L’ ‘alta cultura’ antiebraica
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli
Testata: Informazione Corretta
Data: 06 gennaio 2014
Cari amici,
qualche volta si resta veramente attoniti di fronte alla rinascita, sempre più esplicita ed arrogante, dell’antisemitismo. Com’è che un comico di quarta categoria in Francia è riuscito a indurre celebrità e gente comune a fare un saluto nazista appena mascherato, magari davanti all’entrata di Auschwitz o della scuola di Tolosa dove due anni fa furono ammazzati da un terrorista islamico, tre ragazzi innocenti e un loro insegnante? Com’è che caporioni e masanielli vari non hanno pudore a indicare gli ebrei come padroni delle ricchezze del mondo e dunque responsabili della crisi economica che attraversiamo? Com’è che in mezza Europa andare in giro con qualche segno ebraico nell’abbigliamento è diventato pericoloso? Com’è che benintenzionati di varie istituzioni politiche e giudiziarie stabiliscono di continuo che sono inumane e da proibire pratiche religiose ebraiche come la macellazione di animali da carne secondo le regole della Bibbia (mentre non hanno nulla da dire sulla caccia) o la circoncisione (mentre difendono il diritto all’aborto)? Com’è che disegnatori e insegnati che propagandano l’antisemitismo o riproducono nei loro disegni gli stessi tratti antisemiti delle illustrazioni naziste sono assolti e magari risarciti, mentre si fa largo l’idea che “l’islamofobia”, cioè la paura dell’Islam, debba essere un reato.
Le cause sono tante, e io ne parlo continuamente in questi scritti. Ma forse non considero abbastanza un fattore che ha la sua importanza. Questi fenomeni sottoculturali non avrebbero forse lo spazio per esprimersi se non venissero autorizzati da discorsi provenienti da quella che almeno si autodefinisce alta cultura. Voglio farvi oggi due esempi, un ex professore di filosofia che ha avuto parecchio potere accademico e ha fatto una carriera politica un po’ confusa, ma ancora fa il deputato europeo e un ex direttore di giornali e anche ex deputato socialista che da vecchio ha preso a scrivere libri di filosofia, un po’ dilettanteschi a mio giudizio, ma molto recensiti e ben presentati. Non dirò che questi esempi siano direttamente antisemiti, lascio a voi il giudizio; ma credo che quantomeno sia legittimo attribuire loro la responsabilità di sdoganare temi e argomenti che sono il fondamento di tanta polemica antisemita contemporanea.
Gianni Vattimo
Vattimo ha scritto una sorta di autobiografia del suo odio per Israele sull’ultimo numero di una rivista peraltro generalmente molto antisraeliana come “Micromega”. Subito dopo aver dichiarato, checché ne dabbia detto il presidente Napolitano, che si può certamente “essere antisionisti senza essere antisemiti”, tanto è vero che il mondo è pieno di “ebrei seriamente legati alla propria tradizione” (ma lui cita solo e continuamente Ilan Pappé, che alla sua ebraicità ha esplicitamente rinunciato, se non sbaglio) i quali converrebbero che “tra i danni prodotti dalla politica hitleriana e dall’Olocausto c’è anche la stessa creazione nel 1948 di Israele come Stato ebraico”. Questa scoperta Vattimo l’ha fatta piuttosto prematuramente, dopo che “nell’immediato dopoguerra […] essere antifascisti, democratici e solidali con gli ebrei e con la loro lotta per tornare la loro patria, la Palestina, era una sola e unica cosa.” Sennonché “Al secondo anno delle superiori”, cioè verso il ’53/’54 Vattimo scopre “la pulizia etnica esercitata da Israele dal 1948 (fino a oggi bisogna aggiungere)” ovvero “il peccato nazionalista e colonialista (razzista bisogna dire) che sta come una colpa originaria alla base dello Stato di Israele”. La pulizia etnica in quegli anni era fatta dagli slavi nei confronti degli italiani in Istria e Dalmazia; dai polacchi e dai cechi nei confronti dei tedeschi, dagli induisti nei confronti dei musulmani e viceversa in India; l’Italia aveva tentato di ripulire etnicamente Alto Adige e Venezia Giulia, l’Irlanda nei confronti degli inglesi. In passato erano stati fondati sulla pulizia etnica gli Stati Uniti, il Canada, tutti gli stati Sudamericani, l’Australia; poco dopo sarebbero stati ripulite etnicamente dei francesi l’Algeria e in genere tutta l’Africa dei bianchi. La Giordania aveva ripulito etnicamente nel ’48-’49 tutto il territorio che aveva occupato del mandato di Palestina e per la prima volta da tremila anni non c’erano ebrei a Gerusalemme e dintorni orientali (tanto è vero che a quello stato artificiale e violento dei 10 anni fra il ’48 e il ’67 vogliono tornare i palestinisti, non al passato turco o britannico). Solo gli israeliani erano stati così sciocchi e inefficienti da tenersi il 20% della popolazione da ripulire, che sta lì “ancora oggi”, con tutti i diritti degli altri. Ma Vattimo, guarda un po’, già da ragazzo e “ancora oggi” vede solo, con significativa terminologia teologica “la colpa originaria” di Israele. Chissà perché… che non fosse poi così “antifascista e democratico” né allora né oggi? Che gli si fosse già infilato qualche bacillo heideggeriano?
