Il Qatar si è arreso?
di Mordechai Kedar
(Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
E’ quanto emerge da una notizia data – in arabo – da un network dell’informazione basato in Libano.
Molto è stato scritto l’anno scorso sulla parte che il Qatar gioca nel conflitto, sulla situazione e sul ruolo dei Fratelli Musulmani, il movimento che rappresenta un’alternativa islamista non-tribale alla lealtà tribale e ai partiti ideologici nel mondo arabo.
Negli ultimi due anni, la polemica si è incentrata sul ruolo dei Fratelli Musulmani in Egitto, sulla legittimità dell’ex presidente Mohamed Morsi e sulla legalità del nuovo governo del generale Sisi insediatosi nel luglio del 2013. Negli ultimi vent’anni il Qatar è stato la principale fonte di sostegno per i Fratelli e per il loro ramo palestinese, Hamas.
A guidare l’opposizione alle politiche del Qatar è stata l’Arabia Saudita, e quando Sisi ha deposto Morsi, ha fatto fronte comune con essa. Le relazioni tra il Qatar e gli avversari hanno raggiunto un nuovo minimo storico lo scorso marzo, quando Arabi Saudita, Egitto e Emirati Arabi Uniti hanno richiamato i loro ambasciatori dal Qatar. In seguito, è stata segnalata una forza armata saudita, concentrata sul confine del Qatar, che avrebbe invaso l’Emirato, se non fosse stato per la protezione degli Stati Uniti, che proprio in Qatar hanno la loro principale base aerea del Golfo Persico in Qatar, nonché forti legami economici e istituzionali.
Il Qatar è stato il principale sostenitore di Hamas per anni, fornendo fondi e ospitalità alla sua leadership quando questa aveva abbandonato Damasco, continuando a garantire sostegno politico al movimento e al suo dominio su Gaza. Anni fa, la Turchia si è unita all’asse di sostenitori di Hamas, talvolta ne ha fatto parte anche l’Iran – motivato dal suo odio per Israele oltre che dalla sua ostilità al regime saudita.
Quando è scoppiata l’attuale fase di ostilità tra Hamas e Israele, l’Asse Qatar-Turchia si è schierato subito dalla parte di Hamas, mentre sul lato opposto stava l’asse degli oppositori della Fratellanza musulmana e di Hamas, composto da Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Giordania. L’America ha cercato di aiutare il Qatar e suoi alleati, ma ha dovuto retrocedere di fronte alle forti critiche, sia da parte di Israele sia dal Congresso. L’Autorità Palestinese è divisa tra il desiderio di vedere Israele distruggere Hamas e la compassione per gli abitanti di Gaza, che stanno pagando con il sangue i fatto che Hamas possa decidere della loro vita e della loro morte.
Quando si è presentata la possibilità di negoziati per il cessate il fuoco, sono sorti contrasti tra i due fronti, su chi li avrebbe diretti e chi sarebbe stato in grado di influenzare l’accordo nella direzione da lui preferita. Mentre i giorni passavano, fu chiaro che la soluzione sarebbe dipesa dal risultato del duello tra il Re saudita e l’emiro del Qatar, e che il vincitore avrebbe determinato il contenuto di qualsiasi futuro accordo tra Israele e Hamas.
Il 9 agosto 2014 è diventato evidente che avrebbero vinto il Re saudita e l’asse Egitto-Emirati, il gruppo avverso a Hamas, anche se non apertamente pro-Israele. La vittoria saudita sul Qatar e sui suoi sostenitori è divenuta certa quando, lo scorso fine settimana, si è visto l’Emiro del Qatar correre a Riyadh, la capitale del paese più contrasta la sua politica.
La resa del Qatar è stata percepita a livello mondiale principalmente grazie Al Mayadeen, l’avversario mediatico di Al-Jazeera, canale televisivo del Qatar.
Per esempio, Al-Jazeera chiama il presidente dell’Egitto “El Sisi”, negandogli il titolo di “Presidente”, perché il Qatar vede ancora in Mohammed Morsi, il difensore dei Fratelli Musulmani, il Presidente legittimo dell’Egitto. Al contrario di Al-Jazeera, Al Mayadeen utilizza il titolo di “Presidente Sisi”.
