Una lettera di Deborah Fait
Mira ed Emanuel Riva Caro Papa Francesco, Oggi in Israele sono stati sepolti i corpi di Mira e Emanuel Riva, la coppia israeliana ammazzata nel Museo ebraico di Buxelles. Perchè le scrivo questo, lei si chiederà? Perchè questi due ebrei, questi due israeliani, sono le ultime vittime dell’odio antisemita, le ultime vittime del terrorismo. Ma perchè le scrivo questo, lei si chiederà ancora. Perchè non posso cancellare dalla mente la sua immagine in preghiera davanti al muro di Betlemme che è parte della barriera di sicurezza costruita da Israele per salvarsi dal terrorismo palestinese. Le fotografie che la raffigurano davanti a quel muro mi hanno fatto venire la pelle d’oca e il mal di stomaco e non credo, come dicono gli organi di informazione, che quella visita di pessimo gusto dal punto di vista umano, sia stata programmata all’ultimo momento visto che i giornalisti erano tutti là ad aspettare il momento di eternare, mi scusi se mi permetto, una vergogna. Si, Papa Francesco, una vergogna perchè quel muro rappresenta più di mille israeliani ammazzati dai palestinesi di cui Lei era ospite, quel muro rappresenta centinaia di bambini rimasti senza genitori, di famiglie distrutte dal fanatismo palestinese, quel muro è il simbolo dell’odio arabo contro Israele, del demonio antisemita che anima la dirigenza palestinese e buona parte del popolo cui viene fatto il lavaggio del cervello dalla nascita. E’ dall’altra parte di quel muro che lei avrebbe dovuto dire una preghiera, dalla parte israeliana, un preghiera per le tante vittime ebree del terrorismo palestinese !
L’entrata del Ghetto di Varsavia
La scritta davanti alla quale Lei si è fermato a pregare diceva che Betlemme è come il il Ghetto di Varsavia. Questo paragone è un abominio e Lei, Papa Francesco, si è messo a pregare davanti ad esso. Come ha potuto? Il muro costruito intorno al Ghetto di Varsavia serviva a rinchiudere dentro gli ebrei, in gabbia, per poterli ammazzare meglio, là dentro gli ebrei morivano di fame, di sete, erano resi schiavi, morivano per la strada, le madri impazzivano con i loro figli morti tra le braccia, bambini di pochi anni rischiavano la fucilazione per trovare un pezzo di pane ammuffito. E’ questa la situazione che lei ha visto tra i pasciuti palestinesi, belli, grassi, ben vestiti? Nessuno le ha spiegato che il muro di Betlemme serve a tener fuori da Israele i cani rabbiosi palestinesi che venivano a farsi esplodere nelle nostre città, che venivano ad ammazzare i nostri figli, che venivano e vogliono ancora venire a distruggerci e a bruciarci vivi da qualche parte, autobus, mercati, teatri, scuole? Quel muro davanti al quale lei ha detto una preghiera, davanti al quale ha chinato la testa toccando con le sue mani gli scarabocchi pieni di odio, serve a salvare la vita di Israele, del suo Popolo, a salvare le nostre vite. Abu Mazen Capisco che Lei, Papa Francesco, abbia dovuto comportarsi diplomaticamente, che abbia dovuto ascoltare i rigurgiti di Abu Mazen, l’uomo che ha sempre detto di no a qualsiasi dialogo con Israele e che si rifiuta di riconoscere Israele come Stato ebraico, capisco tutto ma definirlo “uomo di pace” mi è parso esagerato. Quale pace, Santo Padre? Abu Mazen vuole soltanto distruggere Israele. Sarebbe questa la pace ?
Capisco anche che lei, uomo di Dio, abbia dovuto confrontarsi col demonio ma non è ammissibile essere tolleranti con il terrorismo, non è lecito essere vaghi con chi pratica assassinii di massa, non si può parlare di pace con un muftì che invita ad ammazzare gli ebrei, è un errore enorme e crudele che tutti i suoi predecessori hanno commesso con Arafat, l’uomo che ha distrutto quella parte di arabi definiti “palestinesi” rendendoli mostri assetati di sangue; l’uomo che ha impedito a Israele di vivere, che ha fatto ammazzare ebrei in tutto il mondo. I suoi predecessori lo hanno ricevuto in Vaticano, lo hanno adulato, coccolato mentre noi morivamo per mano sua. Passi anche che lei e il suo entourage avete taciuto davanti all’immagine di Gesù con la kefiah palestinese in testa. La stupida menzogna che vuole trasformare l’ebreo Gesù in arabo palestinese viene accetta bovinamente dalla maggior parte della gente ma la kefiah bianca e nera palestinese, al contrario di quella giordana bianca e rossa o saudita bianca, è il simbolo del terrorismo, è il copricapo maledetto con cui si avvolgono i terroristi prima dell’attentato, che usano per coprirsi il volto quando giurano di ammazzare più ebrei possibile. Vedere quello straccio dipinto sopra il capo di Gesù non è stato proprio un grande onore per la Chiesa. Mi chiedo e Le chiedo, Papa Francesco, cosa vi fa essere così tolleranti con ogni mostruosità del fanatismo arabo? Posso tentare di non infuriarmi quando sento parlare di “Terra santa”….(Il TG di RAI 1 ha annunciato il suo viaggio a: “Amman in Giordania, a Betlemme nello Stato palestinese (!!!) e….a Gerusalemme”. Uno stato inventato, quello palestinese, e uno innominato e innominabile, Israele, secondo la RAI ) Posso sforzarmi di capire tutto, Papa Francesco, la diplomazia, i compromessi per non mettere in pericolo , più di quanto non lo siano, i cristiani che vivono nei paesi arabi e nei territori occupati dai palestinesi, capisco che dobbiate “tenerveli buoni” e adularli ma non posso capire nè tollerare l’indulgenza per il terrorismo e la negazione dell’esistenza del Popolo ebraico nella sua Terra che si chiama ISRAELE da 4000 anni . Santo Padre, Lei è la luce della Cristianità, dicono che Lei sia un uomo buono e si vede dal Suo viso, mi dica, non poteva trovare un altro posto dove andare a pregare, lontano da quel muro il cui abbattimento significherebbe la nostra morte e la distruzione di Israele?
Deborah Fait
3 Responses to Una lettera di Deborah Fait
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