Fatto sta che fra vicissitudini varie, il pensiero antisionista (per non dire altro) di Vattimo, si radica e si radicalizza fino al presente. L’operazione “Piombo fuso”, per esempio, è “destinata a stroncare il lancio di missili sul territorio israeliano”, ma per carità per lui sono missili “quasi totalmente innocui” e quel che dimostra è che Israele “non veda altra soluzione che lo sterminio progressivo degli arabi palestinesi”, “il genocidio”, anche qui con straordinaria inefficienza, visto che i morti nella guerra asimmetrica degli ultimi anni a stento equivalgono a quelli di una giornata di guerra civile in Siria. Vattimo, con caratteristica intorcinatura concettuale, dice di non voler “seguire le teorie sul complotto giudaico massonico che ridicolizzano soltanto opinioni non infondate” (cioè se capisco bene, i complottisti dell’11 settembre e dintorni hanno ragione, solo che sono presentati in maniera inadeguata) ma pensa che “la causa palestinese è la causa dei popoli che si ribellano all’imperialismo [… della] sinistra politica mondiale”. Poi fa una considerazione che mi sembra onesta nel suo genere: “inutile ricordare qui che anche la scappatoia usuale di chi invita a distinguere lo stato di Israele – la cui legittimità non dovrebbe essere messa in dubbio – dai governi di Israele […] è una scappatoia risibile”. Ma la ragione di questa ammissione è decisamente inaccettabile: i governi sarebbero tutti “responsabili delle politiche razziste” e dunque “ciò che rende ‘inaccettabile’ Israele come stato è il suo peccato originale razzista-colonialista-antiegualitario”.
A parte il razzismo e il colonialismo, che fanno parte degli insulti propagandistici usuali e banali degli antisemiti (gli ebrei ce l’hanno con tutti gli altri popoli, per questo sono razzisti e rubano tutto agli altri, per questo sono colonialisti), è interessante come nel linguaggio di Vattimo si insinui ancora quel concetto teologico di “peccato originale”. Ne consegue che “l’idea della ‘scomparsa’ [notate le virgolette aggiunte da Vattimo UV] di Israele – uno dei temi consueti della ‘minaccia’ [altre virgolette vattimiane] iraniana il suo senso potrebbe non essere del tutto irragionevole […] quando Ahmadinejad invoca la fine dello stato di Israele non fa che esprimere un’esigenza che dovrebbe essere più esplicitamente condivisa dai paesi democratici” [notate il più esplicitamente, il che significa che per Vattimo la condividono già]”. E però tutto ciò è improbabile, anzi “israele [è] un peso di cui non ci libereremo tanto presto, quasi che l’incancellabile memoria dell’Olocausto ci sia imposta come una pena che abbiamo sempre ancora da espiare.” Entriamo così, dopo la teologia e l’imputazione di vecchie colpe medievali (il razzismo), nel linguaggio del negazionismo: “Parlare di Israele come di una “colpa inespiabile” non è poi così stravagante,” dice il nostro, “se si pensa a come, fin dalla sua nascita, lo stato di Israele ha utilizzato l’Olocausto come permanente arma contro chiunque ne metta in discussione le politiche” e in particolare “i tanti che hanno letto, interpretato, talvolta proseguito Heidegger anche a sinistra [come Vattimo] sono richiamati all’ordine.”
Ecco, fra “le colpe” dello stato di Israele, per cui meriterebbe per esse di essere “distrutto” c’è anche il “richiamo all’ordine di Vattimo”: “se non si è accorto finora di seguire un pensatore nazista, deve prenderne atto”… Ah, povero Vattimo heideggeriano, che ingiustizia, solo per il fatto di “seguire” un filosofo il quale certo “ha avuto il torto di appoggiare per un po’ il regime hitleriano”, badate a con quale levità è descritta la sua posizione… tutta colpa dei “tanti cacciatori di nazisti che sembrano non essere mai sazi di giustizia-vendetta”… Il fatto è che il sionismo (come gli ebrei da sempre) ha “un significato sostanzialmente vendicativo. Si tratta di far pagare, anche a persone che non sono più in grado di costituire una minaccia reale [come Priebke e Eichmann, immagino] le loro colpe verso il popolo di Israele [che qui significa evidentemente gli ebrei, notate, non gli abitanti dello Stato di Israele]” “Tanto da evocare in chi ha sempre creduto di appartenere alla cultura giudaico-cristiana il sospetto che il Dio di Israele, che credeva fosse il padre di Gesù Cristo, sia invece proprio e soltanto il Dio degli eserciti di un popolo nomade che dalla propria mitologia (l’elezione, l’Alleanza, la purezza della razza [notate, gli ebrei avrebbero la mitologia della purezza della razza] trae la sua legittimazione e la sua pretesa di eccezionalità. […] Nonostante la cattiva coscienza del mondo cristiano per le persecuzioni a cui sono stati soggetti gli ebrei nei secoli […] di nuovo, non posso liberarmi del problema Israele, è in fondo come il Peccato Originale [ancora…] di cui mi parla proprio l’Antico Testamento, la Bibbia ebraica”.
