rabin.266Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

A sinistra, Yitzhak Rabin.

Cari amici,

come ogni anno in questo periodo, nei giorni scorsi ci sono state numerose cerimonie per ricordare Itzhak Rabin, ucciso diciannove anni fa. Ed è certamente giusto e normale che sia così per il solo leader politico israeliano morto a causa di un attentato interno al mondo ebraico. Quest’anno però è successa una cosa notevole, che poco è stata raccontata, e che invece merita una riflessione.

Alla manifestazione di Tel Aviv sul luogo dell’attentato, sono comparse delle bandiere palestinesi (http://www.israelnationalnews.com/News/News.aspx/186882). Non sono simboli generici, badate, non è come portare la bandiera arcobaleno o la colomba della pace, che vanno bene per tutte le occasioni con tutte le intenzioni. Le bandiere palestinesi portano con sé un messaggio preciso, che è descritto iconicamente negli stemmi che le accompagnano: armi, guerra, conquista di tutta la terra fra il fiume Giordano e il mare, distruzione di Israele, genocidio degli israeliani (http://www.israele.net/quei-simboli-palestinesi-virtualmente-genocidi).

Che questo rientri nell’armamentario ideologico della sinistra ebraica, anche quando si proclama sionista (ma certo “diversamente sionista”) come Meretz, JStreet, JCall, i loro imitatori italiani che predicano “la pace” sui giornali, per non parlare di quelli che appoggiano le flottiglie e frequentano le manifestazioni antisraeliane, non mi meraviglia affatto. Fa parte della loro sindrome di Stoccolma, dell’amore e servilismo per i nemici, della volontà di strapparsi quel che hanno dentro di ebraico stingendolo nell’universalismo comunista e possibilmente distruggendo Israele. Il problema è che cosa c’entri tutto questo con Rabin.

Rabin non era così. E’ chiarissimo oggi che firmando i trattati di Oslo ha fatto un errore, forse l’errore più grave di tutta la politica israeliana dal 1948 a oggi. La legittimazione del gruppo terrorista in quelle trattative ha reso più facile agli antisemiti nella politica europea e americana usarlo per delegittimare Israele; la sua ammissione in Giudea, Samaria e Gaza, con armi e bagagli e anche con il titolo di “unico rappresentante del popolo palestinese”, ha spiazzato le dirigenze locali alternative, che non mancavano, e ha convinto personalmente gli arabi che era con la guerra e non con la pacifica collaborazione che si ottenevano risultati. Ha inoltre permesso lo stabilirsi di basi strategiche del terrorismo in questi territori, dove non erano mai stati. E’ alla scelta sbagliata di Rabin (e soprattutto del suo governo e dei suoi consiglieri) che si deve la grande fiammata del terrorismo e il suo carattere ormai endemico. Come si deve a Sharon (e al suo governo e ai suoi consiglieri) lo stabilirsi di un bubbone purulento a Gaza, che non si riesce a ripulire. Un gravissimo errore, fatto però non da un ideologo, da un nichilista o da un odiatore del suo popolo, come quelli che oggi lo invocano ma da un patriota israeliano, da un vecchio militare di Tzahal, da uno statista che sentiva di difendere Israele, fino all’ultimo. Da un uomo che ebbe alla fine molti dubbi sul suo stesso operato.

Per ricordarlo, leggiamo qualche brano del suo ultimo discorso, tenuto alla Kneset pochissimo tempo rima di morire:

“Qui, nella terra di Israele, siamo tornati e abbiamo costruito una nazione. Qui, nella terra di Israele, abbiamo stabilito uno stato. La terra dei profeti, che aveva lasciato in eredità al mondo i valori della morale, del diritto e della giustizia, è tornata dopo duemila anni, ai suoi legittimi proprietari – i membri del popolo ebraico. Sulla sua terra abbiamo costruito una residenza per la nazione e uno stato straordinario […] Vediamo ora una soluzione permanente [del conflitto con gli arabi] nel quadro dello Stato di Israele, che comprende la maggior parte della Terra di Israele come era sotto il dominio del mandato britannico, e accanto a una entità palestinese che sarà una casa per la maggior parte dei residenti palestinesi che vivono nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania […ma] non torneremo alle linee del 4 giugno 1967.”

“In primo luogo e soprattutto [vogliamo conservare] Gerusalemme unita come capitale di Israele, sotto la sovranità israeliana. […] Il confine di sicurezza dello Stato di Israele sarà situato nella Valle del Giordano [… proseguiremo e difenderemo] la creazione di blocchi di insediamenti in Giudea e Samaria, come quello di Gush Katif [a Gaza !…]. Noi ci impegnamo davanti alla Knesset, a non sradicare un unico insediamento nel quadro dell’accordo interinale, e non ostacolare le costruzioni che servono per la crescita naturale.” (Il testo completo è qui: http://www.mfa.gov.il/mfa/mfa-archive/1995/pages/pm%20rabin%20in%20knesset-%20ratification%20of%20interim%20agree.aspx; per due commenti significativihttp://www.mythsandfacts.org/article_view.asp?articleID=288 ehttp://www.israelhayom.com/site/newsletter_opinion.php?id=2805).

Sentireste mai parlare così un pacifista attuale, anche israeliano, uno di quelli come il segretario di Peace Now che poche settimane fa, dopo tre anni di carnaio siriano, ha detto che il suo movimento ha fatto benissimo a sostenere la consegna del Golan alla Siria e ancora lo vuole, o uno di quelli di Meretz che vanno a genuflettersi di fronte al negazionista, all’incitatore del terrorismo Muhammed Abbas, o che magari dicono che bisogna trovare un accordo con Hamas? Quelli che scrivono le lettere ai paesi europei scongiurandoli non di aiutare Israele contro il terrorismo e la minaccia iraniana ma di riconoscere lo Stato di Palestina? (http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=&sez=280&id=55873).

Il fatto è che, alla faccia di quelli che lo divinizzano oggi, quel che voleva Rabin non è così diverso da quel che vuole oggi Netanyahu (http://tabletmag.com/scroll/186789/yitzhak%E2%80%A8-rabin-benjamin-netanyahu), con la differenza che il primo si circondò di un gruppo di ideologi di estrema sinistra che amavano di più le loro idee che il loro paese e fra l’ideologia e i fatti, scelsero sempre le prime. E’ importante chiarire il fallimento di quelle idee, che si è verificato ogni volta che Israele si è ritirato da un territorio o ha dato fiducia alla dirigenza palestinista, che in sostanza è ancora completamente e tutta terrorista, non è affatto disposta a convivere con Israele. Ma nel disprezzo anche intellettuale per coloro che non solo si sono illusi sull’utopia della pace, ma non hanno saputo imparare dall’esperienza, non bisogna coinvolgere Rabin, che invece sapeva capire e si manteneva disincantato rispetto alle utopie pacifiste. Per questo quelle bandiere sono un insulto che non si merita.

 

Da: InformazioneCorretta.

 

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