2806Testata: Informazione Corretta
Data: 28 giugno 2013
Autore: Giovanni Quer

Il conflitto arabo-israeliano è spesso interpretato come una lotta per il
territorio, risolvendosi in uno scontro tra apparentemente incompatibili
diritti all’autodeterminazione degli ebrei e degli arabi palestinesi. Questa
tesi è molto dibattuta e si scontra con la convinzione di chi invece
considera il conflitto come essenzialmente culturale e religioso, per cui
non importa quali siano o saranno gli accordi sulla sovranità del
territorio, l’esistenza dello Stato di Israele non verrà comunque accettata
poiché considerata – erroneamente – un’usurpazione della terra storicamente
e tradizionalmente araba.

In entrambi i casi, a sostegno delle due posizioni si portano argomentazioni
che si concentrano più che altro sugli eventi contemporanei, scandendo la
storia del Vicino e Medio Oriente come una serie di accadimenti
riconducibili al 1967 (Guerra dei Sei Giorni) e al 1993 (Accordi di Oslo).
Tuttavia, all’origine del conflitto vi sono gli accadimenti dell’immediato
primo dopoguerra, da cui hanno origine le rivendicazioni territoriali
imperniate nella spartizione del Vicino Oriente in aree di influenza tra
Francia e Regno Unito. Gli accordi stretti negli anni 1919-1920 hanno avuto
due principali conseguenze: il riconoscimento del diritto
all’autodeterminazione ebraica, da cui consegue il diritto all’esistenza
dello Stato di Israele, e il concetto geografico di Palestina, che si è poi
sviluppato in un discorso politico e culturale.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, Francia e Regno Unito si affrettarono a
consolidare l’influenza che già esercitavano sui territori del Medio Oriente
per proteggere i propri interessi sull’area. Durante la Grande Guerra, gli
arabi hanno sostenuto i francesi e i britannici in funzione anti-ottomana,
in cambio della promessa di sostenere l’indipendenza dei territori arabi. I
britannici in particolare si erano impegnati a garantire l’indipendenza dei
distretti arabi in una forma di confederazione in cambio di una rivolta
araba contro gli ottomani, che non si realizzò mai. La conduzione di una
politica estera composta di diversi interessi e a volte contrapposti si può
rintracciare nelle tappe confuse che portarono alle decisioni della
Conferenza di Sanremo nel 1920, che formalizzano il diritto di Israele a
esistere come Stato-nazione degli ebrei.


La Dichiarazione Balfour

Gli interessi contrapposti che si sono poi composti nella Conferenza di
Sanremo sono rintracciabili in tre documenti adottati durante la Prima
Guerra Mondiale: gli Accordi Sykes-Picot, la corrispondenza McMahon-Hussein
e la Dichiaraziona Balfour. Nel 1916 Regno Unito, Francia e Russia firmano
un accordo per spartire il territorio ottomano in zone di influenza: alla
Russia sarebbe spettato il territorio comprendente l’attuale Turchia e gli
allora distretti armeni; alla Francia sarebbe spettato il territorio
comprendente ali attuali Turchia meridionale, Siria e Libano; mentre al
Regno Unito sarebbero spettati i territori comprendenti gli attuali Israele,
territori palestinesi, Giordania e Iraq. Gli accordi, che allora erano
segreti, furono rivisti e riadattati dopo la loro rivelazione da parte dei
bolscevichi che avevano successivamente deposto lo Zar. Nel frattempo, il
Segretario di Stato del Regno Unito Lord Balfour si era impegnato nel 1917 a
garantire agli ebrei una patria nazionale da costituirsi nei territori
attraverso una lettera inviata al Barone Rothschild e destinata ai leader
sionisti. Nello stesso periodo l’Alto Commissario britannico in Egitto, Sir
Henry McMahon si era impegnato a garantire agli arabi l’indipendenza, nella
forma di uno Stato o di una confederazione di Stati, in cambio del loro
appoggio in funzione anti-ottomana.

Le promesse degli britannici agli arabi confliggevano con gli interessi
francesi; le promesse dei francesi agli arabi di non intervento negli affari
interni erano contrarie alle reali mire della Francia sul Medio Oriente; le
promesse dei britannici agli ebrei erano incompatibili con altri interessi
interni al Regno Unito; gli interessi della leadership araba si
concentravano per allora solo in funzione anti-ottomana e anti-colonialista,
mirando all’indipendenza e vedendo nei sionisti dei potenziali alleati. Tali
posizioni contrapposte furono discusse dapprima nella Conferenza di Parigi
nel 1919, durante la quale una delegazione araba chiese e ottenne
l’indipendenza della “Grande Siria”, con a capo il Re Faisal, il quale nello
stesso periodo strinse un accordo con Chaim Weizman (allora leader del
movimento sionista) per una fruttuosa collaborazione arabo-ebraica. In
questi documenti il nome “Palestina” non è menzionato, tant’è che le
divisioni territoriali seguivano i confini amministrativi ottomani, per cui
l’attuale territorio israeliano e palestinese era ricompreso nei distretti
(vilayet) di Beirut, Damasco e nel sottodistretto (sangiaccato) di
Gerusalemme. Il termine Palestina fu introdotto in seguito per denominare
quella zona assegnata ai britannici in mandato, che non era Giordania e non
doveva essere Siria (rimasta sotto influenza francese).