Al Mayadeen è stata fondata due anni fa in Libano da un ex reporter di Al-Jazeera, Ghassan Ben Jeddou, che aveva rassegnato le sue dimissioni da Al-Jazeera a causa della posizione politica della rete sull’ Arabia Saudita e l’occupazione del Bahrein, durante la “Primavera araba”. Al Mayadeen è sospettato di essere prevenuto nei confronti del Qatar e della sua politica. Tuttavia, ora che c’è una proliferazione di canali televisivi arabi che sono privi della censura governativa, l’unico modo in cui un network può avere successo è ottenere che i suoi servizi siano considerati degni di fiducia. E’ necessario soffermarsi su questi dettagli perché le informazioni che seguono, riguardo la visita dell’Emiro del Qatar a Riad, il suo incontro con il re saudita e le parole scambiate nel corso della riunione, non sono totalmente affidabili.
Nota: tra parentesi potete leggere le mie interpretazioni.
Il 9 agosto, Al Mayadeen ha riportato in arabo: “L’emiro del Qatar ha riferito al re saudita che il suo Paese non è favorevole a formare alleanze (in realtà il Qatar ha abbandonato la leadership dell’asse politico che fino a quel momento aveva sostenuto). Gaza è diventata il centro dell’attenzione di tutti (in realtà noi sappiamo perfettamente che l’Arabia Saudita non si preoccupa per nulla della sorte di Gaza)…”.
“ L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim Ben Hamad Ben Khalifa El Thani, ha detto che è arrivato (cioè è stato costretto ad andare strisciando) a Riyad per incontrare il re saudita Abdallah Ben Abed Elaziz, perché conosce bene la fedeltà del Re saudita alla Nazione Araba (cioè all’Arabia Saudita, ai suoi amici e i loro interessi particolari) e la fiducia gli accorda personalmente. Ha detto inoltre che riferirà al Re ciò che sta accadendo a Gaza (cioè la catastrofe che Israele sta scatenando su Hamas e sul Qatar) con la paura di smarrire la propria strada (ovvero che Israele vinca) ”.
“ Il Qatar non ha una politica di alleanze (il Qatar è dispiaciuto per aver guidato un’alleanza contro i sauditi), anche se in passato c’é qualcuno in Qatar che ha agito come un megalomane in rapporto alle effettive dimensioni del Qatar (severa critica allo sceicco Hamad, padre dell’attuale emiro, e al Ministro degli Esteri dello sceicco Hamad, che aveva intrapreso una linea politica arrogante nei confronti del mondo arabo e in particolare dell’Arabia Saudita, nonostante il Qatar sia un piccolo Emirato. L’emiro del Qatar sa perfettamente che senza questa critica, o dimostrazione di pentimento, il Re saudita gli darebbe poca attenzione)”.
Al Mayadeen continua: “ L’Emiro del Qatar ha chiarito al Re saudita che il Qatar non ha valore se non insieme agli Emirati del Golfo (qui egli sta chiedendo umilmente alle nazioni del Golfo di permettere ai loro ambasciatori il ritorno in Qatar) e ai suoi partner arabi (cioè: ci dispiace per le politiche che abbiamo portato avanti, contro Egitto, Giordania e Autorità Palestinese ). Entrambe le parti (cioè i due Assi) si completano vicendevolmente (cioè il nostro Asse si arrende al vostro)”.
“ In poche parole, l’Emiro del Qatar ha detto al Re saudita: il Qatar è disposto a seguire le vostre orme e ad ascoltare le vostre istruzioni (cioè abroga totalmente le sue politiche indipendenti degli ultimi anni), al fine di alleviare le sofferenze del popolo palestinese (vale a dire salvare l’autorità di Hamas sui palestinesi di cui si serve come scudi umani) ”.
“ L’Emiro ha aggiunto: ‘ Di fronte all’immensa entità dei crimini di guerra e della distruzione in corso a Gaza (e al pericolo che gli abitanti di Gaza si ribellino contro il governo di Hamas), non vi è alcun motivo per l’Egitto (e il suo sostenitore, l’Arabia Saudita) a insistere su una iniziativa (cioè le condizioni per la resa) che non tenga conto delle aspettative e richieste minime dei palestinesi (leggi Hamas), soprattutto ora che Israele ha bisogno di un cessate il fuoco (cioè: Israele può continuare a combattere a lungo a causa del sostegno del pubblico israeliano al suo governo) ’”.