Eugenio Scalfari
Abbandono qui e senza molti commenti la prosa di Vattimo, che dimostra chiaramente come il più “politico” “antisionismo” sia intessuto di temi antisemiti molto tradizionali, molto interni all’antigiudaismo cristiano che nei secoli ha prodotto le “persecuzioni” della cui “cattiva coscienza” l’ex filosofo vuole liberarsi scaricandone la “colpa originale” sulle vittime. Mi permetto però, come vi ho anticipato di farvi leggere qualche riga di un altro “grande intellettuale” o almeno giornalista importante come Scalfari, pubblicate in un editoriale di due domeniche fa. Lo faccio qui perché ne cogliate la consonanza con alcuni temi vattimiani.
“La legge mosaica condensata nei dieci comandamenti ordina e impone divieti. Non contempla diritti, non prevede libertà. Il Dio mosaico descrive anzitutto se stesso: «Onora il tuo Dio, non nominare il nome di Dio invano, non avrai altro Dio fuori di me». poi, per analogia, ordina di onorare il padre e la madre. Infine si apre il capitolo dei divieti, dei peccati e delle colpe che quelle trasgressioni comportano: «Non rubare, non commettere atti impuri, non desiderare la donna d’altri (attenzione: il divieto è imposto al maschio non alla femmina perché la femmina è più vicina alla natura animale e perciò la legge mosaica riguarda gli uomini)». II Dio mosaico è un giudice e al tempo stesso un esecutore della giustizia. Almeno da questo punto di vista non somiglia affatto all’ebreo Gesù di Nazareth, figlio di Maria e di Giuseppe della stirpe di David. Non contempla alcun Figlio il Dio mosaico; non esiste neppure il più vago accenno alla Trinità. Il Messia – che ancora non è arrivato per gli ebrei – non è il Figlio ma un Messaggero che verrà a preannunciare il regno dei giusti. Né esistono sacramenti né i sacerdoti che li amministrano. Quel Dio è unico, è giudice, è vendicatore ed è anche, ma assai raramente, misericordioso, ammesso che si possa definire chi premia l’uomo suo servo se e quando ha eseguito la sua legge. È Creatore e padrone delle cose create. Nulla è mai esistito prima di lui e quindi da quando esiste comincia la creazione. Questo Dio i cristiani l’hanno ereditato trasformandolo fortemente nella sua essenza ma facendone propri alcuni aspetti importanti: il divieto e quindi il peccato e la colpa. Adamo ed Eva peccarono e furono puniti, Caino peccò e fu punito, e anche i suoi discendenti peccarono e furono puniti. L’umanità intera peccò e fu punita dal diluvio universale. Questo è il Dio di Abramo, il Dio della cattività egizia e babilonese, di Assiria, di Babele, di Sodoma e Gomorra. Nella sostanza è il Dio ebraico o molto gli somiglia salvo che nella predicazione di alcuni profeti e poi soprattutto in quella evangelica di Gesù.”.
Non commento nei dettagli, per non annoiarvi; ma non è impressionate la somiglianza? Anche qui una divinità ebraica vendicativa ed esclusivista, antiegualitaria e antidemocratica, che contrasta assolutamente con quella istituita da Gesù. Come ha giustamente commentato di rabbino capo di Roma Riccardo di Segni, è una posizione che riprende un’antica eresia cristiana di tipo manicheo, il marcionismo. Ma soprattutto che squalifica assolutamente coloro che scioccamente persistano a prestare culto o anche solo rispetto per questa orribile divinità dell’”Antico Testamento”. Abolito o almeno superato quel dio, va da sé che i suoi fedeli vadano aboliti o almeno superati anch’essi, perché la stortura morale del Cielo si rispecchia su quella degli umani. Scalfari non ha l’impudenza di Vattimo nel mescolare temi teologici con temi politici e di Israele in questo articolo tace – anche se il suo giornale è spesso stato all’avanguardia nella demonizzazione di Israele. Ma è interessante vedere come queste posizioni teologiche, condivise fra Vattimo, Scalfari e tanti altri, costituiscano sovente la premessa per un antisemitismo teologico che si rovescia oggi nell’odio per Israele. I comici come Dieudonné o i forconi o i grillini che danno agli ebrei e a Israele la colpa di tutto sono solo l’ultimo anello di una catena che inizia a un ben altro livello culturale, e in fondo anche Vattimo e Scalfari lo sono. E’ una storia lunga, che parte da secoli e secoli fa, ma che ancora è attiva e pericolosa. Il legame fra diffamazione (o rilettura stravolgente) dell’”Antico testamento”, antisemitismo, odio per Israele è purtroppo ancora attuale e non bisogna stancarsi di coglierne i sintomi (anche se forse involontari e inconsapevoli, nel caso di Scalfari) e di denunciarli.
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