Per ricomporre gli interessi contrastanti che la Conferenza di Parigi non
era riuscita a determinare, in particolare sugli interessi sionisti
apparentemente difesi dai britannici, Gran Bretagna, Francia, Giappone e
Italia si riunirono a Sanremo nel 1920. La risoluzione adottata il 25 aprile
1920, componendo gli interessi contrastanti delle potenze e delle
popolazioni coinvolte, riconosce l’indipendenza degli Stati arabi, il
diritto degli ebrei a fondare una patria nazionale, il mandato della Gran
Bretagna sulla Palestina e la Mesopotamia, l’influenza della Francia sulla
Siria e il ruolo francese di protezione delle minoranze cristiane e druse.

Un punto controverso di interpretazione fu proprio la questione
territoriale. Lo spazio geografico “Palestina” fu introdotto dagli inglesi
per ritagliarsi un’area di influenza con sbocco sul Mediterraneo, in
funzione anti-francese. Il territorio della “Palestina” britannica infatti
era compreso nella definizione geografica di “Grande Siria” che sarebbe
finita sotto l’influenza francese. Inoltre, la denominazione “Palestina” è
stata introdotta anche per distinguere il territorio, sotto Mandato
britannico, dallo Stato indipendente di Mesopotamia che comprendeva
Giordania e Iraq. Invero la delegazione “siriana”, sia alla Conferenza di
Parigi sia alla Conferenza di Sanremo, includeva notabili di Gerusalemme e
Beirut che per naturale continuità politica secondo le linee amministrative
ottomane, si consideravano parte della Grande Siria.

Con la Risoluzione di Sanremo del 1920 si riconosce definitivamente il
diritto all’autodeterminazione ebraica, ossia il diritto degli ebrei a
fondare uno Stato-nazione nella patria storica. Il diritto all’esistenza
dello Stato di Israele, da un punto di vista prettamente legale, si può
rintracciare proprio in questa risoluzione che sarà poi trasposta e
dettagliata nel Mandato Britannico sulla Palestina. La risoluzione prevedeva
inoltre che tale diritto all’autodeterminazione ebraica non doveva in alcun
modo pregiudicare lo status delle comunità non-ebraiche di Palestina né
delle comunità ebraiche nel mondo. L’idea di uno Stato indipendente per gli
arabi in Palestina nacque successivamente, durante il Mandato britannico,
che non menziona un futuro Stato arabo, ma idea una sorta di confederazione
di comunità nazionali e religiose basate sull’idea di autonomia, che potesse
garantire la costituzione di una patria per gli ebrei e l’indipendenza degli
arabi musulmani e cristiani.

Gli eventi successivi hanno dimostrato l’impossibilità di una confederazione
arabo-ebraica e la necessità di uno Stato-nazione per gli ebrei. Tuttavia,
oltre le argomentazioni storiche, morali, politiche sull’opportunità o la
necessità di uno Stato ebraico, vi è l’argomentazione giuridica della
legittimità dello Stato di Israele, la cui esistenza si radica nel diritto
internazionale così come formatosi nelle tappe che hanno portato prima
all’impegno occidentale di garantire agli ebrei una patria nazionale nella
terra storica e poi al riconoscimento della formazione dello Stato di
Israele nel 1948. Tale diritto e tale legittimità non sono mai stati
incompatibili con l’autodeterminazione araba ad avere uno Stato-nazione in
Palestina, un nome che si riferisce ad una realtà geopolitica che ha avuto
circa vent’anni di vita e che si riferiva a una confederazione di comunità
nazionali e religiose, gestita da una potenza straniera.
Israele ha festeggiato nel 2010 i novant’anni della Conferenza di Sanremo. Oltre alla Giornata dell’Indipendenza, si potrebbe celebrare anche la Conferenza di Sanremo, tra il 18 e il 26 aprile di ogni anno, per ricordare che l’esistenza di Israele non è un inidente della storia, ma un legittimo diritto che riflette valori e principi della comunità internazionale.

 

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