jobbik1266Testata:La Stampa – Ansa
Autore: Andrea Sceresini – la redazione
Titolo: «Ungheria, nel paese degli Jobbik “Noi veri patrioti, via i traditori” – Ungheria. Manifestazione contro monumento vittime nazismo»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 11/04/2014, l’articolo di Andrea Sceresini dal titolo “Ungheria, nel paese degli Jobbik “Noi veri patrioti, via i traditori” e da ANSA l’articolo dal titolo “Ungheria. Manifestazione contro monumento vittime nazismo”.

Foto in alto, manifestazione del partito antisemita ungherese Jobbik.

                 
Andrea Sceresini         Márton Gyöngyösi

LA STAMPA – Andrea Sceresini: Ungheria, nel paese degli Jobbik “Noi veri patrioti, via i traditori”

Miskolc è una grigia cittadina di provincia, a mezz’ora di auto dal confine slovacco. Conta 170 mila abitanti, raccolti attorno a un’ampia distesa di fabbriche dismesse. Tra il 1945 e il 1989, questo era il centro nevralgico dell’industria metallurgica ungherese.
C’erano le immense acciaierie «Lenin», che oggi deturpano la città con le loro torrette arrossate di ruggine. Negli ultimi 25 anni la disoccupazione è salita alle stelle, mentre le vecchie case degli operai sono state destinate alle famiglie rom. Se si vogliono comprendere le ragioni del clamoroso trionfo dell’estrema destra magiara, bisogna partire da posti come questo.
La storia di un trionfo
A Miskolc, nelle elezioni del 6 aprile, il partito Jobbik ha ottenuto il 30,6% dei voti, sfiorando il sorpasso sul Fidesz di Viktor Orbàn. Un risultato eclatante, in un Paese dove un cittadino su due ha votato per il premier uscente: «Da queste parti la politica tradizionale ha palesemente fallito – racconta il dirigente locale del partito, Zoltán Pakusza, di professione insegnante -. Dopo la caduta del Muro i giovani hanno cominciato ad andarsene. Non c’è più lavoro e il salario medio è di 300 euro al mese. La colpa è di chi ci ha governati in questi ultimi due decenni: il centrosinistra prima e il centrodestra poi. Noi rappresentiamo l’unica voce non compromessa: per questo la gente ci vota».
Sulle pareti della piccola sede di Jobbik spiccano due grandi quadri: c’è il ritratto dell’ammiraglio Miklós Horthy, il reggente filofascista che governò il Paese dal 1920 al 1944, e c’è la cartina della «Grande Ungheria», la super-nazione che andava dalla Croazia alla Transilvania, sogno proibito del nuovo sciovinismo magiaro.
Nasce qui, nelle lande più estreme e povere del Paese, la micidiale mistura di nazionalismo populista, anti-europeo e xenofobo.
«Cambiare regime»
Dopo aver sfondato la soglia del 20% alle recenti elezioni politiche, Jobbik punta ancora più in alto: «Nel 2018 conquisteremo il governo», ha promesso il leader Gàbor Vona. Nel frattempo, il 25 maggio, ci saranno le elezioni europee e l’estrema destra magiara insegue un nuovo trionfo. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: no alle direttive di Bruxelles, no allo strapotere della finanza, no all’immigrazione; sì alle piccole imprese del territorio, alla costruzione di nuovi alloggi per le famiglie e alla creazione di una Gendarmeria nazionale, sul modello delle milizie brune degli Anni 40. «Non vogliamo un cambio di governo – dicono i dirigenti dell’organizzazione -, vogliamo un cambio di regime. Ed è per questo che facciamo paura».
L’ombra dell’antisemitismo
Ma ovviamente c’è anche dell’altro. Ci sono, ad esempio, le manifestazioni per l’uscita dell’Ungheria dall’Ue, che furono convocate nel 2012 e si conclusero con uno spettacolare rogo di stendardi blustellati. C’è il grande scandalo dei raid anti-rom, che tra il 2008 e il 2009 portarono all’assassinio di sei gitani e i cui responsabili, condannati dal tribunale di Budapest, erano tutti simpatizzanti Jobbik. Ci sono le «bravate» della Magyar Gárda, la milizia legata al partito, accusata di violenze e pestaggi, che è stata sciolta nel 2008 e poi rifondata con un nuovo nome. E ancora, ci sono le continue dichiarazioni antisemite, che hanno più volte suscitato le proteste della comunità ebraica.
Nel novembre del 2012, uno dei leader di Jobbik, il deputato Márton Gyöngyösi, dichiarò in parlamento che gli ebrei «sono un pericolo pubblico» e che i suoi colleghi di origine israelitica «andrebbero censiti».
«Noi non siamo pregiudizialmente antisemiti, e neppure anti-rom – spiega oggi lo stesso Gyöngyösi -. I nostri nemici sono tutti coloro che agiscono contro l’interesse nazionale, la sicurezza e il bene comune».
Parole che fanno paura. Lily Làszlò ha 85 anni: si è trasferita a Budapest al ritorno da Auschwitz. È ebrea, e ultimamente, quando legge i giornali, spesso scuote la testa. «Ai miei figli lo dico sempre che anche allora, tutto cominciò così…».

ANSA –  la redazione: Ungheria, manifestazione contro monumento vittime nazismo

(ANSA) – BUDAPEST 9 APR – Alcuni manifestanti stanno occupando da ieri sera il sito dove è in costruzione un controverso monumento nel centro di Budapest, concepito dal governo di Viktor Orban per ricordare le vittime dell’occupazione nazista del 19 marzo 1944. Mentre l’associazione degli ebrei ungheresi (Mazsihisz) ha inviato un appello al premier – confermato al potere dalla vittoria elettorale di questi giorni – per far interrompere l’iniziativa. L’occupazione nazista diede il via alla deportazione nei campi di sterminio di mezzo milione d’ebrei ungheresi. Il progetto del monumento è stato accolto con riserve e critiche perché, rappresentando l’Ungheria come vittima dell’aggressione, vorrebbe far dimenticare che il governo magiaro dell’epoca fu alleato della Germania di Hitler e dell’Italia di Mussolini e le deportazioni avvennero con diffuse forme di collaborazionismo nel Paese. Prima delle elezioni, a causa delle proteste, il governo aveva rinunciato al progetto, sospendendo i preparativi, ripresi però subito dopo il successo alle urne del 6 aprile. Adesso i manifestanti vogliono impedire i lavori. La polizia, per il momento, non è intervenuta. (ANSA).

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