In Europa, esistono le “no-go zones”?
di Daniel Pipes
L’Opinione delle Libertà
27 gennaio 2015
it.danielpipes.org
Pezzo in lingua originale inglese: Does Europe Have No-go Zones?
Traduzioni di Angelita La Spada
In Belgio, all’indomani di un attentato terroristico nel maggio 2014, le forze di polizia presidiano il quartiere ebraico di Anversa.
L’intervento di Steven Emerson in un programma della rete televisiva Fox News ha acceso un vivace dibattito sull’esistenza o meno in Europa di “no-go zones” a maggioranza musulmana. L’11 gennaio, Emerson ha detto che “esistono in tutta Europa (…) sono luoghi come in Francia, Gran Bretagna, Svezia, Germania dove i governi non esercitano alcuna sovranità. In pratica, sono quartieri dove sono stati istituiti i tribunali della Shariah, in cui c’è una forte presenza di musulmani, dove la polizia non entra; si tratta quasi di un paese a se stante, uno Stato dentro lo Stato”.
L’11 gennaio, Steven Emerson interviene in tv a Fox News sui quartieri a maggioranza musulmana in Europa.
Anche se Emerson, che ammiro per il suo coraggio morale e le capacità investigative, si è subito scusato per “il terribile errore” commesso per aver detto che ci sono città come Birmingham, in Gran Bretagna, che “sono completamente musulmane e dove chi non è musulmano non va”, egli non ha però affrontato l’ampia questione “dell’esistenza in tutta Europa” di “no-go zones” e se esse siano dei luoghi in cui i governi “non esercitano alcuna sovranità”.
Ha ragione a riguardo?
In un articolo del 2006 pubblicato nel mio blog, ho definito “no-go zones” le enclave musulmane in Europa, un equivalente non eufemistico dell’espressione francese Zones Urbaines Sensibles ossia Zone urbane sensibili. Successivamente, la locuzione “no-go zones” è entrata nel vocabolario inglese corrente per designare le aree a maggioranza musulmana in Europa Occidentale.
Ma dopo essermi recato nelle banlieue (periferie, sobborghi) di Parigi nel gennaio 2013, e in quelle di Atene, Berlino, Bruxelles, Copenaghen, L’Aja, Malmö e Stoccolma, ci ho ripensato. A mio avviso, quelle aree “non sono a tutti gli effetti delle ‘no-go zones'” vale a dire luoghi dove il governo ha perso il controllo del territorio. Nessun signore della guerra vi padroneggia; la Shari’a non è la legge dominante. E così mi rammarico di aver utilizzato in quell’articolo l’espressione “no-go zones”.
E allora cosa sono questi luoghi? Il prodotto di una combinazione unica ancora senza nome.
Da un lato, i paesi dell’Europa Occidentale possono intervenire ovunque e in qualsiasi momento nel loro territorio sovrano. Come stanno a indicare la sparatoria di Verviers e i successivi raid della polizia in Belgio, lo schiacciante vantaggio di forze – esercito, intelligence e polizia – significa che esse non hanno perso il controllo.
Dall’altro lato, però, i governi spesso preferiscono non imporre la propria volontà nei quartieri a maggioranza musulmana, lasciando loro una considerevole autonomia, tra cui in certi casi l’istituzione di tribunali della Shariah, menzionati da Emerson. L’alcol e la carne di maiale sono di fatto vietati in queste zone, la poligamia e il burqa sono usuali, la polizia entra solo con cautela e dispiegando le proprie forze, e i musulmani possono commettere impunemente dei crimini, punibili per il resto della popolazione.
La scandalo di Rotherham degli abusi sessuali su minori offre un esempio calzante. Un’inchiesta ufficiale ha appurato che, dal 1997 al 2013, un gruppo di uomini musulmani ha sfruttato sessualmente – attraverso rapimenti, stupri, violenze di gruppo, tratta di minori, prostituzione e torture – almeno 1400 ragazzine non musulmane, di cui le più giovani avevano 11 anni. La polizia ha ricevuto numerosissime denunce da parte dei genitori delle ragazze, ma non ha fatto nulla; avrebbe potuto agire ma ha preferito non farlo.
Secondo l’inchiesta, “la polizia non ha dato priorità allo sfruttamento sessuale dei minori, vagliando con disprezzo i numerosi casi di bambine vittime, omettendo di agire su questi abusi senza considerarli un reato”. In alcuni casi, è stato ancora più allarmante che “i padri, rintracciate le loro figlie, nel tentativo di portarle via dalle case dove venivano abusate, sono stati arrestati quando la polizia è intervenuta in loco”. Peggio ancora, le ragazze “sono state arrestate per reati come disturbo della quiete pubblica, ubriachezza molesta, senza che sia stata intrapresa nessuna azione contro gli autori degli stupri e degli abusi sessuali su minori”
Un altro esempio, sempre inglese, è quello della cosiddetta operazione “Cavallo di Troia” messa in atto dal 2007 al 2014, in cui (ancora secondo un’inchiesta ufficiale), un gruppo di funzionari scolastici ha sviluppato “una strategia per assumere il controllo di un certo numero di scuole di Birmingham e dirigerle in base a rigidi principi islamici”.
Come occorre definire Rotherham e Birmingham? Non sono delle “no-go zones” né in termini di geografia né di sovranità. È qui che noi – Emerson, altri (come il governatore della Louisiana Bobby Jindal) e il sottoscritto – ci siamo sbagliati. La lingua inglese non ha un’espressione prontamente disponibile per definirle. E questo per una buona ragione: non conosco nessun esempio storico, in cui la maggioranza della popolazione accetta i costumi e anche la criminalità di una comunità di immigrati più povera e debole. Il mondo non si è mai trovato in una situazione paragonabile a quella di un Occidente contemporaneo dove le conquiste si mescolano alla timidezza e al senso di colpa, e il cui potere enormemente superiore è pari alla profonda riluttanza a utilizzarlo.
Anziché parlare di “no-go zones”, propongo l’espressione “settori semi autonomi” che sottolinea la natura vaga e non geografica di questi luoghi – permettendo così un dibattito più accurato su quello che è, senza dubbio, il problema più grave dell’Europa Occidentale.
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