“ ‘ Io non vedo come gli egiziani possano giungere ad estromettere il movimento di Hamas. Mettiamo da parte, mio signore (!!!), la resa dei conti con Hamas (e i crimini che ha commesso contro l’Egitto e i palestinesi) per una data futura (e poi ce ne dimenticheremo) e stiamo con il popolo palestinese che segue Hamas (che brandisce coltelli) e sosteniamo le richieste di Hamas (per porre fine all’assedio) ’” .
“ ‘ Io sono venuto da voi, mio signore (!!!), al fine di sentire buone notizie (ora che abbiamo ceduto e che si è conclusa la nostra politica di sostegno ad Hamas) che ci salveranno dalla situazione in cui ci troviamo ora (cioè l’isolamento che ci siamo procurati sostenendo i Fratelli Musulmani e Hamas, che è sull’orlo del collasso) ’”.
Al Mayadeen riferisce che l’incontro tra il re saudita e l’Emiro è durato appena dieci minuti, e non riporta la risposta del re saudita – che potrebbe essere rimasto in silenzio per tutto il tempo.
L’importanza del rapporto dettagliato sta nella sottomissione totale del Qatar all’Arabia Saudita, di un giovane e inesperto Emiro a un Re più vecchio e saggio. Quello che ha portato a questa disonorevole resa, è la combinazione di due fattori: la determinazione israeliana e la geografia di Gaza, una zona sotto assedio, anche se l’assedio al momento è stato rimosso, con Israele da un lato, Egitto dall’altro e solo il mare – pure bloccato – come posto in cui trovare rifugio. La penisola del Qatar è in una posizione simile: si può raggiungere il resto del continente dal Qatar solo attraverso un’ostile Arabia Saudita o via mare. Se non fosse per la presenza americana in Qatar, l’Arabia Saudita potrebbe schiacciarne il regime nel giro di poche ore, come ha fatto in Bahrain nel 2011.
Se è vero che l’emiro ha visitato Riyadh e se il testo del suo monologo, come riportato da Al Mayadeen, è preciso, stiamo per trovarci di fronte a una nuova costellazione di forze in Medio Oriente: l’Arabia Saudita, una monarchia tribale con una facciata – è diventata la forza trainante, Israele è più vicino all’Asse vincente e gli Stati Uniti si trovano dalla parte dei perdenti. L’Asse Iran-Siria-Iraq è sotto pressione a causa degli jihadisti dello Stato Islamico e gli Stati Uniti stanno cercando di rafforzare la loro posizione utilizzando la propria forza aerea contro lo Stato Islamico.
Vi sono alcuni che chiedono a Israele di approfittare di questa nuova situazione, di andare seguire la strada dell’iniziativa di pace araba promossa dall’ Arabia Saudita, di rinunciare alla Giudea e alla Samaria e di istituire uno Stato Palestinese, con Mahmoud Abbas partecipe del nuovo ordine di forze, unite contro gli indeboliti Hamas e Qatar.
L’idea è buona, tranne che la sua realizzazione è problematica: coalizioni e alleanze in Medio Oriente sono esattamente come le dune di sabbia che segnano questa regione di deserti; oggi sono qui e già domani il vento le avrà soffiate altrove. In passato c’era chi consigliava a Israele di fare la pace in fretta con Assad mentre era ancora potente, anche se questo significava rinunciare alle alture del Golan. E dov’è Assad oggi, di grazia? E che cosa sarebbe successo se Jabhat El Nusra o lo Stato Islamico avessero preso il Golan, così da dominare dall’alto su Tiberiade e puntare le loro armi sui suoi abitanti?
L’ago della bilancia mediorientale è ora spostato sul lato saudita-egiziano, ma non è affatto chiaro se tale coalizione continuerà ancora a dominare il Medio Oriente tra un anno o due. Israele non dev’essere indotto a porre il suo futuro e la sua sicurezza nelle mani di una coalizione temporanea, non importa quanto buona sia.
Israele deve agire in base ad una pianificazione a lungo termine, incentrata su se stesso e sui suoi possessi territoriali, non sulle mutevoli alleanze delle dune sabbiose del Medio Oriente.
Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all’ Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E’ studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi.
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