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Commento di Giovanni Quer.

Il movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) ha iniziato da mesi una campagna per boicottare la coppa UEFA under-21 (competizione di calcio europea per le categorie junior) inaugurata in Israele il 5 giugno. Dopo anni di progetti largamente finanziati da Regioni, Province e Comuni per organizzare partite di calcio con arabi e ebrei in Europa, si nota un’inversione di tendenza: il calcio ora viene usato contro Israele e non più come “strumento di pace”.


Fin dove arriva l’odio dei fascio-nazi di sinistra

Il movimento BDS Italia è promotore della campagna contro la coppa UEFA in Israele, intitolata “Cartellino Rosso all’Apartheid Israeliana”. Come centroavanti della campagna di boicottaggio ha aderito Orfeo Goracci, consigliere della Regione Umbra cresciuto nella scuola della FGCI, con un burrascoso passato giudiziario. Goracci ha dichiarato che appoggia la campagna di boicottaggio perché la decisione di ospitare la coppa UEFA in Israele “premia uno Stato, che non solo occupa illegalmente un altro Stato, imponendo un sistema di apartheid alla popolazione, ma proibisce e discrimina i ragazzi palestinesi che vogliono muoversi liberamente, studiare, fare sport come tutti gli altri ragazzi del mondo” (http://www.bdsitalia.org/index.php/campagne/altre/sportivo).

Il 30 maggio è stata organizzata a Napoli una manifestazione per promuovere la campagna di boicottaggio, al fine di impedire che la UEFA under-21 si svolga in Israele, un evento che sfrutta il gioco per legittimare le prassi criminali israeliane. Così anche un gruppo di manifestanti si è riunito il 27 maggio per manifestare al Centro Sportivo di Milanello (provincia di Varese) dove era in ritiro la squadra under-21 italiana che partecipa alla coppa UEFA.


Manlio Di Stefano               Desmond Tutu

La campagna di boicottaggio è arrivata anche in Parlamento: il 26 maggio il deputato del movimento 5 stelle Manlio di Stefano, in un’accorata arringa in favore dei palestinesi, ha invitato il Governo italiano ad appoggiare il boicottaggio della coppa UEFA in Israele, perché è uno Stato “che pratica discriminazione e violenza anche in ambito sportivo”.

In ambito internazionale, si è mosso Desmond Tutu, attivista anti-apartheid, che invita a boicottare Israele affinché collassi il sistema di discriminazione razziale che lo Stato ebraico avrebbe costruito negli anni.

Intanto, il 5 giugno è stata inaugurata la coppa UEFA, e la squadra israeliana è composta di 23 giocatori, di cui 5 arabi (musulmani, cristiani e drusi), 1 etiope, 1 russo e 1 non israeliano. Servirebbe forse fare la storia degli sportivi arabi che hanno giocato e che giocano nelle squadre israeliane? Se dovessero esistere le quote per le minoranze anche nelle squadre sportive, allora Israele non può essere tacciata di discriminazione, visto che gli arabi rappresentato il 20% della popolazione e nei gruppi sportivi sono in maggior percentuale, con anche squadre composte di soli arabi.


Israele: il Paese dove lo sport non conosce frontiere

Il boicottaggio ha due effetti negativi: il primo si ripercuote proprio contro la minoranza araba che si propone proprio di difendere, promuovendo la discriminazione contro gli israeliani; il secondo consiste nell’esasperazione della componente etnica. Il BDS non si concentra sulle politiche dei governi di Israele, ma sull’identità ebraica di Israele, la cui maggioranza è di ebrei: è contro questo che il BDS lotta, contro la maggioranza di ebrei nei gruppi sportivi, nei circoli accademici, nelle associazioni culturali, nelle società di affari. In questo modo si delegittima l’idea di Stato-nazione che di per sé non viola alcun principio della giustizia internazionale, si esaspera il conflitto tra maggioranza ebraica e minoranza araba e si danneggiano i diritti degli arabi israeliani che in quanto israeliani soffrono dei boicottaggi diretti contro lo Stato di cui sono cittadini.

Se lo scopo è promuovere lo status della minoranza araba in Israele e avanzare il diritto ad una maggiore e più adeguata rappresentanza nei vari ambiti sociali, l’azione diretta alla discriminazione di Israele in quanto Stato ebraico non arreca beneficio agli israeliani non-ebrei, ma ha il solo effetto di aggravare il conflitto, riducendo la complessità sociale israeliana al solo rapporto ebrei-arabi, a danno soprattutto degli altri gruppi minoritari, come i russi, gli etiopi, i cristiani e gli ultra-ortodossi.

 

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