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Mi è capitato di vedere alcune puntate di un programma televisivo apparentemente piuttosto banale, un programma nel quale due genitori incapaci di gestire i figli chiedono l’intervento di una sorta di super-tata e ciò che ho trovato interessante è il fatto che uno dei passaggi del programma è l’introduzione delle “regole”. Nella maggior parte dei casi regole apparentemente banali, come il fatto di non insultare i propri genitori. La cosa altrettanto evidente è che questo programma non racconta una situazione particolare bensì qualcosa di assai diffuso.

Purtroppo o per fortuna spesso mi capita di prendere mezzi di trasporto frequentati da studenti ed il livello di ineducazione è assai elevato, la totale mancanza di rispetto per gli altri mi colpisce sempre dolorosamente. Non mi interessa qui fare un’analisi della società italiana, ciò che mi interessa rilevare è la difficoltà, che evidentemente i giovani imparano dai propri genitori, al rispetto delle regole. Non si tratta di tornare ad una società autoritaria nella quale viene negata la creatività e la leggerezza dell’infanzia, perché purtroppo non si può dire che gli anziani, figli di questo tipo di educazione, mostrano di avere maggiore rispetto dei giovani per gli altri. Piuttosto si tratta di riconoscere alcuni valori fondamentali attraverso i quali una persona può crescer più sicura e più aperta al mondo. Non credo che il lassismo e l’assenza di rispetto per gli adulti, per il lavoro, per la vita possano offrire più spazio alle giovani persone, credo che sia esattamente il contrario. Lo dimostra il fatto che le persone che riescono meglio nella vita sono quelle che alle spalle hanno una famiglia solida che ha impartito un’educazione chiara e nella quale i genitori non si sottraggono al confronto, divenendo autorevoli per i figli.
Purtroppo possiamo constatare che alcuni giovani lasciati a se stessi si trovano a volte ad abbracciare ideologie violente ed autoritarie o ad assumere comportamenti autodistruttivi per questo motivo credo sia il caso d’interrogarsi sul modello sociale che desideriamo essere, offrire e creare.

Forse vi sembrerà un azzardo ma io credo che questa possa essere considerata una metafora che descrive in maniera piuttosto chiara la relazione tra una parte del mondo arabo e le manifestazioni violente dell’islam, ma soprattutto tra il mondo arabo e quelli che sono stati definiti “palestinesi”. I palestinesi sono un’invenzione della lega araba, risalente alla seconda metà del secolo scorso, nascono dalla necessità di costruire un pretesto per eliminare il rinato stato ebraico. Per questo motivo mi trovo oggi a fare questo paragone, perché è evidente che non hanno un impianto etico, che sono facile preda dell’ideologia del momento, che non sono in grado di assumere su se stessi la responsabilità di gestirsi.
Non vorrei essere fraintesa, stiamo parlando di una società, che si è organizzata ed ha una storia autonoma, che ha dato vita ad di un modello sociale, che ha compiuto le proprie scelte e che deve farsi carico delle conseguenze delle proprie scelte.
Assumere un atteggiamento relativista, assecondare il piagnisteo ed il vittimismo di queste persone significa legittimare la loro eterna incapacità di decidere, di assumersi le responsabilità con l’aggravante di legittimare l’incapacità totale di rispettare l’altro e soprattutto di rispettare la vita. Hanno l’abitudine a non decidere per sé ma a lasciare che sia sempre qualcun altro a decidere per questo possono divenire sia una delle tante facce dell’islam violento ed autoritario oppure, come è stato in quel passato che ancora seduce una parte dell’occidente, la manifestazione oscena del peggior terzomondismo.
Sarò dura ma qui abbiamo a che fare con persone che detengono risorse economiche, energetiche, culturali, fisiche e mentali assai abbondanti, dalle quali è legittimo aspettarsi che si assumano le loro responsabilità una volta per sempre!
