Vincere la Terza Intifada
Vincere la Terza Intifada
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Cari amici,
l’Alta Corte inglese ha dichiarato nei giorni scorsi in una sentenza importante, che segue a diverse altre in vari paesi del mondo, l’illegalità del boicottaggio delle merci israeliane, o più precisamente, che le ragioni politiche addotte da alcuni mascalzoni per compiere atti teppistici nei confronti dei negozi che vendono merci israeliane anche prodotte in Giudea e Samaria non giustificano queste azioni (http://ilborghesino.blogspot.it/2014/02/unaltra-sconfitta-per-i-boicottatori-di.html
E’ una vittoria per il buon senso e una sconfitta grave per quello che si usa chiamare “movimento BDS”. In realtà non vi è davvero un “movimento” per il boicottaggio, se con questo nome si intende una mobilitazione popolare, una sensibilità di massa. Non bisogna lasciarsi ingannare. Se vi sono persone “masse popolari” che si mobilitano in mezzo mondo, dalla Bosnia alla Thailandia anche alla nostra Italia, per la crisi economica e la sua gestione, non vi è nulla di analogo da nessuna parte che non siano i paesi arabi intorno ai temi dell’odio per Israele e per gli ebrei, che sono la sostanza dei boicottaggi. Nessuno pensa davvero di trattare Scarlett Johansson come “criminale di guerra” per aver accettato di fare da testimonial a una azienda innnovativa in cui fra l’altro lavorano in ottime condizioni centinaia di arabi (http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052702303496804579366660514246756
Questa è la buona notizia. Le cattive notizie sono due. Da un lato vi è una massa consistente di pregiudizio antisemita che resta per così dire fluttuante, potenziale, e che si sta estendendo dai suoi tradizionali bacini europei (col centro in paesi molto cattolici come la Polonia e la Spagna o in paesi nordici) e islamici verso il resto del mondo.
Vi è un forte antisemitismo virtuale, a quanto dicono i sondaggi in posti del tutto improbabili, dove gli ebrei sono passati solo come turisti, come il Giappone e l’Estremo Oriente. Questa massa è pericolosa, perché potrebbe diventare una fonte di atti politici e peggio se fosse mobilitata intorno a qualche cosa, come accadde negli anni Trenta in mezz’ Europa.
L’altra cattiva notizia è questa. Non vi è un “movimento” BDS antisemita, ma una serie di gruppi dirigenti che hanno fatto questa scelta vi sono, eccome. Non si tratta solo delle varie organizzazione universitarie (di recente si è sentito parlare di un paio di associazioni accademiche americane, ma prima c’era il sindacato dei professori universitari britannici, e prima ancora qualche università norvegese, http://edgar1981.blogspot.it/2013/12/university-unions-in-shock-move-to.html?spref=tw
gli accademici in genere, stando sulla loro torre d’avorio, non esprimono sentimenti popolari, e in genere non contano granché. Le élites di cui parlo sono soprattutto politiche e giornalistiche, hanno cioè il potere di decidere e anche quello di condizionare l’opinione pubblica. E non si tratta neppure solo dell’Onu, che ha fatto partire l’ennesima manifestazione di parte, proclamando non un giornata di “solidarietà col popolo palestinese”, che c’è già da un decennio, ma consacrando l’intero 2014 a questo fine (http://www.jpost.com/Opinion/Columnists/2014-the-UN-Year-of-Solidarity-with-the-Palestinian-People-338975
Le forze in gioco sono molto più solide e influenti. Considerate il caso di un giornalista americano che fa parte di queste élites, con il più il vantaggio di vantare origini ebraiche come il New York Times per cui scrive, credendosi con ciò esente dalle critiche (e approfittando per questo fin dai tempi della Shoah per privilegiare i suoi calcoli politici ed economici alla verità, quando si trattava di Israele e del popolo ebraico: guardate queste due video per convincervene http://www.youtube.com/watch?v=Q2PQCNQH2lY
e http://www.camera.org/index.asp?x_context=2&x_outlet=68&x_article=2602)
Si chiama Thomas Friedman, l’ho citato abbastanza spesso perché è diventato il portavoce delle politiche di Obama e Kerry su Israele. In un suo recente articolo da Ramallah, Friedman ammette quanto segue: “Essendo qui, è ovvio che una Terza Intifada è in corso E ‘quello che Israele sempre temeva di più -.. Non un intifada con pietre o kamikaze, ma animata da resistenza non violenta e boicottaggio economico” Questa terza intifada, dice Friedman è condotta “dall’Unione Europea a Bruxelles e altri oppositori dell’occupazione israeliana della Cisgiordania in tutto il mondo. Indipendentemente dall’origine, però, sta diventando una vera e propria fonte di leva per i palestinesi nei loro negoziati con Israele.” Lo scopo evidente di Friedman è di appoggiare l’azione di Kerry e di respingere le critiche che gli sono state fatte da larga parte dello schieramento politico israeliano, incluso Netanyahu e con la sola sorprendente eccezione di Avigdor Lieberman che dopo essere stato per molti anni definito estremista e fascista ora è considerato “saggio” dai media occidentali per essersi allineato con la sinistra.
