoli hanno dovuto sopportare ogni genere di paure, persecuzioni e prepotenze da parte delle popolazioni arabe. Guido Ortona conclude per completare il mio senso di nausea: “Un’ultima osservazione. Gli ebrei che pensano che per essere ebrei bisogna anteporre il valore del nazionalismo a quello della democrazia sono sempre più numerosi. Costoro devono rendersi conto che essere sionisti non è obbligatorio. In effetti in una democrazia nemmeno essere ebrei lo è. Se veramente si dovrà scegliere se essere a favore del nazionalismo ebraico o a favore della democrazia, non c’è dubbio che molti opteranno per la seconda alternativa. L’oltranzismo filoisraeliano rischia di trasformare l’ebraismo, anche quello italiano, in una setta integralista. Se si vuole evitarlo bisogna che le comunità affermino con chiarezza che un ebreo non può accettare la violazione dei diritti umani di nessuno.”
Certamente, essere sionisti non è obbligatorio, essere ebrei non è obbligatorio… ma se uno nasce ebreo che fa? Si nasconde? Si autocancella? Violenta le proprie radici? E perché? In nome di cosa? Il signor Ortona, cui sta tanto a cuore l’identità palestinese, dichiara con una superficialità e una crudeltà da pelle d’oca che l’identità ebraica può essere cancellata senza problemi se soltanto Israele non si comporta come vuole lui, come vogliono tutti i nostri nemici, cioè se Israele non getta la spugna e non la smette di difendersi. Ortona afferma di essere laico. Cosa c’entra questo con l’essere ebreo? Anch’io sono laica ma profondamente ebrea perché mi sento e sono parte di un popolo che da 5000 anni tramanda di padre in figlio, di madre in figlia, tradizioni, modo di vivere, orgoglio della propria identità e, unico caso al mondo, anche la lingua. Un ebreo non può accettare la violazione dei diritti umani di nessuno ma dovrebbe accettare la violazione dei propri diritti di “vivere liberi nella nostra Terra” accettando di spartirla con chi ne vuole la distruzione totale e gli ebrei in mare!
Certo, essere ebrei non è obbligatorio,essere sionisti non è obbligatorio, nemmeno essere umani lo è, lo chieda alle mamme di Eyal, Gilad e Naftali, lo chieda alle mamme di Israele, ai fratelli, ai figli delle innumerevoli vittime della barbarie palestinese. Provo pena, una pena profonda per chi è senza identità, per chi non sa cosa sentirsi, per chi non è carne né pesce, per chi, ebreo, rifiuta di esserlo. Non la vogliamo la sua solidarietà signor Guido Ortona, se la tenga stretta, noi vogliamo la vita, la giustizia e la libertà in Israele!
Deborah Fait
“Gerusalemme, Capitale di Israele, unica e indivisibile”
2 Responses to ‘Giorno dell’unità degli ebrei’… ma non tutti
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amen
S.ra Faith,
lei e’ solo un estremista. Abu Mazen non e’ un portatore di odio, ma un moderato che Israele dovrebbe rafforzare a discapito di Hamas. Invece Netanyahu, purtroppo un altro estremista con posizioni come le sue, lo tratta come se fosse quasi peggio lui di quelli che lanciano i missili.
E’ anche grazie a persone con posizioni come le vostre che non si arriva alla pace. Peccato che su entrambi i fianchi la gente sia acceccata dall’odio.