Di nuovo un palestinese ha scaraventato la propria auto contro persone inermi per ucciderle. Vediamo i manifesti arabi, dell’anp che trasformano un’auto in un fucile, che invitano la propria gente ad utilizzare questo nuovo modo per uccidere gli israeliani, gli ebrei.
Chi sono i nostri assassini? Come possiamo combatterli senza divenire a nostra volta assassini? Perché l’occidente non è in grado di reagire, di condannare con risolutezza? Perché, viceversa, la maggior parte dei paesi europei e l’attuale amministrazione statunitense continua a legittimare in maniera più o meno esplicita queste azioni?
Queste domande continuano a tormentarmi da anni, cerco in ogni modo di trovare una spiegazione ed, attraverso questa, di sollevare il velo che copre ciò che sta avvenendo, di nuovo e continuamente.
Cosa caratterizza le persone che compiono determinate azioni? Certamente nessun rispetto per la vita umana, certamente nessuna volontà d’essere liberi.
Ciò che accomuna, secondo me, le azioni compiute dagli arabi che si definiscono palestinesi, ma anche dall’isis, da al qaeda, dalla fratellanza mussulmana, da tutti quelli che festeggiano l’uccisione di ogni singolo ebreo, che gioiscono della morte dei nostri e dei loro bambini, che chiamano gli assassini martiri, è il fatto d’essere schiavi e schiave. Non schiavi dell’occidente o degli israeliani. Schiavi di se stessi, schiavi di chi essi stessi scelgono per essere condotti, schiavi della loro incapacità d’essere uomini e donne liberi! Perché ci sono occidentali che sposano la causa palestinese o che si arruolano nelle file dei tagliatori di testa dell’isis? Perché hanno paura della libertà, hanno paura della necessità di prendere una decisione, di scegliere, hanno paura del libero arbitrio. Hanno paura d’essere chiamati a rispondere del loro fallimento personale e politico, per questo motivo preferiscono abbracciare un credo violento e cieco che fa della sudditanza, dell’irresponsabilità e della morte la propria scelta.
Ci sono persone che si lasciano vivere, che compongono i giorni uno dopo l’altro senza distinzione, che hanno perso il senso prezioso della famiglia, che non conoscono la possibilità di rivolgere i proprie sforzi, la propria energia personale verso un progetto e che d’un tratto non avendo imparato la libertà d’essere umani si trasformano in assassini, perché secondo me ciò che scatena l’odio, la ferocia, il rancore è soprattutto l’invidia. Ma anche la falsa idea di non poter essere altrettanto liberi, la fatica di doversi fermare e dar conto a qualcosa di più grande di se stessi, qualcosa, qualcuno che mai ti domanderà di uccidere, che mai ti domanderà di morire che sempre ti chiede di fare la meravigliosa fatica di vivere con impegno ogni singolo attimo per costruire un mondo migliore di quello che hai trovato, qui ed ora!
Perché non è ancora stato costituito uno stato arabo al fianco dello stato ebraico? Perché ci sono arabi con la cittadinanza israeliana che preferiscono uccidere? Perché nonostante la valanga di milioni di dollari e di riconoscimenti gratuitamente ricevuti, nonostante tutte le possibilità degli ultimi settanta anni ancora preferiscono compiere attentati piuttosto che assumersi la responsabilità di amministrare, gestire, abitare, coltivare, sviluppare, amare una terra?
Probabilmente non riescono ad accettare la condizione di libertà che viene loro offerta.
L’uscita dalla schiavitù, la rinuncia definitiva agli idoli, lo sappiamo molto bene, costa una fatica immane. Guardare a se stessi e rendersi conto di non essere stati capaci di combinare nulla nonostante tutte le possibilità offerte, fare i conti seriamente con il dono della vita e rendersi conto quanto questa sia preziosa ed inestimabile in sé comporta una maturità che evidentemente tutte queste persone non hanno. Questo tipo di maturità non si raggiunge ad una determinata età o essendo nati in un particolare luogo del mondo, questo tipo di maturità si sceglie e si persegue in ogni istante della propria vita ed è faticosissima perché domanda d’essere confermata ogni volta di nuovo.