Ma in questa difesa, Friedman si è tradito. Per “intifada” si intende una rivolta violenta, ancor meglio un’ondata di terrorismo da parte dei palestinisti. Che proprio un nemico di Israele e un sostenitore di Obama minacci una violenza del genere, ancorché “pacifica” da parte dell’Unione Europea, è estremamente significativo.
Né l’America di Obama né l’Europa si pongono nella questione arabo-israeliana come “onesti mediatori” o come neutrali; entrambi hanno identificato Israele come un nemico, un ostacolo da superare, una forza ostile se non da eliminare (i connotati nazisti sarebbero troppo evidenti) almeno da frenare e indebolire. Giocano fra loro la solita sceneggiata del poliziotto buono e del poliziotto cattivo che si usa negli interrogatori (almeno in quelli dei film) e la parte del cattivo tocca ora all’Europa ( http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2014/02/john-kerry-avigdor-liberman-european-boycott.html
di modo che Kerry possa continuare a dire (al pubblico americano, se non a quello israeliano che massicciamente non gli crede) che sta solo cercando di aiutare. Non che l’amministrazione Obama sia da meno in questa azione. Ci sono già delle cicatrici gravi nell’apparato di difesa israeliane, dovute al sabotaggio dei rifornimenti militari (http://www.francolondei.it/medio-oriente-israele-indebolita-dalla-politica-di-obama/
Ma il presidente americano, che a quanto pare ha legami familiari con Hamas (http://ilborghesino.blogspot.it/2014/02/le-discutibili-frequentazioni-di-obama.html deve fare i conti con un’opinione pubblica e un Congresso che sono ancora massicciamente filosraeliani. E dunque cerca di far fare il lavoro sporco agli Europei, “guidando da dietro”, come ha fatto nel caso della Libia e della Siria, col il risultato che vediamo ogni giorno. Quel che otterrà sicuramente saranno altre sofferenze per gli Israeliani e i sudditi di Gaza e dell’Autorità Palestinese, come è riuscito a far del male agli egiziani con la sua politica islamista.
Ma non è detto che riesca nel suoi obiettivo. Molto dipende da Israele, dalla sua dirigenza politica, dalla capacità di tenere testa a pressioni durissime.
Se il governo terrà, se terrà soprattutto Netanyahu, da cui dipendono scelte fondamentali, Israele riuscirà a vincere anche la Terza Intifada, quella europea dei boicottaggi di Stato (com’è il caso recente dell’Olanda, o quello del progetto di ricerca Horizon 2020).
Se no, sarà una catastrofe, cui non voglio neppure pensare. Ma ho fiducia: dopo aver sconfitto i terroristi delle bombe e quelli dei dirottamenti, quelli degli attacchi ai bambini e ai vecchi e quelli degli eserciti arabi, Israele vincerà anche contro l’Intifada di Obama, Kerry e Ashton.
Ugo Volli
http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90
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