“Omissione ed ossessione “
Tra le varie forme di delegittimazione di Israele, ce ne sono due, meno evidenti, ma proprio per questo più pericolose. La prima consiste nell’omissione, cioè non rendere pubblica una certa notizia oppure darla omettendo parti essenziali che ne permetterebbero una corretta comprensione. La seconda potremmo definirla “Israele come ossessione”, che appartiene in genere a chi non fa parte di gruppi o movimenti legati vistosamente a iniziative chiaramente politiche, come, ad esempio, il BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni), ma opera piuttosto a livello culturale, accademico.
Cominciamo dalla prima. Bibi Netanyahu è stato protagonista di una iniziativa che avrebbe dovuto interessare i media di tutto il mondo, quei media che non perdono mai occasione di presentare Israele quale responsabile del mancato progredire dei colloqui di pace con la controparte Anp. Invece nulla, è stata ignorata pressoché integralmente. Che cosa aveva detto Bibi di così importante ? Giudichi il lettore: aveva invitato Mahmoud Abbas (Abu Mazen), presidente dell’Anp a venire a Gerusalemme, dove avrebbe potuto rivolgersi agli israeliani dalla tribuna della Knesset, un onore che viene concesso in genere ai capi di Stato. Il pensiero corre immediatamente a un precedente illustre, l’arrivo nella capitale di Israele del presidente egiziano Anwar Sadat, che nel 1977 dalla Knesset rivolse a Israele un discorso dal quale nacque la pace fra i due Stati. Bibi, come Begin, aveva lanciato a Abu Mazen la stessa opportunità, un’occasione per un doppio riconoscimento, che avrebbe pesato positivamente sui colloqui in corso. Bibi affermò che non era possibile riconoscere uno Stato palestinese se l’Anp non riconosceva contemporaneamente lo Stato degli ebrei. Sarebbe andato poi a Ramallah, per ricambiare la visita.
La risposta di Abu Mazen è stata un secco NO, “non riconoscerò mai il carattere ebraico di Israele”, disse. Uno si chiede come mai una notizia simile sia stata censurata da giornali e Tv di tutto il mondo, anche se la risposta è facile, il gesto di Netanyahu avrebbe fatto capire all’opinione pubblica internazionale da che parte stava la volontà di pace e chi vi si opponeva.
Le seconda, è quella di chi vive Israele come una “ossessione”, non un Paese normale, ma uno Stato che va criticato –quindi delegittimato- qualunque cosa dica o faccia. L’occasione è stato il funerale di Nelson Mandela, al quale hanno partecipato primi ministri e capi di Stato. Israele ha inviato il presidente della Knesset e esponenti politici e diplomatici di alto livello, ma non Primo Ministro e non il Capo dello Stato. Netanyahu aveva impegni importanti da seguire e Peres era a letto con l’influenza. Invece di prenderne atto come un fatto normale, si sono scatenate le interpretazioni. Ecco come una docente universitaria – a Firenze insegna storia contemporanea- Maria Grazia Enardu, ha scritto su un sito, il cui direttore è il giornalista Giancarlo Santalmassi e il presidente del comitato scientifico è Innocenzo Cipolletta, non proprio degli ultimi arrivati, sotto al titolo :”Mancava solo Bibi”: http://www.inpiu.net/esteri/20131210/2268/mancava_solo_bibi/
Chi non c’era era Bibi, noto anche come Benjamin Netanyahu, e per quale ragione? non voleva pesare sul contribuente per gli alti costi del viaggio. L’uomo sbeffeggiato sui giornali per un faraonico viaggio a Londra, per le migliaia di dollari spesi in candele profumate e gelati, risparmia almeno su questo. E’ la scusa più idiota, anzi offensiva, che abbia potuto trovare. Certo, non può dire che considera il defunto troppo filopalestinese e anche un pò critico di Israele, paese che Mandela peraltro rispettava molto, ma non su certi aspetti. E’ anche vero che avrebbe rischiato di incontrare il presidente dell’Iran Rouhani, ma poteva sempre chiedere una seggiola da un’altra parte. Comunque non c’è andato, spiazzando molti in Israele e anche il presidente Peres, pare, reduce da un’influenza con i suoi 90 anni. Ha mandato una folta delegazione, sei parlamentari, compreso lo speaker della Knesset, si saranno persi nella folla.
Se questi sono i toni con i quali si esprime una docente di Storia Contemporanea, non ci vuole molto a capire il livello delle sue lezioni. Quale insegnamento ne trarranno i malcapitati suoi studenti ? E’ così che si insegna Storia ? E’ questo il linguaggio di una docente universitaria, o non è piuttosto la manifestazione, grossolanamente volgare, di una ossessione che non può fare a meno di alimentarsi a qualunque costo ?
Sono due esempi che ci aiutano a capire come si trasmette la disinformazione: omettendo e –ossessivamente- manipolando.
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