Possiamo accettare che continuino ad incolpare qualcun altro dei propri fallimenti?
Ribellarsi alla schiavitù è un gesto davvero rivoluzionario ma per essere compiuto domanda la consapevolezza della vita, il gesto davvero rivoluzionario che potrebbero compiere sarebbe quello di dire di no alla morte dei loro figli usati come scudi umani, di non scaraventarsi con l’auto contro un gruppo di persone inermi, questo sarebbe il vero gesto rivoluzionario. Quello che compirono le levatrici ebree contro il faraone quando questi impose loro l’uccisione di tutti i bambini ebrei nati da quel momento in poi. I gesti rivoluzionari veri danno sempre spazio alla vita, mai alla morte!
Quanti di noi crescendo non sono passati attraverso quel momento così doloroso nel quale ci si interroga sul senso del nostro essere qui? Quanti di noi hanno rinunciato a chiedere a stessi una risposta?
Questo ci rende schiavi, ci rende incapaci di scegliere regole e privazioni, limitazioni della nostra libertà in grado di renderci davvero liberi, liberi di stare con gli altri, di condividere.
Scegliere di uscire dalla schiavitù non è semplice ed ogni volta che veniamo aggrediti in maniera così idiota, così ingiusta scatta dentro di noi il desiderio di reagire nello stesso modo. Israele sta scegliendo di non reagire come uno stupido schiavo provocato da un altro stupido schiavo in favore del padrone, che in questo caso è lo schiavo stesso in una assurda dinamica senza uscita.
Il padrone/schiavo sono tutte quelle persone che continuano a scegliere l’idolo della morte. Tutti e tutte quelle che piuttosto che vivere, fare fatica, costruire, coltivare, confrontarsi, mediare, accogliere, accettare preferiscono e continuano ad uccidere.
Chiunque di noi sia in grado di scegliere la libertà e la vita deve farsi carico di fermare questi schiavi di se stessi, deve interrompere questa catena di omicidi, deve svelare la brutalità, senza paura.
Chiunque sta dalla parte dei cosiddetti palestinesi, chiunque legittima, anche solo omettendo di dare una notizia, la barbarie di questi omicidi. Chiunque, piuttosto che conoscere le cose preferisce farsi persuadere dall’idolo della falsa vittima, chiunque non sia in grado di scegliere la libertà deve sapere chiaramente d’essere schiavo esattamente della stessa barbarie.
Chiunque stia dando legittimità ad uno stato che non esiste, che non è mai voluto esistere, il cui unico scopo è nascere per annullare la vita di altri deve sapere d’essere uno schiavo, d’avere avuto la possibilità di liberarsi e d’avere scelto di restare schiavo degli idoli!
Ciò che sta accadendo in una grande parte del mondo islamico è che nessuno è in grado di accettare altri che se stesso. Ciò che stanno facendo ad Israele, come ai kurdi, come ai cristiani, come alle donne, con poche eccezioni, è cercare di eliminare le differenze. Non possiamo lasciare che questo sia, denunciare con forza gli attentati compiuti in Israele, contro gli Israeliani da parte degli arabi significa dire chiaramente che non siamo disposti ad accettare questa schiavitù degli schiavi dell’idea unica che avanza.
Dobbiamo pretendere che si parli con i palestinesi soltanto nel momento in cui saranno in grado di accettare che non esistono solo loro, di fare una trattativa seria, di lavorare per essere indipendenti e smettere di vivere dipendendo per intero dalle regalie, se sapranno prendersi la responsabilità di vivere e lasciar vivere allora forse sarà possibile parlare. Fintanto che si comporteranno da schiavi, da bambini isterici, da piccoli dittatori assoluti non meritano neppure di essere incontrati per la strada!

 

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